Entro il 2050 il riso potrebbe diventare pericoloso per la salute, cosa svela un nuovo studio (blitzquotidiano.it)
Uno degli alimenti più diffusi e consumati al mondo, base della dieta quotidiana di miliardi di persone, potrebbe trasformarsi in una minaccia concreta per la salute pubblica entro i prossimi 25 anni. A lanciare l’allarme è uno studio internazionale pubblicato sulla rivista The Lancet Planetary Health, che ha individuato un pericolo crescente legato al bioaccumulo di arsenico nei chicchi di riso. Un fenomeno strettamente connesso al cambiamento climatico e che rischia di aggravarsi in modo significativo nei decenni a venire, soprattutto in Asia, dove il riso rappresenta un alimento fondamentale.
Il report scientifico mette in luce una correlazione diretta tra l’aumento delle temperature globali, le concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica e l’incremento dei livelli di arsenico nel riso. Secondo le stime emerse, se non verranno adottate misure adeguate, entro il 2050 il riso coltivato in molte aree dell’Asia potrebbe contenere quantità di arsenico tali da contribuire all’insorgenza di patologie gravi, tra cui cancro, malattie cardiovascolari e diabete.
Lo studio
Lo studio, condotto da un team di ricercatori guidati dalla Columbia University di New York, ha coinvolto importanti istituti di ricerca statunitensi e cinesi. I dati raccolti tra il 2014 e il 2023 sono stati elaborati attraverso avanzate tecniche di modellazione e sperimentazione, con l’obiettivo di stimare gli effetti futuri del cambiamento climatico sulla qualità del riso. Sono state analizzate circa trenta varietà coltivate in sette diversi Paesi asiatici, utilizzando una metodologia chiamata FACE (Free-Air CO2 Enrichment), che simula l’aumento di CO2 in campo aperto per valutare gli impatti ambientali sulle colture.
I risultati sono stati allarmanti: se l’aumento della temperatura media globale raggiungerà i 2 gradi rispetto all’epoca preindustriale, come indicano le previsioni attuali, la concentrazione di arsenico nei chicchi di riso potrebbe salire in maniera sensibile. In particolare, si stima che solo in Cina potrebbero verificarsi fino a 13,4 milioni di casi di cancro legati al consumo di riso contaminato, con un rischio particolarmente elevato per le popolazioni che consumano grandi quantità di questo cereale su base quotidiana.
Perché l’arsenico è così pericoloso?
Ma perché l’arsenico rappresenta un pericolo così serio? Si tratta di un elemento chimico naturalmente presente nel suolo e nelle acque, che può diventare altamente tossico per l’organismo umano quando ingerito in quantità superiori ai limiti di sicurezza. Diversi studi hanno già dimostrato la correlazione tra esposizione cronica ad arsenico e l’aumento del rischio di tumori, in particolare al polmone e alla vescica, oltre a un impatto rilevante sul sistema cardiovascolare e metabolico. In alcune regioni asiatiche, la contaminazione da arsenico nelle acque di irrigazione è un problema noto da anni, ma la situazione potrebbe peggiorare rapidamente se il cambiamento climatico continuerà a modificare la composizione chimica del suolo e a ridurre la disponibilità idrica.
L’aggravamento della siccità e la maggiore presenza di anidride carbonica nell’atmosfera alterano infatti l’equilibrio biogeochimico del terreno, favorendo una maggiore mobilizzazione dell’arsenico e il suo assorbimento da parte delle radici delle piante. Il riso, coltivato generalmente in ambienti allagati, è particolarmente esposto a questo processo rispetto ad altri cereali. Le condizioni anaerobiche tipiche delle risaie facilitano la solubilizzazione dell’arsenico presente nel terreno, che finisce così per entrare nella catena alimentare in modo invisibile ma pericoloso.
I pericoli per la salute

Secondo gli autori della ricerca, i potenziali effetti negativi sulla salute non riguardano solo il cancro. L’esposizione cronica all’arsenico è stata associata anche a un maggiore rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, problemi neurologici, disturbi del sistema immunitario e complicanze durante la gravidanza. Nei bambini, può provocare danni allo sviluppo cognitivo. Si tratta quindi di un problema sanitario che, se non affrontato per tempo, potrebbe coinvolgere milioni di persone a livello globale, con ripercussioni importanti anche sui sistemi sanitari nazionali.
Le strategie per limitare i danni
La buona notizia è che esistono già oggi alcune contromisure che potrebbero limitare i danni futuri. Tra queste, l’adozione di pratiche agricole più sostenibili, come la gestione ottimizzata delle risorse idriche e l’introduzione di varietà di riso selezionate per assorbire meno arsenico dal suolo. Alcuni esperimenti hanno dimostrato che è possibile modificare la struttura genetica della pianta per ridurre la capacità di assorbimento di sostanze tossiche, senza compromettere la resa produttiva. Anche il miglioramento delle tecniche di lavorazione post-raccolta e un controllo più stringente sulla qualità delle acque utilizzate per l’irrigazione possono fare la differenza.
Un’altra strategia indicata dai ricercatori è quella dell’educazione alimentare, in particolare nei Paesi dove il riso costituisce la base quasi esclusiva della dieta. Promuovere una maggiore diversificazione alimentare, con l’introduzione di altri cereali e fonti di carboidrati, potrebbe contribuire a ridurre l’esposizione complessiva all’arsenico. Inoltre, è fondamentale rafforzare i sistemi di monitoraggio, affinché i livelli di contaminazione vengano costantemente controllati e segnalati ai consumatori.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già da tempo fissato dei limiti massimi per l’arsenico inorganico negli alimenti, ma la loro applicazione è spesso disomogenea a livello globale. Nei Paesi in via di sviluppo, dove le risorse per i controlli sono limitate, il problema assume contorni ancora più drammatici. È per questo che la ricerca scientifica può e deve giocare un ruolo cruciale nella definizione di politiche internazionali condivise per la sicurezza alimentare.
