Pd, paura di una svolta: Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera

Nuova maggioranza a portata di mano Ma ora il Pd ha paura della svolta
Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – “Nuova maggioranza a portata di mano. Ma ora il Pd ha paura della svolta”, questo il titolo dell’articolo a firma di Maria Teresa Meli sulle pagine de Il Corriere della Sera in edicola oggi, giovedì 5 settembre:

“Ma chi se ne importa delle regole del Congresso, tanto ci toccherà fare le primarie per il candidato premier”: Davide Zoggia scherza ma non troppo. Il Pd si prepara all’eventualità di una crisi, anche se il tam tam berlusconiano, ieri, innestava la retromarcia. E l’ipotesi di un autorevole esponente del centrodestra sembrava prendere sempre più piede: «I ministri e i parlamentari del Pdl, dopo la decadenza del Cavaliere, presenteranno le loro dimissioni, lo faranno tutti, anche Gaetano Quagliariello e quelli che hanno già detto che sono pronti a un Letta bis, dopodiché Berlusconi li ringrazierà e dirà loro di andare avanti perché un governo come questo non gli capiterà mai».

Ma il problema per il Partito democratico non è tanto Silvio Berlusconi, quanto Giorgio Napolitano. Che cosa accadrà se di fibrillazione in fibrillazione si scivolerà verso la crisi di governo? Il presidente della Repubblica ha già fatto sapere che se il Pdl farà mancare i voti, lui rinvierà Enrico Letta in Parlamento. Alla Camera dei deputati il premier ha una possibile maggioranza, grazie al Porcellum. A Palazzo Madama, dopo la nomina dei quattro senatori a vita, occorrono solo sette parlamentari per dare al presidente del Consiglio il viatico per un rinnovato mandato governativo. (…)

Il Partito democratico si dibatte tra i tormenti. Matteo Renzi continua a voler rassicurare tutti: lui non ha intenzione alcuna di far precipitare le cose prima del tempo. Lo ha detto a tutti i maggiorenti di Largo del Nazareno e lo ha fatto sapere anche al Quirinale. Ma in realtà i renziani hanno già una data per il «game over». È quella del 9 marzo. Sarebbe quello il giorno ideale per votare: prima delle elezioni europee, prima del semestre di presidenza italiana della Ue. (…) Basterebbe un similproporzionale per stoppare un personaggio come il sindaco di Firenze, che può esistere (e resistere) solo con il bipolarismo. Basterebbe un Porcellum riveduto e corretto per inchiodarlo.

Dunque, il 9 marzo. È una data segnata sull’agenda di molti esponenti del Partito democratico. Non su quella di Enrico Letta, che pure sta cercando di trovare una mediazione con il sindaco di Firenze, perché si rende conto che al Congresso i suoi non possono salire sul carro del perdente. Per questa ragione ha mandato il ministro Franceschini in avanscoperta. Per convincere Renzi a siglare un patto che consenta a lui di governare e lasci nelle mani del sindaco di Firenze il partito.

Per assurdo che possa sembrare, alla fine della festa potrebbero essere i bersaniani gli alleati (involontari) del primo cittadino nel capoluogo fiorentino. L’ex segretario lo dice tutti i giorni agli amici e ai sostenitori: «Stare al governo ci penalizza, non c’è niente da fare. (…)

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