Thatcher, crisi imprese, Napolitano: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2013 - 09:14 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Margaret Thatcher viene ricordata sulla prima pagina de Il Corriere della Sera come “la figlia del droghiere che segnò un’epoca”. E la definisce “mito del liberismo mondiale”. A centro pagina via Solferino fa il punto sulla vita politca e parlamentare, e in particolare sull’impasse per la formazione del governo. Napolitano spinge per l’intesa tra Pd e Pdl, elogiando il patto tra Dc e Pci del ’76. Berlusconi si dice disponibile a far nascere un nuovo esecutivo.

Mario Deaglio, su La Stampa, analizza la crisi, la via per uscirne e il semplicismo della politica. “Il trascinarsi della crisi politica e l’aggravarsi della crisi economica sembrano andare di pari suo con la banalizzazione delle posizioni sull’economia: un numero sempre maggiore di persone pensa infatti che la crisi si possa risolvere con facilità. La convinzione che tutto sia facile è una grave malattia che si potrebbe definire ‘semplicismo’”.

Il Sole 24 Ore lancia l’allarme per la crisi e i rischi per le aziende. “Le imprese non ce la fanno più”, titola in apertura in prima pagina. Gli imprenditori lombardi fanno sapere: “Tra fisco, credito e consumi in calo aumentano le chiusure e la politica non decide”. E ancora: “Siamo al codice rosso, così moriamo”.

Napolitano, elogio delle larghe intese E critiche ai grillini. La Stampa: “Napolitano rievoca il compromesso storico, parla di «coraggio in quella scelta di larghe intese» del 1976, ricorda il compagno di tante battaglie Chiaromonte. Un richiamo alla responsabilità, più che mai attuale. E dal Colle viene anche una critica ai grillini: «Certe campagne che si vorrebbero moralizzatrici, in realtà si rivelano, nel loro fanatismo, negatrici e distruttive della politica». Il Pdl legge l’esternazione del Presidente come un assist. Berlusconi annuncia che vedrà Bersani, che «finalmente si è reso disponibile».”

Berlusconi annuncia “Vedrò Bersani”. Ma resta la distanza. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Non occorre essere Machiavelli per intuire che cosa ha in mente Napolitano, quando tira in ballo il «compromesso storico», e quasi sospira: «Ci volle coraggio, in quella scelta inedita di larga intesa…». Parla del ’76, rievoca il compagno di tante battaglie Chiaromonte, ma si capisce che sta pensando ai giorni nostri, in cui di coraggio ne circola sicuramente meno di 37 anni fa. Se dopo un mese e mezzo la crisi resta in alto mare, è anche perché Grillo non vuole allearsi con Bersani, e Bersani non vuole nulla a che fare con Berlusconi. L’incomunicabilità regna totale. Per il Presidente, invece, ci vorrebbe più responsabilità da parte dei protagonisti. E poi basta, quasi esplode Napolitano, con i sepolcri imbiancati: «Certe campagne che si vorrebbero moralizzatrici in realtà si rivelano, nel loro fanatismo, negatrici e distruttive della politica». Si riferisce ai Cinque Stelle, che proprio stasera mandano in scena una simbolica occupazione del Parlamento, con la speranza di mettere in moto le Commissioni parlamentari? Oppure il Capo dello Stato sta mettendo nel suo mirino l’anti-berlusconismo più intransigente?”

Pd, rivolta della base contro il dialogo col Pdl. L’articolo a firma di Carlo Bertini:

