Agnese Landini, moglie di Renzi: “La nostra nipotina Down ci ha insegnato l’amore”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Luglio 2016 - 14:15 OLTRE 6 MESI FA
Agnese Landini, moglie di Renzi: "La nostra nipotina Down ci ha insegnato l'amore"

Agnese Landini, moglie di Renzi: “La nostra nipotina Down ci ha insegnato l’amore” (Foto repertorio Ansa)

FIRENZE – Una nipotina speciale che ha insegnato a tutta la famiglia l’importanza e il valore dell’amore. Agnese Landini, la moglie del premier Matteo Renzi, presenta così la loro nipotina Maria, che soffre della sindrome di Down. In un articolo per Vanity Fair la moglie di Renzi annuncia che il prossimo 16 luglio Firenze ospiterà la cerimonia inaugurale della prima edizione dei Trisome Games, le olimpiadi dedicate agli atleti che hanno anche la sindrome di Down, e che in prima fila ci sarà anche lei con la sua famiglia e con Maria, la figlia adottiva della sorella del premier.

La piccola Maria ha 4 anni ed è una bimba gioiosa e sorridente. “Un inno alla gioia”, la definisce così Agnese Landini, che invita a combattere i pregiudizi sulle persone con disabilità e scrive su Vanity Fair:

“Maria è stata un regalo del cielo. Un regalo che Matilde, sorella di mio marito, e suo marito Andrea hanno scelto di accogliere in seguito a una richiesta speciale: «C’è una bimba abbandonata. Si chiama Maria. E ha la sindrome di Down. Stiamo cercando una famiglia disponibile ad adottarla». Avevano già due bimbe piccole. Ma quella è stata una chiamata. Si sono presi un po’ di tempo per riflettere, hanno ascoltato in profondità, e hanno aperto le braccia alla vita: «La prendiamo noi».

E così, con un solo gesto, hanno consegnato alle loro figlie l’insegnamento di tutta una vita: l’unica cosa che conta è amare. Da quando c’è Maria, ho imparato tante cose. Innanzitutto che le parole non sono tutte uguali, e contano. Da quando c’è Maria non dico più «una Down», ma «una persona con la sindrome di Down» o, ancora meglio, «una persona che ha anche la sindrome di Down». Perché Maria è prima di tutto una persona, non una malata. Bello, no?

Poi ho imparato a sorridere alle persone che incontro per strada, o a scuola, o al cinema, specialmente se hanno una disabilità. Prima, quando notavo un bimbo speciale, avevo una sorta di timore: sentivo il desiderio di avvicinarmi, ma temevo che il mio gesto fosse frainteso. Una mamma che sente su suo figlio disabile gli sguardi indagatori e compassionevoli dei passanti soffre.

Perché la disabilità mentale, purtroppo, fa ancora troppa paura. Un amico, papà di Matteo, un bimbo di 13 anni simpaticissimo, con autismo, mi ha raccontato recentemente un episodio, solo l’ultimo di una lunga e spiacevole serie. Entrano in ascensore, lui e Matteo. Ci sono una mamma e il suo bimbo, «sano». Lei vede Matteo e istintivamente tira a sé il figlio. E lui, da buon livornese: «Signora, l’autismo non è mica il raffreddore, non si attacca!». Ma, dietro la battuta, il dolore resta. Maria, con la sua carica di gioia di vivere, ha rotto ogni argine tenuto su dalle stanche consuetudini degli uomini, e mi ha restituito l’ingenuità del cuore”.