
Perché non è stato eletto Parolin Papa, chi lo ha tradito e come si è scelto di convergere su Prevost (nella foto Ansa) - Blitz Quotidiano
Il segretario di Stato Piero Parolin era il grande favorito per diventare il successore di Papa Francesco. Il cardinale veneto alla fine non è stato eletto rilanciando in questo modo il detto che al Conclave “si entra da papa e si esce da cardinale”. Vediamo quindi nello specifico cosa è successo e come si è arrivati all’elezione di Robert Francis Prevost, il primo papa proveniente dagli Stati Uniti che ha scelto il nome di Papa Leone XIV.
Parolin aveva un cospicuo pacchetto di voti, tra i 40 e i 50. Dopo tre votazioni andate male, il candidato favorito alla partenza ha compreso di non riuscire a raggiungere il quorum richiesto di 89 voti, il più alto di sempre, decidendo così di fare un passo indietro che ha spianato la strada a Prevost.
Il nome del primo papa statunitense della storia è quindi emerso per pacificare le varie anime che si sono scontrate all’interno della Sistina e già prima all’interno di Santa Marta. Prevost alla partenza non era certamente collocato nella rosa dei papabili che erano Parolin, Tagle, Erdo, Zuppi e Pizzaballa. Non era nemmeno troppo emarginato dato che è stato eletto al quarto scrutinio.
Dopo aver compreso che non sarebbe diventato il nuovo vescovo di Roma, Parolin ha avviato una mediazione ed è riuscito a far convincere su Leone XIV gli incerti: tra loro i vescovi brasiliani. Dal canto suo, Prevost poteva contare già sui sinodali (con Grech e Hollerich in testa), una frangia di bergogliani, i francesi e su un gruppo di americani. È riuscito a unire anche le forti spinte dei cardinali elettori dell’America Latina. Allo stesso tempo la sua elezione rassicura anche il partito dei moderati lasciando alla finestra i conservatori.
In realtà su Prevost è arrivato anche il consenso di un conservatore di peso. Si tratta dell’arcivescovo di New York Timothy Dolan che ha puntato su questa figura che si pone al crocevia fra culture diverse: un padre con origini francesi e italiane, una madre spagnola. Un prete missionario che però non ha perso il radicamento negli Usa. Dolan, che si dice sia vicino a Trump, è riuscito a convincere gli elettori del Nordamerica e del Sudamerica e quelli di lingua inglese che appartengono ai paesi del Commonwealth come il Sudafrica, l’India e le Isole Tonga.
I bergogliani, dopo aver visto sfumare Parolin, si sono presentati divisi in vari gruppi e non hanno saputo proporre un’alternativa, con l’italiano Pierbattista Pizzaballa che è stato scartato per la sua provenienza da Gerusalemme. La sua elezione è stata giudicata troppo politica.
Anche i cardinali africani e asiatici, dopo le prime elezioni, hanno deciso di convergere su quest’uomo proveniente da Chicago che non è stato visto come un esponente di punta della Chiesa della prima potenza mondiale. Il Papa del Primo mondo è stato quindi votato anche dai cardinali del Terzo Mondo, come ha scritto Stefano Zurlo sul Giornale.
Sembra anche che Parolin si fosse accordato per un “ticket” con il cardinale Luis Antonio Tagle. Alla prova dei fatti però, l’accordo tra il cardinale veneto e quello filippino non ha retto. La sua non elezione ha fatto così crollare il sogno di riportare un italiano (Parolin, ma magari anche Pizzaballa o Zuppi) a San Pietro. Lo stesso sogno venne infranto nel 2013 quando ad essere eletto fu Bergoglio che la spuntò su Angelo Scola.
Prevost anti trumpaino ma repubblicano
Robert Francis Prevost è l’ex prefetto dei vescovi. È stato un fedele collaboratore di Bergoglio. È noto per le sue posizioni anti trumpiane anche se risulta essere stato iscritto nelle liste degli elettori del partito Repubblicano. Prevost ha quindi un passato da conservatore confermato anche dal fatto che in Perù si legò con il presidente Alberto Fujimori. Da tempo era tuttavia tenuto d’occhio: il suo profilo poteva unire l’America del Nord a quella del Sud, la ragione principale che ha portato alla sua elezione.

Chi non voleva Parolin Papa
Già nelle scorse settimane erano emerse delle crepe nella possibile elezione di Piero Parolin che a quanto pare aveva vari oppositori sia a destra sia a sinistra. Da un lato Parolin veniva visto come troppo legato anche a cardinali non troppo vicini a Papa Francesco e veniva accusato, sempre da sinistra, di non aver fatto abbastanza per contrastare i preti abusatori. Dall’Argentina veniva messo da parte insieme agli altri italiani giudicati interessati solo a conservare un certo potere all’interno del Vaticano.
La critica più forte arrivata dalla destra è stata invece quella del cardinale francese Philippe Barbarini che ha accusato il Segretario di Stato di Papa Francesco di non essere stato all’altezza del suo ruolo. Poi c’è una storica inimicizia con Tarciso Bertone, quello che fu il Segretario di Stato prima di lui. Un conflitto che, stando a quello che scrive il Messaggero, si è tramutato in un non sostegno da parte di diversi esponenti italiani all’interno della Chiesa.