“«Mi aspettavo reazioni negative al governo di transizione col Pdl, ma non gli inviti ad andarsene via dal Pd a quelli che non vengono da una storia di sinistra», ragionava ieri con i suoi uomini lo stesso Franceschini. Per la prima volta preoccupato per la tenuta del partito, che stavolta potrebbe rischiare una seria frattura. Ed è facile immaginare che questi segnali di apprezzamento che escono dalla pancia di una sinistra desiderosa di non deporre le armi risultino graditi al segretario: che infatti, anche ad uso tattico, è tornato a mostrare la faccia dura. La guerra delle piazze con Berlusconi però si tramuterà in una manifestazione in solitaria che Bersani terrà sabato in un teatro della periferia di Roma: senza il supporto di altri big che non apprezzano l’iniziativa, soprattutto quelli dell’area più moderata. Di colpo diventati molto scettici, grazie anche alle voci di un possibile accordo tra renziani e «giovani turchi» per «sparigliare» con un nome «nuovo» per il Quirinale, sulla possibilità che si riesca a votare con un metodo di larga condivisione il prossimo capo dello Stato nella figura di Franco Marini; e ancor di più scettici, di conseguenza, che poi si riesca a formare un «governo del Presidente». «Perché è un’operazione talmente complessa che non la si fa senza l’appoggio del segretario», dicono i «trattativisti» del Pd. Che adesso prevedono tempi cupi e scenari nefasti, come un rotolare verso le urne e una spaccatura del Pd, con la parte ex diessina che si ritroverebbe in una sorta di forza socialdemocratica e Renzi che darebbe vita ad una sua lista civica autonoma. Non è passato inosservato che il segretario del Pd romano e quello di Sel evochino una lista «Roma Bene Comune» per la sfida del Campidoglio, senza il simbolo del Pd, «un altro segnale di accelerazione verso una saldatura della sinistra», dicono gli ex Dc. Convinti che vi siano spinte per tornare a uno schema in cui il Pd si divide in due, «una cosa al centro con dentro Renzi e un partito identitario a sinistra».”

Camere “occupate” ma fino a mezzanotte. Sfida a metà del M5S. L’articolo a firma di Andrea Malaguti:

“L’idea di #occupyparlamento è venuta all’onorevole-cittadino romano Alessandro Di Battista. «Entriamo nelle Camere e ne usciamo a mezzanotte e un minuto». Simbolicamente il giorno dopo. Quella dei presidi all’onorevole cittadina torinese Laura Castelli. «Accerchiamo il Palazzo». Perfetto. Perché lo fanno? C’è un motivo ufficiale: «pretendiamo che le commissioni permanenti comincino a lavorare, il baraccone della politica costa ogni giorno ai contribuenti 500 mila euro senza che nasca un singolo atto a favore della collettività. In questi anni il Paese è stato ostaggio dell’esecutivo. La democrazia è diventata partitocrazia. Ribaltiamo il quadro. Sovranità al popolo grazie al Parlamento». Percorso tecnicamente complesso ma non impossibile. I presidenti di Camera e Senato non sono contrari. «Non ho alcuna intenzione né di ritardare, nè di ostacolare il lavoro del Parlamento», spiegava ieri a Palazzo Madama il presidente Grasso. In linea Laura Boldrini. Più difficile convincere Pd e Pdl.”

Addio alla Thatcher, cambiò la storia. L’articolo a firma di Claudio Gallo:

“Stato che in genere sono riservati ai monarchi con l’illustre eccezione di Winston Churchill nel 1965. Lo stesso rango concesso a Lady Diana e alla Regina madre. Una scelta che ha fatto sobbalzare il sismografo di Twitter. La Lady di Ferro, 87 anni, era ormai da tempo prigioniera di un corpo troppo umano, malato di demenza, che l’aveva tagliata fuori dai rapporti sociali, resa incapace delle battute taglienti per cui andava celebre. Alla festa per i suoi 85 anni voluta da Cameron a Downing Street la sua sedia era tristemente vuota. La morte del marito, Denis Thatcher, compagno vissuto nella sua ombra per 50 anni, aveva accresciuto il suo isolamento. È spirata ieri mattina nell’appartamento del Ritz dove alloggiava, nel centro di Londra, per un ictus. Il primo ministro britannico David Cameron è rientrato da Madrid, prima tappa del suo viaggio europeo. A Downing Street l’Union Jack è a mezz’asta. Ha dichiarato: «È veramente un giorno triste per il nostro paese. Abbiamo perso una grande leader, una grande premier e una grande britannica. Credo che sarà considerata il più grande primo ministro che il paese abbia avuto». Poi ha aggiunto: «Credo che abbia salvato il Paese».”

