La marijuana “coltivata in casa”: la nuova tecnica di spaccio dei clan italiani

Pubblicato il 23 Agosto 2010 - 12:26 OLTRE 6 MESI FA

Costi troppo alti, pericoli alla frontiera, controlli serrati negli aeroporti e qualità non sempre soddisfacente. Le organizzazioni criminali italiane hanno deciso di passare alla “marijuana fatta in casa”.

Mafia, camorra e ‘ndrangheta hanno deciso di coltivarsela in casa per ridurre i costi della filiera e massimizzare i profitti. Un po’ come già succede negli Stati Uniti dove, secondo i rapporti dell’Fbi, i trafficanti messicani hanno pensato bene di costruire vere e proprie fattorie nei parchi nazionali del West per coltivare milioni di piante di cannabis da cui ricavare hashish e marijuana.

In Italia, invece, si preferiscono i terreni demaniali, così da minimizzare “il rischio d’impresa”. Per importare droga dall’estero, infatti, occorre investire soldi in uomini e mezzi che possono andare persi in caso di operazione delle forze dell’ordine. Coltivando la cannabis su terreni demaniali invece, l’unico rischio è quello di perdere il raccolto.

Le piantagioni di cannabis indica stanno diventando l’oro verde del Meridione, il nuovo business in grado di portare continuamente denaro nelle casse delle organizzazioni criminali. Anche perché il mercato italiano è di quelli che non conosce crisi: stando ai dati del Viminale, nel 2009 si è registrato un incremento dei sequestri di marijuana pari al +211,75%, segno che la domanda è in forte aumento.

La scena è diventata ormai sempre più frequente. Un elicottero sorvola una montagna e scopre, in un anfratto, protetta da alberi o camuffata con teli mimetici, la piantagione di cannabis, con piante alte fino a quattro metri. Un’azione che ricorda tanto le operazioni delle forze speciali americane nelle piantagioni dei narcos colombiani. Stando agli esperti delle forze dell’ordine, le piantagioni migliori sarebbero quelle siciliane, tra Palermo e Trapani.

Soprattutto nella stagione estiva, proprio in quella zona della Sicilia si formerebbe la giusta combinazione tra sole e umidità per ottenere la crescita migliore delle piante. Non è un caso che la Sicilia ha il primato di maggior produttore europeo di cannabis. Ma anche i terreni campani, calabresi e pugliesi si prestano a questo tipo di coltivazione, garantendo comunque un prodotto di tutto rispetto, tanto che ormai in Calabria, Campania, Puglia e Sicilia è stato sequestrato ben l’86,29% del totale delle piantagioni di cannabis individuate in tutta Italia.

Nei primi sette mesi del 2010 i sequestri di cannabis sono arrivati a 30.570, con 12.486 piante rinvenute nel solo mese di Giugno. Il record delle piante di cannabis sequestrate si è però avuto nel 2001, quando ne finirono al macero oltre tre milioni di esemplari.