Giovane italiana gestisce a Innsbruck primo ”Kostnix”, negozio dove è tutto gratis

Pubblicato il 16 Dicembre 2009 - 09:17 OLTRE 6 MESI FA

Due bambini tra gli scaffali di Kostnix

Kostnix in tedesco significa “costa niente”, ed è il nome scelto da un gruppo di amici per il primo “freeshop” di Innsbruck, aperto nel marzo del 2007. Gli oggetti del negozio non sono duty free, liberi da tasse doganali, come nei free shop degli aeroporti: sono proprio gratuiti. Le uniche norme da rispettare sono: non prendere più di tre oggetti al giorno, e non rivendere in nessun caso le cose prese al negozio.

Quella dei “negozi gratuiti” è un’esperienza avviata da qualche anno in Austria (a Vienna per esempio ce ne sono due), in Olanda e in Belgio. In una striminzita voce Wikipedia spiega che «il loro scopo è offrire un’alternativa al sistema capitalistico. I freeshop sono simili ai negozi di carità, solo che tutto è libero e disponibile, che si tratti di un libro, un pezzo di arredamento, un indumento o un articolo casalingo (…) La maggior parte delle persone che usano questi negozi sono mosse dal bisogno (scarse risorse finanziarie, come nel caso di studenti o anziani) o dalla convinzione (anti-capitalisti)».

«A noi non importa che chi prenda gli oggetti sia in uno stato di bisogno assoluto, che sia povero, può anche essere ricchissimo – spiega Valentina Callovi, di Trento, una dei due italiani che gestisce Kostnix a Innsbruck (gli altri volontari sono tutti austriaci) – l’importante è che quello che ha preso gli serva davvero, o gli piaccia».

E dunque l’obiettivo dei freeshop non è quello di combattere la povertà, ma il consumismo, la tendenza a disfarsi degli oggetti che non servono più gettandoli nel cestino, senza pensare che anziché diventare rifiuti, con i pesanti costi di smaltimento che ne conseguono, potrebbero ancora servire a qualcuno, che eviterebbe così di acquistarli, sprecando danaro.

«L’obiettivo del freeshop è quello di contrastare la società dei consumi e la società usa e getta e sostenere un approccio più cosciente con le risorse. Dovrebbero esserci meno produzione, meno rifiuti e anche meno lavoro. Chi prende oggetti da un freeshop, risparmia i soldi che avrebbe dovuto spendere per comprarlo e così contribuisce anche ad abbattere il lavoro retribuito, simbolo del capitalismo», si legge sul sito di Kostnix, che ha anche una versione in italiano.

«Siamo poco più di una decina di persone – racconta Valentina – e quindi riusciamo a tenere aperto Kostnix solo il martedì e il mercoledì. Ognuno di noi vi lavora senza retribuzione per due ore la settimana. L’affitto del negozio, 20 metri quadri nel centro storico di Innsbruck, costa 400 euro al mese. Ci finanziamo con un concerto annuo, delle serate con il vin brulè nelle quali ognuno offre quello che vuole, la città di Innsbruck ci dà 1000 euro l’anno, e la stessa cifra ci viene versata dai Verdi, che apprezzano il nostro contributo all’ambiente (contribuiamo alla riduzione dei rifiuti attraverso il riutilizzo degli oggetti)».

Valentina Callovi è di Trento, e si è trasferita a Innsbruck sette anni fa per fare l’università. Studia come traduttrice e interprete, adesso sta per laurearsi. “Vivo qui per scelta, non per necessità”, precisa. Cos’arriva a Kostnix? “Libri, vestiti, soprattutto per bambini, giocattoli, molte cose per la casa, dai piatti agli elettrodomestici, cd, dvd, ma anche computer e televisioni. La cosa più di valore che ci è arrivata finora è stato un abito da sposa. Per le cose più ingombranti, come armadi o divani, c’è la bacheca che raccogli gli annunci».

Molto variegati i fornitori, un po’ di meno gli acquirenti: prendere gratis oggetti usati, anche in un Paese come l’Austria, può risultare un po’ socialmente squalificante. «Vengono a prendere gli oggetti soprattutto studenti – dice Valentina – oppure signore di 50-60 anni per lo più straniere (qui c’è per esempio un’ampia comunità turca), o infine donne con i bambini piccoli».

Una platea piuttosto ridotta rispetto a quella potenziale, e soprattutto rispetto all’obiettivo che si propone Kostnix, che è un obiettivo molto ambizioso, in qualche modo di “riformare” i valori della società capitalistica: «Perché lavorare 40 ore a settimana per acquistare scarpe firmate, quando si può averle gratis, lavorando meno e godendo di una quantità maggiore di tempo libero?», si chiede Valentina.