Napolitano spinge per l’intesa. Il Corriere della Sera: “Il presidente Napolitano critica le finte moralizzazioni che distruggono la politica ed elogia il patto tra Dc e Pci del 1976, il compromesso storico: «Ci volle coraggio in quella scelta inedita di larga intesa». Berlusconi: incontrerò Bersani, serve un governo. Il M5S: occupiamo le Camere.”

La conservatrice rivoluzionaria. L’articolo di Sergio Romano:

“Margaret Thatcher, invece, aveva il temperamento degli esploratori, degli avventurieri e dei corsari. Non andava d’accordo con Elisabetta II, probabilmente, perché la regina, con il suo impeccabile sussiego, era esattamente l’opposto della prima Elisabetta. Non era meno nazionalista dei suoi colleghi di partito, ma il suo patriottismo era popolare, se non addirittura populista. Ed era pronta, come qualcuno disse dell’Italia più di vent’anni fa, a rovesciare la Gran Bretagna come un calzino. Il suo programma economico, quando entrò a Downing Street nel 1979, fu quello spregiudicatamente liberista di Milton Friedman, principe degli economisti dell’Università di Chicago. Tagliò drasticamente la spesa pubblica. Osò sfidare le élites accademiche di Oxford e Cambridge negando a quelle venerabili università i generosi aiuti di cui avevano goduto sino ad allora. Dopo una lunga battaglia con un sindacalista trozkista, Arthur Skargill, che era caratterialmente il suo gemello di sinistra, chiuse le miniere di carbone divenute ormai, nell’era degli idrocarburi e dell’atomo, relitti di archeologia industriale. Insieme alla guerra delle Falkland, vinta nel 1982, quella delle miniere le garantì un secondo successo elettorale nel 1983.”

La trincea delle imprese: pronti alla protesta. L’articolo a firma di Rita Querzé:

“Non hanno il lamento facile gli industriali lombardi. Questa volta, però, la corda deve essere davvero vicina a spezzarsi. Ieri tutti i presidenti delle dodici associazioni di Confindustria in Lombardia si sono riuniti per lanciare insieme un appello: «Non resta molto tempo. Serve un governo. Subito. In grado di affrontare l’emergenza. E di fermare l’emorragia delle imprese che affligge il sistema produttivo». Le voci sono diverse ma per livello di sintonia potrebbero essere una soltanto. Giovanni Maggi, presidente di Confindustria Lecco, territorio «forte» nel tessile e nella metalmeccanica: «Senza una politica che metta al centro le imprese siamo alla fine. I piccoli stanno chiudendo». Renato Cerioli, Monza a Brianza, area d’elezione per l’industria del mobile: «Sempre meno multinazionali si insediano da noi. La tassazione uccide le imprese. E per sopravvivere molti scelgono di traslocare in Austria, Slovenia, Svizzera». Franco Bosi, Confindustria Pavia: «La fragilità delle imprese rende più facili le infiltrazioni da parte della criminalità organizzata». Guido Venturini, direttore Confindustria Bergamo (meccanica, chimica, gomma): «Resistono solo le imprese che vendono all’estero, soprattutto in Germania. Gli altri sono in trincea».”

Grilli: via libera della Ue, in partenza i pagamenti. Subito 1,2 miliardi di Iva. L’articolo a firma di Luigi Offeddu:

