Omicron, cosa sappiamo della nuova variante. L’Oms: “Ha molte mutazioni. Alcune preoccupanti”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2021 - 11:08 OLTRE 6 MESI FA
Omicron, cosa sappiamo della nuova variante. L'Oms l'ha classificata come "preoccupante"

Omicron, cosa sappiamo della nuova variante. L’Oms l’ha classificata come “preoccupante” (foto Ansa)

Della variante Omicron per ora sappiamo ancora poco. Quel che è certo è che la nuova variante segnalata per la prima volta in Sud Africa sta spaventando i mercati e i Governi. Alcuni Paesi, come il Regno Unito e l’Italia, hanno già deciso di introdurre nuove limitazioni per chi arriva da diversi paesi africani.

Cosa sappiamo della nuova variante Omicron

Andiamo con ordine. La nuova variante del Covid individuata in Sud Africa, la B.1.1.529, è stata chiamata Omicron (la lettera “O” dell’alfabeto greco) dall’Oms. L’organismo Onu l’ha classificata come “preoccupante”.

“La variante B.1.1.529 è stata segnalata per la prima volta all’Oms dal Sudafrica il 24 novembre 2021. Questa variante ha un gran numero di mutazioni, alcune delle quali preoccupanti”, ha affermato il gruppo di esperti incaricato dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità di monitorare l’evoluzione della pandemia.
 

Trasmissibilità molto elevata, indebolimento dell’azione dei vaccini: cosa preoccupa della variante

Omicron, secondo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc),  potrebbe essere associata a una trasmissibilità molto elevata, a un indebolimento dell’azione dei vaccini ma non a un’infezione più grave. Dal canto suo l’Agenzia europea del farmaco (Ema) afferma che per il momento è ‘prematuro’ prevedere se per la B.1.1.529 sia necessario un adattamento dei vaccini.

Sulla rivista scientifica Nature la virologa Penny Moore, dell’Università del Witwatersrand a Johannesburg, chiarisce che sono necessarie circa due settimane per capire se e fino a che punto la nuova variante sia in grado di sfuggire agli anticorpi generati dai vaccini anti Covid, così come alle difese dovute all’attivazione delle cellule T del sistema immunitario.

Massimo Zollo, genetista dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task force Covid-19 del Ceinge avverte che la B.1.1.529 potrebbe ingannare i vaccini perché sulla proteina Spike presenta un numero molto alto di mutazioni: per questo è necessario potenziare il tracciamento e accelerare la burocrazia per l’approvazione dei nuovi farmaci antivirali che bloccano la replicazione del virus nelle cellule. “Sono molto preoccupato da questa variante che ha tutte le carte in regola per essere più aggressiva delle precedenti: l’elevato carico di mutazioni sulla proteina Spike potrebbe renderla irriconoscibile agli anticorpi generati dai vaccini”, spiega.