La paura della normalità

di Redazione Blitz
Pubblicato il 15 Maggio 2020 - 05:57 OLTRE 6 MESI FA
La paura della normalità dopo il Coronavirus: parla una psicologa

La paura della normalità dopo il Coronavirus (Foto d’archivio Ansa)

ROMA – Da quando il virus del Covid-19 ha colpito duramente la popolazione italiana sono già passate diverse settimane. Sono state settimane difficili, durante le quali il tasso di ansia, angoscia e tristezza, alimentato dal numero impressionante di contagiati e vittime, è stato davvero molto alto. Spesso oltre la soglia della normale sopportazione.

Non poter far nulla per impedire l’avanzamento della situazione, se non stando a casa e rispettando le indicazioni istituzionali, ma soprattutto non essere realmente in grado di proteggere i propri cari, ma anche se stessi, da un eventuale contagio, ha reso tutti incredibilmente impotenti e vulnerabili.

Se difficile è stata la situazione di confinamento forzato nel perimetro domestico, relativo alla cosiddetta fase uno, non affatto semplice appare da qualche giorno anche la fase attuale, quella della convivenza con il virus, fase che ha sì permesso di riacquistare alcune libertà, ma che inevitabilmente ha portato con sé nuove paure.

Abbiamo analizzato la situazione con la dott.ssa Agostina Toscano di idoctors.it, psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico a Roma.

Come descriverebbe il periodo che stiamo vivendo?

In questi mesi abbiamo assistito a qualcosa di straordinario, qualcosa di dirompente dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista psichico, che ha mutato drasticamente gli scenari, esterni e interni, alterando in maniera significativa il senso del tempo e dello spazio. Ci siamo dovuti misurare all’improvviso con un nemico invisibile e senza forma come il virus, che ha generato incertezza, sentimenti di angoscia, di paura, di rabbia, d’impotenza: è emerso qualcosa di profondamente inquietante di fronte al quale non ci siamo potuti sottrarre e difendere e che ha stravolto le categorie del mondo così come eravamo abituati a conoscerle.

Quali sono gli effetti prodotti da questo periodo dal punto di vista psichico?

Non siamo ancora in grado di sapere quali e quanto duraturi saranno gli effetti dal punto di vista psichico di questo trauma, dell’isolamento e della quarantena, ci vorrà tempo per poter trarre delle conclusioni che siano attendibili dal punto di vista macrosociale. A titolo personale posso dire però di aver assistito ad un aumento di richieste d’aiuto legate a stati d’ansia, attacchi di panico, disturbi significativi del ciclo del sonno, alterazioni del tono dell’umore e depressioni, per non parlare di situazioni in cui si era già in presenza di patologie gravi pregresse che questo stato di emergenza sanitaria ha inevitabilmente mandato in corto circuito.

Anche bambini e adolescenti stanno facendo i conti con un brusco rallentamento delle loro vite: quale clima familiare respirano in questo isolamento? La vicinanza forzata non per tutte le famiglie è qualcosa di positivo e piacevole. Mi riferisco in particolare a quelle situazioni conflittuali gravi che lasceranno tracce rilevanti nel loro percorso di crescita. In un “sistema famiglia” disfunzionale la convivenza forzata rischia di peggiorare le cose in maniera profonda e durevole, aggravando gli equilibri già fragili di situazioni di pregressa sofferenza.

Cos’è cambiato in questa nuova fase di convivenza col virus?

Essere entrati nella fase due non per tutti è stato un sollievo. Il distanziamento sociale, o meglio il distanziamento fisico, che poi rappresenta di fatto un distanziamento emotivo dall’altro, non ha eliminato le paure della fase precedente. La paura dell’altro c’è ancora, gli altri sono ancora potenzialmente pericolosi, contagiosi, e anzi se nella prima fase ci si sentiva tutto sommato al sicuro dagli altri, ora non è più così. Paradossalmente l’isolamento forzato, pur avendo soppresso delle liberà fondamentali, ha per molti rappresentato un vero e proprio rifugio, all’intero del quale stare al sicuro dalle angosce, esterne ma prima di tutto interne.

Le paure sono quindi aumentate?

La paura, una delle emozioni primarie più antiche, è una cosa che accomuna imprescindibilmente entrambe le fasi. Nella mia esperienza clinica di questi ultimi mesi ho sentito continuamente pazienti parlare della paura: la paura del futuro che ci aspetta, la paura di trovare un mondo cambiato, la paura di ammalarsi, la paura di morire. A tutte queste, ora che una parvenza di normalità si sta palesando nella realtà quotidiana, se ne aggiungono però di nuove e “ho paura” lo sento dire ancora più spesso rispetto a prima.

Si assiste quasi ad una sorta di paura della libertà, della normalità?

Esatto, come se non fossimo più abituati alla fretta, alla frenesia, alla vita che avevamo prima. Il periodo di stop forzato aveva azzerato le opportunità di fare i conti con le paure tipiche della normalità, e ora che ci ritroviamo nuovamente immersi in tutto ciò che eravamo, molti si sono trovati paralizzati, impossibilitati a reagire.

Come si può guarire da questa paura?

Lei mi fa una domanda a cui non è semplice dare una risposta univoca, poiché ogni individuo porta con sé un bagaglio diverso di risorse personali che possono essere utilizzate per affrontare il disagio. In ogni caso, la paura è una risposta ad una situazione di pericolo, del tutto normale e fisiologica, che non va demonizzata. Nel momento in cui si hanno gli strumenti per reagire ed affrontare ciò che la genera, essa può diventare anche una potente alleata. Questo però presuppone un elevato livello di introspezione e di conoscenza di sé. In mancanza di ciò infatti la paura può diventare pericolosa, come un peso che trascina nel fondo di un pozzo. Quando questo avviene non bisogna fare gli eroi. Se si avverte una risposta disfunzionale che genera enormi carichi di sofferenza e che fa entrare in contatto con aspetti di sé fragili, bisogna sempre avere il coraggio di chiedere aiuto.