
Perché il presidente del Sudafrica ha subito un agguato da Trump alla Casa Bianca, cosa sappiamo e i video fake con le aggressioni ai bianchi (foto da video) - Blitz Quotidiano
Lo scorso mercoledì, alla Casa Bianca si è tenuto un incontro tra Donald Trump e Cyril Ramaphosa, il presidente del Sudafrica dal 2018. Tra i due, nello Studio Ovale c’è stato un colloquio ad alta tensione che a molti ha ricordato l’agguato subito da Zelensky lo scorso febbraio. Lo scontro si è inasprito anche per alcuni video che il tycoon ha mostrato a Ramaphosa. Filmati che, si è poi scoperto, erano dei fake. Vediamo nello specifico cosa è successo e quali sono state le ragioni che hanno portato a questo scontro così duro.
Lo scontro tra Trump e il presidente del Sudafrica
I due politici sono scontrati sulle violenze contro gli afrikaner, gli agricoltori bianchi sudafricani, che accusano il Governo a maggioranza nera di “genocidio” con il sostegno di Washington. Il presidente sudafricano, ex negoziatore di Nelson Mandela all’epoca dell’apartheid, è arrivato alla Casa Bianca con l’obiettivo di convincere il presidente americano a stringere accordi con il suo Paese. La posta in gioco era alta per il Sudafrica: gli Stati Uniti sono il secondo partner commerciale e il taglio degli aiuti deciso da Trump in risposta alla controversa legge sulle terre sta già mettendo in crisi la sua economia.
La controversa legge sulle terre
A gennaio, infatti, Ramaphosa ha firmato una controversa misura che consente al governo di espropriare terreni privati senza fornire indennizzi quando ritenuto nell’interesse pubblico. L’obiettivo, sostiene la legge, è affrontare le conseguenze dell’apartheid e correggere l’equilibrio che vede una minoranza di bianchi, il 7 per cento della popolazione, detenere i tre quarti delle aziende agricole. Per Trump e la sua amministrazione invece (Elon Musk è cittadino sudafricano ed è tra i primi oppositori alla nuova legge), si tratta di un provvedimento “razzista”. Per questa ragione, lo scorso 7 febbraio ha firmato un ordine esecutivo per tagliare tutti i finanziamenti americani al Sudafrica e a marzo ha espulso l’ambasciatore sudafricano.
Per cercare di ammorbidire The Donald, il sudafricano ha perfino portato con sé alla Casa Bianca i campioni bianchi di golf sudafricano Ernie Els e Retief Goosen. Ma, a parte le battute iniziali sullo sport preferito dal presidente americano, il bilaterale è entrato subito nel vivo quando Trump ha chiesto al suo omologo una spiegazione sulle “cose brutte che stanno accadendo in Africa”. “Abbiamo accolto delle persone che si sentivano perseguitate”, ha incalzato il commander-in-chief riferendosi al gruppo di 49 agricoltori bianchi arrivati a Washington nei giorni scorsi con lo status di rifugiati. Da lì è stato un crescendo smorzato solo dal fatto che alla fine Ramaphosa, abile mediatore, ha deciso di non replicare più alla accuse del presidente americano, almeno di fronte ai media e in diretta streaming.
Prima di decidere di non replicare più, riferendosi ai campioni sudafricani di golf, il leader sudafricano ha provato a spiegare: “Non c’è bisogno che dica io che non c’è il genocidio degli afrikaner. Se fosse davvero in atto un genocidio questi signori non sarebbero tra noi”.
Per tutta risposta il tycoon ha mostrato a lui e a tutto lo Studio Ovale un lungo documentario che denuncia le uccisioni e le violenze subite dagli agricoltori bianchi sudafricani. I video, si è poi scoperto, erano dei falsi. “Queste cose sono accadute in Sudafrica”, ha insistito Trump mostrando anche decine di pagine di articoli e foto di afrikaner feriti o insanguinati. “Le loro terre vengono espropriate, loro vengono uccisi e il governo non fa nulla”, ha attaccato il tycoon. Il presidente Ramaphosa ha provato a replicare che gli atti di violenza sono opera di “una minoranza di estremisti” e che quella “non è la linea del governo” e nemmeno del suo partito, l’African National Congress. Ma di fronte alla richiesta del tycoon di spiegare perché i “criminali” non siano stati arrestati non ha potuto fare altro che tacere.
Su altri fronti la conversazione tra i due leader alla Casa Bianca si è svolta in maniera più pacifica, con Ramaphosa che ha espresso il “pieno sostegno” a quanto gli Usa stanno facendo per la pace in Ucraina. Nessun cenno, invece, al Medio Oriente, un altro potenziale terreno di scontro: nel dicembre 2023, il Sudafrica ha avviato, infatti, un procedimento presso la Corte internazionale di giustizia, accusando Israele di genocidio a Gaza.
I falsi video mostrati da Donald Trump
Quello che è accaduto mercoledì durante un incontro alla Casa Bianca è stato un vero e proprio agguato architettato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’accusa di mettere in atto un genocidio è decisamente falsa, hanno dichiarato anche diversi enti che si occupano di fact checking, ossia dell’accurata verifica dei fatti che vengono esposti.
La situazione è precipitata quando Trump ha chiesto ai suoi collaboratori di abbassare le luci dello Studio Ovale per mostrare alcuni video. Nel primo, come ha ricostruito il Post, si sentiva la voce del principale esponente dell’opposizione sudafricana Julius Malema, leader del partito Economic Freedom Fighters, che cantava una canzone in cui si incita a “sparare ai boeri” (gli agricoltori afrikaner, ossia bianchi).
In un altro video si vedevano delle croci lungo una strada sudafricana, che secondo Trump indicherebbero i luoghi di sepoltura di agricoltori bianchi uccisi dal governo sudafricano. In realtà quelle croci sarebbero state installate nel 2020 come parte di una protesta simbolica, organizzata dopo l’omicidio di una coppia di agricoltori. Trump aveva anche una pila di fogli con stampate informazioni sugli agricoltori bianchi uccisi, che alla fine dell’incontro ha consegnato a Ramaphosa.
Chi sono gli afrikaner
Gli afrikaner sono i discendenti dei colonizzatori europei arrivati in Sudafrica alla metà del Seicento. Tra loro ci sono un terzo di tedeschi e olandesi e un 13 per cento di discendenti francesi. In Sudafrica, gli europei hanno cominciato a parlare l’afrikaans, una lingua simile all’olandese. I boeri, nel Paese più estremo dell’Africa, si diedero all’agricoltura e alla pastorizia confiscando le terre alla popolazione del luogo a cui venne concesso solo il 7 per cento delle terre, secondo una legge approvata nel 1913.
Nel 1948, il governo del Sudafrica guidato dagli afrikaner introdusse la famigerata apartheid che venne abolita solo nel 1991 grazie alla battaglia di Nelson Mandela.