Roma, la Boreale resta senza allievi dopo i scontri ultras a Tor di Quinto

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Giugno 2014 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA
Roma, la Boreale resta senza allievi dopo i scontri ultras a Tor di Quinto

Scontri ultras a Tor di Quinto

ROMA – Gli allenatori della scuola calcio della Boreale mostrano orgogliosi nell’ufficio del circolo “Parco di Tor di Quinto” tutte le coppe disciplinari vinte dalla loro società negli ultimi anni.

“Vengono assegnate a quelle squadre che più di altre incarnano i valori della lealtà e della correttezza sportiva – dicono – e adesso pensare che tutto questo potrebbe finire, che i genitori dei nostri ragazzi hanno paura a portare qui i loro bambini, perché a pochi metri s’è consumato un delitto così assurdo come quello di Ciro Esposito, ci getta nello sconforto”.

La Boreale è lo storico team legato alla parrocchia di Ponte Milvio che fino al 2003 non aveva un campo tutto suo dove disputare partite e fare allenamenti. Poi il trasferimento non autorizzato a Tor di Quinto. Con il Comune si sta cercando di trovare una soluzione, “ma dopo i fatti del 3 maggio nel prepartita di Napoli – Fiorentina, la situazione è precipitata”, aggiungono.

La Boreale oltre alla scuola calcio ha squadre che militano nei campionati dilettanti, fino alla Promozione. È frequentata dai ragazzi-bene di Roma Nord. Figli di professionisti e imprenditori, della buona borghesia che vuole tenersi ben lontana dai guai.

Racconta il Messaggero:

«Quella domenica – ricordano gli allenatori – i bambini stavano giocando. C’erano i genitori, il nostro presidente che stava arrivando per portarci le magliette pulite da indossare. All’improvviso s’è scatenato davanti a noi il finimondo. Si sentivano scoppiare le bombe-carta, le sirene delle forze dell’ordine e delle ambulanze. Il presidente non è riuscito a raggiungerci, bloccato subito dalla polizia. Poi è arrivata la Digos a chiedere informazioni ed è tornata a indagare anche nei giorni successivi. I bambini erano spaventati, i loro genitori scossi. Non riuscivamo a capire che cosa stava accadendo e, soprattutto, oggi ci sembra impossibile che un ragazzo possa essere morto per una partita di pallone».

Soprattutto c’è la paura di ritorsioni, del gesto di qualche folle che possa prendere di mira la struttura: «Qui i ragazzi del calcio non c’entrano nulla con De Santis, noi lo vedevamo e salutavamo perché viveva qui con i suoi cani, ma con la squadra non aveva nulla a che fare. I pericoli veri? Ci saranno durante il prossimo campionato quando Roma e Napoli si affronteranno, allora credo che sarà necessario giocare le partite a porte chiuse. Ma tutto questo clima di terrore, gli stadi blindati, le schedature non fanno bene allo sport del calcio».