Fontana di Trevi, monetine: D’Artagnan è davvero un ladro? A Roma prima l’arresto e poi la legge

di Pino Nicotri
Pubblicato il 1 Maggio 2011 - 11:19 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Ma Roberto Cercelletta, in arte D’Artagnan, è davvero un ladro?

E’ davvero “il” ladro che ruba le monetine lanciate nella fontana di Trevi e dunque – peggio che rubare le caramelle di bocca ai bambini – ruba anche i sogni di chi le lancia?

Davvero i vigili urbani coinvolti nella vicenda sono “complici”?

Ha ragione il sindaco Alemanno a sdegnarsi così tanto da avere imposto la loro immediata sospensione?

Nonostante il baccano, non c’è da esserne troppo sicuri. Già nel ’94 la Corte di Cassazione aveva chiarito che chi si porta via i soldini della fontana di Trevi non ruba nulla a nessuno, per il semplice motivo che sono gli stessi turisti a disfarsi delle monete, che vengono lanciate su quello che è pur sempre suolo pubblico anche se ricoperto dall’acqua di una famosissima fontana.

Ovvio che se io butto in strada un euro e qualcuno lo raccoglie, questo qualcuno non ruba un fico secco né a me né ad altri perché la moneta che ho buttato via diventa, come si dice in gergo giuridico, “res nullius”. In italiano: “Cosa di nessuno”. E se una cosa è di nessuno, come si fa a rubarla?

Forse che nel frattempo è stata varata una legge che ha trasformato la “res nullius” in “cosa del Tale”, nella fattispecie in cosa del Comune di Roma? Non si direbbe proprio.

Cerchiamo però di capire come stanno le cose esattamente, e per poter cercare di capire, nel caso Cercelletta-D’Artagnan andiamo per ordine, calendario alla mano.

I giornali danno la notizia dell’arresto di Cercelletta lo scorso venerdì 22 e scrivono che l’arresto è stato provocato da un servizio delle famose “iene” televisive di Mediaset. C’è chi scrive che il servizio è andato in onda mercoledì, cioè il 20, e chi scrive che è andato invece in onda giovedì, cioè il 21.

Tutti comunque scrivono che D’Artagnan è stato arrestato dai vigili per furto, per giunta “con l’ aggravante del bene esposto alla pubblica fede e destinato a pubblico interesse”. Le monetine infatti non sono chiuse a chiave e dovrebbero essere impiegate a fin di bene. Ma c’è un ma: come si può definire ladro chi si porta via quelle monetine se la legge che le dichiara proprietà di qualcuno – nella fattispecie, del Comune di Roma – è stata firmata DOPO l’arresto del “ladro”? Se si cerca in Internet si scoprono infatti vari link di giornali e tv private che tra il 27 e il 28, cioè 5 o 6 giorni DOPO l’arresto del “ladro”, riportano tutti la seguente notizia:

“Festa finita per i ladri di monetine gettate nella Fontana di Trevi. La giunta capitolina ha approvato una delibera, firmata dall’assessore alla Cultura Dino Gasperini, con la quale si rende “manifesta la volontà dell’amministrazione di essere l’esclusivo e legittimo destinatario e accipiens delle monetine lanciate nell’invaso della fontana di Trevi».

Inoltre, si legge nel testo, spetterà al Comune «l’affidamento dell’attività di ritiro delle monete rinvenute nella suddetta fontana e il loro conferimento gratuito alla Caritas diocesana di Roma”.

La delibera era già stata annunciata da Gasperini il mese scorso e prende le mosse dalla necessità di avere una ‘ratio legis’ che permetta di sanzionare chi viene sorpreso a rubare le monetine di buon auspicio. Infatti, nella delibera esistente, non veniva esplicitamente affermata la proprietà del Campidoglio e quindi le monetine risultavano, agli occhi della legge ‘res nullius’, cioè di nessuno. Un escamotage per chi veniva colto in flagranza di reato. Ora, verranno posizionate 5 targhe in ghisa sul pavimento e in cinque lingue, nella quali viene indicata la proprietà comunale delle monetine e l’articolo del codice che viene violato da chi se ne appropria. La stessa dicitura verrà inserita sui due cartelli esistenti nelle due strade adiacenti la Fontana”.

La tv privata Roma Uno, per esempio, riporta la notizia alle ore 18.45 di mercoledì 27 aprile. Se ne deduce che la delibera è stata firmata nella giornata del 27. Vale a dire: ben 5 giorni DOPO l’arresto di Cercelletta. Ammesso che le delibere comunali entrino in vigore immediatamente appena approvate dalla giunta e non, come le leggi approvate dal governo e promulgate dal capo dello Stato, dopo essere state pubblicate su un qualche organo ufficiale, si può dire che la regola che definisce furto il prendersi le monetine buttate nella fontana di Trevi non è entrata in vigore se non almeno cinque giorni DOPO le manette a D’Artagnan. Il che significa anche che il 22 aprile, giorno dell’arresto, e almeno fino a tutto il 27 aprile, quella legge NON esisteva.

