Facebook ladro di dati sensibili? Adoc si rivolge al Garante della privacy

Pubblicato il 20 Maggio 2011 - 08:16 OLTRE 6 MESI FA

MILANO – «Dentro Facebook ci si butta la vita, tra pensieri, foto e chat. E quasi mai ci preoccupiamo delle conseguenze: questa volta il danno è gravissimo, potrebbe essersi verificata la fuga di migliaia di dati sensibili attraverso le applicazioni». Esordisce così Carlo Pileri, presidente di Adoc, Associazione per la difesa e l’orientamento dei consumatori.

La denuncia. Sul blog ufficiale di Symantec, azienda leader negli antivirus, viene lanciato l’allarme. Negli ultimi anni, la società di Palo Alto avrebbe «accidentalmente» rivelato a soggetti terzi, in particolare inserzionisti, dati circolanti tramite centomila applicazioni come i quiz, i giochi e i sondaggi che popolano le pagine del social network. «Quell’”accidentalmente” è tutto da vedere – commenta Pileri – c’è intanto da far luce sul fatto che profili e tendenze degli utenti siano stati usati da soggetti terzi a scopo di marketing, per inviare notizie su prodotti commerciali».

Le richieste. In seguito alla denuncia di Symantec, Adoc si è mossa in due direzioni diverse. «Innanzitutto abbiamo scritto agli amministratori di Facebook per ricevere informazioni più precise e adeguate riguardo alla presunta fuga di dati sensibili, e contemporaneamente abbiamo chiesto al Garante della privacy di aprire un’indagine sulla questione». Dopo una settimana, non sono ancora arrivate risposte. «Per l’Authority passano di solito venti giorni, un mese al massimo, quindi i margini temporali al momento sono stati rispettati. Per quanto riguarda Facebook, invece, si tratta della prima volta che ci rivolgiamo ai suoi amministratori: non sappiamo quando risponderanno, ma ci auguriamo che questa possa rappresentare l’occasione per l’inizio di un dialogo, a favore degli utenti».

I consensi. «In questi giorni abbiamo ricevuto mail e telefonate da parte dei consumatori, che approvano la nostra scelta – spiega Carlo Pileri – anche se è difficile sentirsi pienamente coinvolti quando non è chiaro se la questione riguardi pochi utenti o ci coinvolga tutti. Per questo c’è bisogno di capire quanto e se esista una falla del genere nel sistema di Facebook». Se l’utente decide di pubblicare le proprie foto o i dati relativi alla vita privata su un social network, sta compiendo un atto volontario del quale accetta, più o meno consapevolmente, le conseguenze. «Impossessarsi di dati privati come le conversazioni delle chat, invece, è un’azione che va oltre le autorizzazioni consentite dall’utente – conclude il presidente di Adoc – e si tratta di un utilizzo dei dati non giustificato e di entità preoccupante».