Egitto in rivolta. Obama sfida Mubarak, ora riforme concrete

Barack Obama

WASHINGTON Il presidente Usa Barack Obama ha lanciato la sua sfida all’egiziano Hosni Mubarak. Fermi la violenza, mantenga gli impegni e si assuma ”la responsabilità di fare passi concreti per assicurare riforme politiche, economiche e sociali al suo popolo”.

L’inquilino della Casa Bianca ha aspettato che Mubarak facesse il suo discorso alla nazione, prima di chiamarlo al telefono e per oltre trenta minuti fare assieme il punto della situazione. Quindi lo ha sfidato pubblicamente a far seguire i fatti alle parole. Senza perdere un minuto, anche Obama s’è presentato davanti alle telecamere, ponendo fine a una delle giornate più drammatiche della storia egiziana.

Dopo che la rivolta popolare è giunta al quarto giorno consecutivo, agli Stati Uniti sembra non bastare il semplice annuncio del presidente egiziano di varare un nuovo esecutivo che assicuri libertà e democrazia. Dal tono deciso assunto da Barack Obama, si capisce che la crisi è talmente grave da non permettere agli States una firma su una sorta di cambiale in bianco. Dopo un regime lungo trent’anni, è tempo che alle promesse seguano fatti precisi. Il presidente Usa misura le parole, ma il suo intervento suona come una sorta di ultimatum alla leadership dell’antico alleato Hosni Mubarak, da giorni duramente contestato dalla piazza. Obama non poteva essere piu’ chiaro nel ribadire, cosi’ come fece proprio al Cairo in uno dei suoi discorsi piu’ celebri, che ”i diritti di liberta’ sono universali, Al Cairo come nel resto del mondo”.

A Mubarak che denuncia ”un complotto per destabilizzare il Paese”, Obama replica brusco che gli Stati Uniti saranno sempre a fianco con chi ”lotta pacificamente per decidere il proprio futuro”. Il 44/o presidente degli Stati Uniti sa bene che l’Egitto è un Paese troppo importante per gli interessi americani sullo scacchiere mediorientale, e teme di lasciarlo in mano alle frange estremiste. Quindi, mentre ammonisce Mubarak a essere coerente, cerca di offrire una sponda ai manifestanti che lottano pacificamente per un Egitto più giusto e più libero.

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