E che prima NON esistesse, ma fosse nelle intenzioni dell’assessore farla approvare, risulta per esempio da quanto scrive Lettera 43 in un articolo datato sabato 19 marzo.  Nell’articolo si legge chiaramente che è “In arrivo la norma anti D’Artagnan”. Subito dopo si legge che ” il Campidoglio sta definendo una delibera perché le monete che i turisti gettano nella vasca come gesto portafortuna diventino, sulla carta, una proprietà del Comune”. Come si vede, la legge NON c’era, era ancora allo stato embrionale, anzi delle intenzioni. Lettera 43 spiega anche che Cercelletta-D’Artagnan è “Il ladro di monetine più noto d’Italia” che “per 30 anni ha vissuto sulle spalle della fontana di Trevi”.

Sia sul Messaggero sia sul Corriere della Sera  si leggono le stesse, identiche parole a conferma che D’Artagnan è una vecchia conoscenza e che da molti anni fa quasi parte integrante del fontanone romano: “Sono 583 i verbali fatti a D’Artagnan dal 2006. Sempre lo stesso il motivo: «Si introduce nella fontana allo scopo di raccogliere le monete giacenti sulfondo». Nessuna delle multe da 160 euro è stata pagata. «Non firma, non accetta la copia» c’è scritto in fondo a tutti i verbali. Ad agosto del 2009 ha colpito ogni settimana, sempre verso le 6.30, preciso come un orologio”.

A dire il vero, a vivere a sbafo dei turisti che lanciano monetine per esprimere il desiderio di tornare a Roma non c’è solo Cercelletta e non solo lui ha avuto noie finite in nulla dalla giustizia o dal Comune di Roma. Per esempio, il l 7 ottobre 2003 il Corriere della Sera riporta una vicenda del 1998, bottino di 35.000 lire, pari a 16 euro, 30 con la svalutazione, protagonista l’ex ballerina 53enne Nadia Angrisani, che negli anni ’70 aveva danzato per Pippo Baudo e Gino Bramieri, per Alighiero Noschese e Massimo Ranieri. Nell’articolo del link – che parla esplicitamente di “pesca alle monetine liberalizzata” – si legge tra l’altro: [Nadia Angrisani] “Aveva legato una calamita a un filo e si era seduta a pescare sul bordo della fontana di Trevi. Quando i carabinieri l’ avevano fermata, aveva raccolto 35 mila lire. Nadia Angrisani, 52 anni, un passato da ballerina e un presente di squallore e povertà, si era messa a piangere per la vergogna. «L’ ho fatto per sfamare i miei figli», aveva spiegato tra le lacrime. Ma la disperazione non l’ aveva salvata dall’ accusa di furto con destrezza. Era l’ 8 agosto ‘ 98, più di cinque anni fa. Ma soltanto ieri per Nadia è arrivato il lieto fine. Il giudice Evelina Canale non ha nemmeno dato il via al processo: dopo dieci minuti in camera di consiglio, ha chiuso il caso con una sentenza di «non doversi procedere» perchè «il fatto non sussiste». «La signora Angrisani – sottolinea l’ avvocato Ersilia Barracca, che difende l’ ex starlette – è stata prosciolta prima dell’ apertura del dibattimento perchè il magistrato ha ritenuto il reato insussistente». Per le motivazioni occorrerà attendere 45 giorni, ma è probabile che il giudice si appelli alla sentenza della Cassazione del ‘ 94, secondo cui chi pesca i centesimi nella Fontana di Trevi non ruba. È la tesi sostenuta in aula dal difensore di Nadia: «Le monete – ha osservato Ersilia Barracca – sono res nullius o res relictae perchè i turisti se ne privano volontariamente». D’ accordo il pm Lorenzo Brigato, che ha chiesto a sua volta il proscioglimento dell’ imputata”.

La faccenda dei soldi presi dalla fontana non solo è quindi vecchia come il cucco, ma le “Iene” non hanno fatto altro che copiare da una iniziativa presa da “Striscia la notizia” quattro anni fa. Per rendersene conto, basta dare un’occhiata al contenuto del seguente  news di Striscia del 2007.

Il furore giustizialista scatenato attorno a questa vicenda NON ha quindi nessun motivo di esistere. Aldo Grasso sul Corriere della Sera del 29 ha scritto di una Roma che appare “levantina” a causa del “ladro di monetine” e annessi vigili “complici”.

Grasso sbaglia clamorosamente e doppiamente. Sbaglia una prima volta perché, come abbiamo visto, per quanto Cercelletta possa essere odioso, NON lo si può definire ladro, così come NON si possono definire suoi complici nelle asserite, ma inesistenti, ruberie i vigili. E sbaglia una seconda volta perché usare in senso spregiativo l’epiteto “levantino” è solo segno di ignoranza, sedimentata dal vecchio livore della Roma dei Cesari prima e dei papi dopo spodestati dalla Bisanzio diventata Costantinopoli e infine Istanbul.

Il pressapochismo del caso D’Artagnan fa paura: se questi sono i metodi con i quali si discetta di “alternativa” o di “governo”, di “rivoluzione libica” e di “santità di Wojtyla”, oltre che dei soliti deliri sul “rapimento di Emanuela Orlandi”, allora siamo davvero messi male. Peggio di quanto si potesse sospettare.

Mi viene da piangere all’idea che possa avere ragione Giampaolo Pansa riguardo la “carta straccia”: quella cui s’è ridotto ad essere gran parte del giornalismo nostrano a furia di tifoserie, partigianerie, sdegni facili e moralismi un tanto al chilo.

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