
Giulia Bongiorno sui femminicidi: "Valutiamo se abbassare l'età dell'impunibilità da 14 a 12 anni" (foto Ansa) - Blitz Quotidiano
Femminicidio è una parola che “non si può né si deve cancellare: anzi, ho trovato profondamente sbagliata la raccolta firme delle giuriste contro il nuovo reato”. A dirlo in un’intervista al Corriere della Sera è Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia.
Per Bongiorno, “oggi i ragazzi crescono più velocemente di un tempo e forse potrebbe essere utile anche valutare la possibilità di abbassare l’età dell’imputabilità da 14 a 12 anni”. L’avvocata sottolinea: “Oltre al piano legislativo, io sono per campagne a tappeto, quasi con vademecum per le ragazze per far capire a cosa devono stare attente: alla gelosia, all’ipercontrollo, ai divieti del partner, alla voce alzata, al famoso ‘ultimo appuntamento’. Ma serve formazione anche per le famiglie, perché si impongano e non lascino i ragazzi in balìa di immagini, seduzioni, modelli che non hanno la maturità per filtrare”.
La parlamentare della Lega aggiunge ancora: “Serve un grande patto politico, istituzionale, generazionale. C’è in ballo la sicurezza di ogni donna, ma anche il futuro di un’intera generazione”.

L’appello delle giuriste contro il disegno di legge sul delitto di femminicidio
L’appello a cui fa riferimento la Bongiorno è quello firmato da 77 giuriste nei giorni scorsi contro il disegno di legge sul delitto di femminicidio. Professoresse, docenti universitarie, esperte di diritto penale o studi giuridici che sono spesso impegnate nel contrasto della violenza di genere e che spiegano che “nell’attuale quadro normativo – che senz’altro necessita di interventi di riforma – la nuova fattispecie incriminatrice non sembra pertanto incrementare l’effettività della tutela penale, ma, come da più parti si sottolinea, assume una valenza meramente simbolica”.
Per le docenti che hanno firmato l’appello, “è fondato il timore che l’enfasi posta sulla rilevanza promozionale e pedagogica di tale intervento legislativo impedisca di avviare una riflessione sull’insieme delle pratiche sociali, politiche, pubbliche ed istituzionali che di fatto giustificano o favoriscono” la violenza maschile. “Osservando la realtà – si legge ancora nell’appello -, si può constatare come qualsiasi intervento repressivo svincolato da azioni di perequazione sociale ed economica e da strategie di prevenzione, di tipo innanzitutto culturale, risulti del tutto inefficace”. Le docenti sottolineano infine di voler “sollecitare una riflessione più ampia e articolata del tema, che tenga conto della complessità del fenomeno, le cui cause sono profondamente radicate nella cultura e, a più livelli, nella struttura della nostra società”.