Pensioni dei giornalisti, è in arrivo una nuova riforma delle prestazioni erogate da Inpgi, Istituo di previdenza preposto a regolare quelle dei giornalisti italiani. Una prima proposta è stata già bocciata dai Ministeri del Lavoro e dell’Economia preposti alla vigilanza sull’ Inpgi.
Un nodo cruciale è quello del contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro, inventato da Berlusconi e Tremonti, reso più efferato da Monti e proseguito, da Enrico Letta e Matteo Renzi, nonostante le bocciature giudiziaire. Nella sua ultima pronuncia, la Corte Costituzionale, salvando la schiena al Governo, ha però detto chiaro che il contributo non si potrà più ripetere.
Inveec accade che nella nuova bozza di riforma delle pensioni che tra pochi giorni il CdA Inpgi intende varare, è previsto ancora una volta unilateralmente un “contributo di solidarietà” che nei corridoi dell’ Impgi si continua a definire di “modeste dimensioni”.
Ma è davvero così? Dal confronto con quello varato lo scorso anno, ma non convalidato dai Ministeri vigilanti sembrerebbe proprio di no. Lo dimostra il raffronto delle 2 tabelle allegate. In alcuni casi viene addirittura raddoppiato o quasi. (CLICCA in alto o in basso per scaricare il documento).
Alla faccia della Corte di Cassazione che ha sentenziato:
“L’art. 3, comma 12, della legge n. 335 del 1995 permette agli enti previdenziali privatizzati di variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati, ma non consente agli stessi di sottrarsi in parte all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni mediante l’imposizione di contributi di solidarietà”.
Sul tema è stato già detto da più parti.
Ha scritto Daniela Stigliano:
Il Cda dell’Inpgi ripropone anche il contributo di solidarietà per i pensionati, per il triennio 2017-2019, dopo la bocciatura dello scorso anno da parte dei ministeri. Questa volta, però, ha deciso di vararlo con una delibera separata dal resto della riforma, probabilmente per sottolinearne il carattere “temporaneo” e provare a superare le obiezioni governative edeventuali ricorsi dei colleghi interessati.
Nel dettaglio, il contributo richiesto va da un minimo del 2% (pensioni da 57 mila a 75 mila euro) a un massimo del 20% (sopra i 200 mila euro), con un’ampia esenzione: il 52% dei pensionati non verserebbe nulla perché sotto i 57 mila euro annui. Ma c’è già chi sta pensando di proporre un abbassamento di questa soglia (38 mila euro?) per coinvolgere un numero maggiore di colleghi.
Hanno scritto Paola Cascella e Carlo Chianura:
Nonostante la bocciatura da parte del Ministero del Lavoro, torna a galla il prelievo forzoso sulle pensioni a partire dal prossimo anno, unica voce nella riforma su cui c’è una stima di entrata (5,2 milioni annui). C’è una sola novità virtuosa: oggi la maggioranza del Cda Inpgi è propensa ad accogliere la proposta avanzata un anno fa da Carlo Chianura e da Silvana Mazzocchi di votare per parti separate la riforma, facendo del prelievo una delibera ad hoc. Bene. Resta però a nostro parere l’irragionevolezza di questa misura. Non staremo qui a ricordare che tra mancata perequazione o vari contributi di solidarietà i pensionati dell’ Inpgi dal 2011 hanno contribuito con circa 30 milioni ai bilanci dell’istituto (altro che 7 euro mensili di prelievo). Non diremo che il tetto al cumulo sottrae moneta sonante ad alcuni pensionati e aggiunge risorse all’istituto. La ragione del no una era e una rimane: un Cda non può assumere decisioni che competono al Parlamento. Neanche se prevede, come sostiene qualche ingenuo, che i proventi del prelievo vadano a finanziare le pensioni più basse e restino comunque all’interno del circuito. Non si può fare.
Tutto questo copre di ridicolo il primo ministro Matteo Renzi in persona
“Le pensioni,oggi, sono sicure per tutti. Per la prima volta in Italia, dopo anni, si parla di pensioni non per ridurle, ma per aumentarle. Tra intervento sulle pensioni basse e meccanismi per favorire l’anticipo di uscita, sulla previdenza vogliamo mettere più soldi, e non di meno come accaduto in passato”.
Le parole di Renzi si aggiungono alle precise indicazioni delle massime istanze giudiziarie in Italia, la Corte Costituzionale e la Corte di Cassazione: gli enti previdenziali privatizzati possono “variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati”, ma non possono sottrarsi in parte all’adempimento, riducendo l’ammontare delle prestazioni mediante l’imposizione di contributi di solidarietà”.
Sono parole pesanti come sassi, che rendono ardua una delle mosse che la Riforma Inpgi sta studiando, un contributo di solidarietà sulle pensioni già erogate fino al 20%, come esaurientemente riferisce Daniela Stigliano. Una mossa che equivale a un vero e proprio esproprio proletario che fa ricordare i tempo della Autonomia padovana, di scarso effetto sui conti Inpgi anche se di sicura presa demagogica.