Superbatterio batte anche colistina: l’era post-antibiotica

Superbatterio batte anche colistina: l'era post-antibiotica
Superbatterio batte anche colistina: l’era post-antibiotica

ROMA – Superbatterio batte anche colistina: l’era post-antibiotica. I ricercatori dell’esercito americano hanno individuato il primo paziente negli Usa a esser stato contagiato da superbatteri resistenti all’ultimo antibiotico in grado di garantire un argine ai batteri. “Siamo entrati in un’era post-antibiotica”, ha lanciato l’allarme Thomas R. Frieden, direttore dei Centers for Disease Control and Prevention.

Il paziente ora sta bene, riferisce la cronaca del New York Times, ma la scoperta porta a considerare un ampliamento dello spettro dei superbatteri che trasmettono malattie non trattabili con nessuna cura esistente, proprio perché questi batteri riescono a trasmettere la loro resistenza ad altri germi che già sono resistenti agli altri antibiotici.

“Immaginate un puzzle – suggerisce il dottor Beth Bell dello stesso Centro – Servono diverse tessere per ottenere il risultato di essere resistente a tutto. Questo caso è sfortunatamente l’ultima tessera negli Usa. Abbiamo quell’elemento genetico che può consentire ai batteri di essere resistenti a qualsiasi antibiotico”. I superbatteri sono cioè resistenti anche alla colistina, un vecchio antibiotico che viene conservato quale ultima risorsa in caso di emergenze virali, specialmente per trattare quelle gravi infezioni che resistono alla classe di antibiotici denominati carbapenemici (CRE). Se questi CRE resistono anche alla colistina vuol dire che sono diventati inarrestabili.

Il gene resistente alla colistina è stato isolato per la prima volta in Cina, dove l’antibiotico viene usato negli allevamenti di maiali e polli. Succedeva a novembre. E’ stato poi rintracciato nell’intestino di un maiale negli Stati Uniti. I casi di infezioni da CRE sono per fortuna ancora relativamente rari, negli Stati Uniti provocano circa 600 decessi l’anno. Ma l’era post-antibiotica alle porte non sarà un problema solo per i casi di infezioni urinarie e polmonari: a rischio ci sono i 600mila pazienti l’anno che hanno bisogno di cure anti-tumorali.

 

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