Superlampi nella nebulosa del Granchio: la più potente sorgente di raggi gamma

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 16 Maggio 2011 - 15:13| Aggiornato il 1 Agosto 2011 OLTRE 6 MESI FA

Nebulosa del Granchio

ROMA – Il satellite Fermi ha osservato lampi ad altissima energia provenienti dalla nebulosa del Granchio, dei ‘flares’ che hanno un enorme interesse astrofisico perché di intensità 5 volte maggiori a qualunque emissione di radiazioni mai registrata nello spazio. Situata nella costellazione del Toro a 6500 anni luce da noi, la nebulosa nacque dai resti dell’esplosione di un enorme stella la cui luce fu osservata sulla Terra nel 1054 per la prima volta.

Al centro della nebulosa si trova una stella di neutroni, un oggetto astronomico altamente denso che ruotando su sé stesso 30 volte al secondo emette delle pulsazioni, motivo per cui le stelle di neutroni sono dette anche pulsar. La rotazione della stella accelera particelle presenti nel gas circostante, ad esempio elettroni, a velocità prossime a quella della luce, producendo intense radiazioni come quella osservata il 12 aprile scorso dal satellite Fermi, emissioni di potenti raggi gamma durate 6 giorni.

“Questi straordinari ‘temporali energetici’scatenati all’interno di una delle sorgenti astrofisiche considerate fino a poco tempo fa fra le più stabili dell’universo, tanto da meritarsi il nome di ‘candela celeste standard’ ed essere presa a riferimento per le misure”, ha spiegato Ronaldo Bellazzini, responsabile Infn dell’esperimento Fermi, una collaborazione internazionale in cui l’Italia riveste un ruolo da protagonista e che vede coinvolte anche l’Inaf, Istituto nazionale di astrofisica, e l’Asi, Agenzia spaziale italiana.

Bellazzini ha poi sottolineato che “la variabilità e l’imprevedibilità delle sorgenti gamma si conferma ancora una volta come una delle caratteristiche fondamentali del cielo osservato alle altissime energie, e gli astrofisici teorici ora sono al lavoro per trovare una spiegazione plausibile per questa spettacolare scoperta”. L’energia dei lampi osservati supera i 100 milioni di elettronvolt, una radiazione potentissima se confrontata con la luce visibile, le cui energie sono comprese tra i 2 o 3 elettronvolt.

Le osservazioni registrate da Fermi e confermate da Agile, satellite italiano per l’osservazione dei raggi gamma frutto della collaborazione di Asi, Infn e Inaf, hanno permesso di raccogliere dati sul fenomeno dell’emissione di altissime energie, 30 volte maggiori delle radiazioni normalmente emesse dalla nebulosa del Granchio e 5 volte più intense di qualsiasi radiazione mai osservata, e dimostrato il carattere variabile di questi processi fisici, in cui le particelle vengono accelerate dal campo magnetico della pulsar a velocità molto maggiori di quelle raggiungibili in acceleratori come LHC di Ginevra.

Alice Harding, astrofisica della Nasa, ha spiegato che “i superlampi osservati sono degli eventi estremamente sconcertanti. Pensiamo che siano causati da riarrangiamenti del campo magnetico non lontano dalla stella di neutroni, ma la posizione esatta da cui si originano rimane un mistero”, anche se è stato ipotizzato che il punto di origine sia all’incirca a un terzo di anno luce dalla stella, dove l’anno luce è la distanza percorsa dalla luce in un anno.

Anche il telescopio spaziale Chandra della Nasa è stato puntato sulla nebulosa per osservare i raggi X emessi dalla sorgente, come ha sottolineato Patrizia Caraveo, responsabile scientifico dell’Inaf per il satellite Fermi, mentre “non è stato possibile osservare la nebulosa anche con lo Hubble Space Telescope perché la sorgente si trovava troppo vicino al Sole”. I superlampi nella costellazione del Toro rappresentano un’importante occasione per indagare e comprendere uno dei misteri ancora non decifrati del nostro universo.