Politica pre-natalizia in fermento. Fini torna a casa, Zelensky a Roma vede prima il Papa poi Giorgia (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Politica pre-natalizia in gran fermento. Una agitazione più accentuata del solito tra sorprese, novità, trovate, festival antifascisti e pro gender, dichiarazioni ardite, provocazioni moscovite (“Bruxelles ascolti Trump”’), preghiere ucraine per salvare i territori contesi, lo stop leghista ai permessi per gli islamici, i primi 7 Paesi sicuri garantiti dal Consiglio UE; Paesi in grado di accogliere in purezza gli espulsi irregolari ed altro ancora.
L’elenco è lungo e variegato. C’è pure l’invito ai parlamentari in Cappella Sistina di Papa Leone per gli auguri di Natale. Ma il fatto mediaticamente più curioso si è verificato alla kermesse dei meloniani ad Atreju, quasi a un miracolo: il ritorno a casa, dopo un esilio di 17 anni di Gianfranco Fini, il fondatore di Alleanza Nazionale, a sua volta erede del Movimento Sociale Italiano.

Un partito di fatto nato nel 1995 dopo la cosiddetta “Svolta di Fiuggi” che abbandonò i riferimenti ideologici al fascismo al fine di qualificarsi come forza politica legittimata a governare.
Il mea culpa di Fini
L’ex leader, scontratosi con Berlusconi nell’aprile 2010 con la storica frase (“Che fai, mi cacci?”), sul palco di Atreju ha chiesto pubblicamente venia. ”Sono qui e non chiedo niente. Ho sbagliato su An, ma Giorgia ha saputo ricreare la comunità. Ora mi riconosco in questo centro-destra”.
Nella circostanza gli era a fianco Francesco Rutelli con cui ha rievocato sorridendo il duello del ‘93 quando entrambi correvano per la carica di sindaco della Capitale. A proposito: Rutelli ha glissato sul suo voto a sinistra (“Se mi riconosco nell’attuale centro sinistra ? Domanda successiva…”.
Zelensky, giornata romana
Martedì romano per il presidente dell’Ucraina: mattina a Castel Gandolfo (Villa Barberini) a colloquio col Pontefice, invitato a Kiev (“Presenteremo agli Usa le modifiche al piano”); colloquio dí trenta minuti.
Pomeriggio a Palazzo Chigi a colloquio con Giorgia Meloni alla quale ha detto: ”Sui negoziati di pace mi fido di lei”. E poi, rispondendo ad una insinuazione di Trump: ”Sono sempre pronto alle elezioni”. Ovunque si è messo al centro degli interventi la necessità di “continuare il dialogo per la pace”.
Lunedì 8 dicembre Zelensky è stato impegnato in vertici altrettanto importanti: a Londra ha incontrato Starmer, Macron, Merz; a Bruxelles ha parlato con il segretario generale della NATO, Mark Rutte; quindi Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo, il socialista portoghese Antonio Costa che l’ha asssicurato (“Non accettiamo le interferenze degli Stati Uniti”).
Toni insolitamente aspri che sottolineano come “Washington e Bruxelles ormai non condividono la stessa visione dell’ordine internazionale”.
