Siria, perché Usa e Russia possono spararsi addosso

di Riccardo Galli
Pubblicato il 20 Giugno 2017 - 12:39 OLTRE 6 MESI FA
Siria, perché Usa e Russia possono spararsi addosso

Siria, perché Usa e Russia possono spararsi addosso

WASHINGTON – Una corsa tra le due superpotenze che sul terreno combattono per ‘interposto’ esercito. Una corsa con l’obiettivo di creare, allargare e soprattutto mantenere per il futuro delle zone d’influenza. Con l’abbattimento del caccia siriano da parte di un jet Usa si è aperta, o almeno si è svelata, la partita che americani e russi stanno giocando in Siria ed Iraq con i rispettivi alleati sul campo, e cioè curdi ed esercito regolare siriano. Gli americani vogliono impedire che si crei un corridoio sciita che dall’Iran, passando per Baghdad, possa arrivare sino a Damasco, creando una zona cuscinetto in mano ai curdi che spezzi questa continuità.

Continuità che invece cerca Assad e ancor più il suo alleato russo. Ecco perché i due schieramenti, seppur teoricamente alleati contro lo Stato Islamico, sono in competizione tra loro. Ed ecco perché, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero finire con lo spararsi tra di loro. Nessuna rivalità di pancia tra Washington e Mosca, ma una mera e concreta questione strategica. Curdi ed esercito siriano regolare in verità già oggi si scontrano e si sono scontrati, ed uno degli scontri più duri è avvenuto proprio dopo l’abbattimento dell’aereo di Damasco da parte di un F18 a stelle e strisce, quando l’esercito siriano ha cercato di sfondare le linee dei curdi per recuperare il pilota, il capitano Ali Fadh, a quanto pare già morto.

Un tentativo di sfondamento da cui è scaturita una battaglia con i guerriglieri che è con ogni probabilità è la più dura fra curdi e siriani in sei anni di guerra civile. Ma un conto sono gli scontri tra gli attori ‘non protagonisti’ del conflitto – considerato con molto cinismo lo scontro e le battaglie tra gli uomini di Assad e i curdi non cambiano la geopolitica mondiale – mentre cosa ben diversa sarebbe uno scontro, frontale e diretto, tra russi e americani. Mosca dopo l’abbattimento del jet siriano ha sospeso il programma di ‘de-conflicting’, lo scambio costante di informazioni sulle attività dei propri jet sopra la Siria, avvertendo che “ad Ovest dell’Eufrate, droni e aerei della coalizione saranno trattati come bersagli”.

Washington ha ribadito la bontà del suo agire, spiegando che l’aereo intercettato stavo colpendo posizioni curde e sostenendo di aver avvertito via radio il pilota prima di colpirlo, accettando però di fatto la linea rossa tracciata dai russi e riposizionando i suoi aerei al di qua dell’Eufrate. Chiara dimostrazione di come un faccia a faccia Usa-Russia sia ben altra cosa rispetto agli scontri tra curdi e siriani. Cartina alla mano, a spiegare la situazione sul terreno ci pensa l’inviato de La Stampa Giordano Stabile. “A Nord-Est (della Siria ndr), nella provincia di Raqqa, le Syrian democratic forces, dominate dai guerriglieri curdi e appoggiate da forze speciali e aerei statunitensi, sono entrate nei sobborghi di Raqqa e continuano a premere verso Sud. Nella direzione opposta, lungo il confine con la Giordania e l’Iraq, i ribelli addestrati da Usa e Gran Bretagna cercano di avanzare verso Nord e la città di Deir ez-Zour.

Dopo la conquista di Raqqa, sarà proprio attorno a questo centro che si giocherà la partita decisiva per gli assetti in Mesopotamia. Per strapparlo all’Isis e riprenderselo prima degli altri, il governo siriano ha lanciato una potente offensiva su tre direttrici, dopo aver stipulato tregue con i ribelli su tutti gli altri fronti. A Sud, reparti dell’esercito regolare, milizie irachene e libanesi puntano verso il posto di frontiera di Al-Tanf, in mano ai ribelli filo-Usa. Il Pentagono ha reagito, tre raid nel giro di pochi giorni li hanno costretti a fermarsi. Gli uomini di Assad hanno allora aggirato Al-Tanf e raggiunto comunque il confine con l’Iraq. Nella zona centrale, da Palmira, le forze speciali di Damasco tagliano veloci il deserto siriano e sono ora a 70 chilometri da Deir ez-Zour, dove da tre anni resiste una guarnigione assediata dagli islamisti. A Nord, invece, l’esercito procede verso Raqqa e punta a impossessarsi della base militare di Tabqa, ora in mano ai curdi, per poi avvolgere la capitale dello Stato islamico sul lato meridionale e proseguire lungo l’Eufrate, ancora verso Deir ez-Zour”. Una vera e propria corsa dunque, con in palio la fetta nord orientale della Siria e il confine tra questa e l’Iraq. Una gara che sia Mosca che Washington non vogliono perdere per ragioni certo di politica estera ma anche di politica interna e che, anche per questo, rischia di aggiungere tensione a tensione.