“Chi ha portato a Bruxelles il decreto, il ministro uscente dell’Economia Vittorio Grilli, può così inanellare qualche buona notizia in un giorno dalle molte tensioni: firma del decreto al Quirinale, tappa alla Ue, trasferimento al Parlamento per il voto di dopodomani, ancora altri controlli di Bruxelles, e a maggio — se tutto andrà bene — chiusura della procedura di infrazione per deficit eccessivo comminata a Roma anni fa. I primi pagamenti potranno partire subito. E saranno poi sbloccati 1,2 miliardi di rimborsi Iva alle imprese. L’incontro Rehn-Grilli non dev’essere stato facile. Tant’è vero che, dopo un colloquio di 3 ore, ce ne sono volute altre 4 per avere una dichiarazione dello stesso Rehn. All’inizio, esprime fiducia nell’Italia: il piano di liquidare i vecchi debiti commerciali «agevolerà la ripresa». E «data la situazione di bilancio considerevolmente migliorata, c’è spazio per una graduale liquidazione del debito senza mettere a rischio la correzione del deficit in eccesso». Rehn però aggiunge: «A condizione di ulteriori chiarificazioni tecniche», e cioè quando numeri e misure saranno più chiari. Poi, la parte due, quella del monito: tutte le amministrazioni italiane svelino il loro debito «per assicurare la trasparenza», e la Commissione «confida che nel futuro l’Italia preverrà l’accumulazione di nuovi debiti a tutti i livelli di governo».”

Il Milan non ci sta «Accuse gravi» Berlusconi nero per il 2-2 di Firenze. L’articolo a firma di Monica Colombo:

“Così quando ieri pomeriggio sul sito interista sono apparse le parole di Bonolis, il Milan ha prontamente replicato con un comunicato affermando che tali frasi «oltre che prive di qualsiasi fondamento, appaiono di eccezionale gravità». Soprattutto perché si teme che la paternità di certe affermazioni sia da attribuire a Massimo Moratti, come lascia intendere senza giri di parole Mauro Suma, direttore di Milan Channel: «Moratti è il ventriloquo di Bonolis». E ancora: «Essendo pubblicata sul sito ufficiale dell’Inter, quella tesi ha un paternità riconducibile al massimo dirigente del club e questo è molto grave». Una nuova polemica quando ancora riecheggiano le urla del Franchi. Ieri il Milan ha smentito la lite fra Galliani e un bambino in tribuna mentre Luciano Pedini, ex presidente della Neutro Roberts Basket di Firenze, ripreso mentre battibecca furiosamente con l’ad milanista, ha ribattuto: «È tutto un equivoco. Sono stato etichettato come uno che si è messo a bisticciare con Galliani. Niente di più falso. Conosco bene Adriano e abbiamo un ottimo rapporto. Appena qualche tifoso ha cominciato ad offenderlo, io gli ho solo urlato: ‘‘Vai via, Adriano” per metterlo al riparo dalla ressa che si era creata». Poi sulla lite con il ragazzino delle giovanili viola, Pedini ha aggiunto: «Il bimbo aveva una foto che lo ha fatto arrabbiare».”

Hernanes fa sognare la Lazio poi sbaglia e Totti lo punisce. L’articolo a firma di Luca Valdiserri:

“Il risultato nasce da un primo tempo dominato dai biancocelesti e un secondo che gli episodi hanno avvicinato alla Roma ed è un risultato tutto sommato giusto. Quello che è certo è che i tifosi della Lazio possono andare fieri della loro squadra e quelli della Roma no. Troppo poche (Fiorentina, Milan, Juve) sono state le partite belle della squadra, troppe le occasioni perdute e inesistente il salto di qualità nella seconda stagione dell’ambizioso progetto. Nel primo tempo, dopo il gol di Hernanes, su cui non chiude Castan, la Lazio va vicina al raddoppio in diverse occasioni. Petkovic indovina perfettamente formazione, modulo e mosse, mentre il debuttante Andreazzoli paga caro il noviziato. La Roma rinuncia per la prima volta nella sua gestione alla difesa a tre (fuori Burdisso), ma ha pochissimi giocatori al posto giusto. Lamela fa la prima punta e non lo è; Pjanic gioca più avanzato, ma non da trequartista unico, accanto a lui c’è Totti che gli porta via spesso palloni e spazio; né Torosidis né Marquinho sono terzini per una difesa a quattro; nessuno tra Bradley, De Rossi e Florenzi riesce a cucire il gioco e il terzo, arretrato, perde anche la sua caratteristica migliore, cioè gli inserimenti senza palla. È una fortuna che i giallorossi chiudano il primo tempo sotto solamente di un gol.”