Libia, la caduta di Gheddafi a tre anni dal “Trattato di amicizia con l’Italia”

Pubblicato il 22 Agosto 2011 - 20:22 OLTRE 6 MESI FA

ROMA, 22 AGO – ”Un Trattato di portata storica”. Era il 30 agosto 2008 quando Silvio Berlusconi firmò con Muammar Gheddafi, in un clima di grande feeling, il Trattato di amicizia e collaborazione italo-libica a Bengasi, la città culla dell’insurrezione che in queste ore accerchia il Colonnello.

Il Trattato, oggi sospeso ma ancora valido, prevedeva accordi per 5 miliardi di dollari in 20 anni, che – sintetizzò allora il presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi – avrebbero portato all’Italia ”più petrolio e meno clandestini”.

Fu, quella di tre anni fa, una giornata segnata dall’amicizia e dalla vicinanza tra i due leader, suggellata dalle scuse pubbliche di Berlusconi per il passato coloniale dell’Italia in Libia e dalla restituzione al regime della Venere di Cirene.

Il 30 agosto diventò così la Giornata dell’amicizia italo-libica, e da allora fu ricordata ogni anno tra fasti e stravaganze. Solo un anno fa a Roma, le celebrazioni si svolsero con tanto di carosello dei Carabinieri e cavalli berberi al seguito del rais, e con centinaia di belle ragazze, pagate dall’entourage del colonnello per ascoltare lezioni di Corano impartite dallo stesso Gheddafi.

Tre anni dopo, però, sembra passato un secolo: nel 2008 Berlusconi lasciò Bengasi parlando di ”amore” e ”fratellanza”, oggi, lo stesso premier ha chiesto a Gheddafi di andarsene e risparmiare al suo popolo ulteriori sofferenze. Quell’amicizia è dunque ormai solo un ricorda sulla carta, nel nome di quel Trattato che resta valido, anche ora che il rais ha le ore contate. ”Potrà essere aggiornato o limato, ma ha valore e non può essere ignorato”, ha detto all’ANSA il sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica.

Nelle prime settimane della rivolta anti-Gheddafi il ministro degli Esteri, Franco Frattini, annunciò che, in base alla Convenzione di Vienna sul Diritto dei Trattati, l’accordo era ”sospeso di fatto” per mancanza di un interlocutore, ma che sarebbe stato ripreso con il futuro governo della ”nuova Libia”.

Posizione ribadita oggi anche dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Dal canto loro i leader del Consiglio nazionale transitorio degli insorti (Cnt) hanno più volte assicurato che gli accordi sarebbero stati rispettati una volta caduto Gheddafi. Certamente, sostengono fonti diplomatiche, ”in quel Trattato c’è molto da salvare, ma anche molto da buttare. Però c’è, esiste”. E per Mantica, ”il primo dovere dell’Italia sarà quello di migliorare la parte che riguarda l’immigrazione”, in particolare per quanto riguarda gli standard Onu dei campi profughi e le attivita’ sul posto delle organizzazioni umanitarie.

A chiedere un miglioramento dell’accordo è anche l’Associazione dei rimpatriati italiani dalla Libia (Airl). ”Va rivisto su basi più eque, senza quelle inammissibili scuse che il nostro governo ha reiterato a Gheddafi” negli ultimi anni, ha detto la presidente Giovanna Ortu. ”Noi aspettiamo un indennizzo da 40 anni – ha ricordato -. Prima delle aziende italiane ci siamo noi”.