Jobs Act, datore di lavoro potrà cambiare le mansioni del dipendente

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Giugno 2015 - 15:04 OLTRE 6 MESI FA
Jobs Act, datore di lavoro potrà cambiare le mansioni del dipendente

Jobs Act, datore di lavoro potrà cambiare le mansioni del dipendente

ROMA – Il datore potrà variare unilateralmente le mansioni del lavoratore in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali (che incide sulla posizione del lavoratore).

In questa ipotesi, si potrà assegnare la persona a una nuova mansione riconducibile al livello di inquadramento contrattuale immediatamente inferiore, fermo restando il livello retributivo in godimento, con la sola eccezione delle voci stipendiali legate a particolari modalità della precedente prestazione che non sono più presenti nella nuova mansione (ad esempio, lavoro notturno e trasferte). L’assegnazione a una mansione inferiore potrà essere fatta «soltanto nell’ambito della categoria legale (operaio, impiegato, quadro) di inquadramento del dipendente (si tratta di un limite che prescinde dall’inquadramento unico).

Come riportano Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci sul Sole 24 ore,

il Dlgs di riordino dei contratti atteso sul tavolo del Consiglio dei ministri di domani per l’ok definitivo – parte del pacchetto di sei decreti attuativi del Jobs act – conferma, all’articolo 3, la riscrittura della disciplina delle mansioni, oggi contenuta nello Statuto dei lavoratori del 1970, che viene integralmente rivista (…)

Oggi il datore può assegnare al lavoratore diverse mansioni, purché equivalenti alle ultime effettivamente svolte. «Ora – aggiunge Del Punta – per stabilire se una mansione è equivalente ad un’altra, il giudice guarda di solito a due circostanze: il fatto che la nuova mansione sia ricompresa nello stesso livello di inquadramento contrattuale attribuito al lavoratore, e il fatto che non sia penalizzante in rapporto alla personale carriera dello stesso. Il primo profilo di giudizio è abbastanza prevedibile e gestibile, ma il secondo assai meno. Può succedere, insomma, che le nuove mansioni siano ritenute non equivalenti pur rientrando nel medesimo livello». Invece, sulla base del Dlgs sui contratti, per stabilire se a un lavoratore possono essere assegnate determinate mansioni, «è sufficiente che esse siano riconducibili al precedente livello di appartenenza come disegnato dai contratti collettivi», evidenzia Del Punta.

Un’altra novità, come detto, è la possibilità di modificare in pejus le mansioni in caso di modifiche organizzative o in altre ipotesi che possono essere previste dai contratti collettivi, quindi anche a livello aziendale.

Inoltre, è ufficializzata per legge la possibilità di un mutamento consensuale delle mansioni e qui anche del livello e della retribuzione, purché, sottolinea Del Punta, «il patto sia giustificato da un rilevante interesse del lavoratore (come quando il demansionamento è concordato in alternativa a un licenziamento economico), e purché sia concluso in sede assistita. Anche questo aspetto, che vede un’apertura all’autonomia individuale assistita, costituisce una significativa novità». E poi, mentre oggi, in caso di assegnazione di fatto di mansioni superiori, il lavoratore acquisisce il livello superiore dopo tre mesi, con l’entrata in vigore delle nuove norme il termine sarà quello fissato dai contratti collettivi, o in mancanza sarà di sei mesi. Per le imprese la nuova disciplina sulle mansioni «è molto positiva – commenta Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma -. Si garantisce un’ampia flessibilità professionale e ci sarà una forte riduzione delle cause da demansionamento, che solitamente sono fonte di risarcimenti del danno anche cospicui» (…)