Mangiare formaggi grassi può proteggere il cervello? La risposta sorprendente della scienza (blitzquotidiano.it)
Negli ultimi anni il rapporto tra alimentazione e salute del cervello è diventato un tema centrale, soprattutto con l’invecchiamento della popolazione. Tra i cibi più discussi c’è il formaggio, spesso accusato di essere troppo ricco di grassi saturi. Eppure una nuova e ampia ricerca scientifica suggerisce che alcuni formaggi grassi e la panna potrebbero essere associati a un rischio più basso di sviluppare demenza. Ma è davvero così semplice? E soprattutto: dovremmo iniziare a mangiare più formaggio per proteggere il cervello?
In questo articolo analizziamo cosa emerge dallo studio, perché il tipo di formaggio fa la differenza e quali sono i limiti da considerare prima di trarre conclusioni affrettate.
Formaggi grassi e demenza: cosa ha scoperto il nuovo studio
Una ricerca di grandi dimensioni pubblicata sulla rivista Neurology, organo ufficiale dell’American Academy of Neurology, ha osservato un’associazione interessante tra consumo di formaggi ad alto contenuto di grassi, panna intera e rischio di demenza.
Lo studio ha seguito oltre 27.000 adulti svedesi per circa 25 anni. All’inizio dell’osservazione, l’età media dei partecipanti era di circa 58 anni. Nel corso del tempo, più di 3.200 persone hanno sviluppato una forma di demenza.
Analizzando le abitudini alimentari, i ricercatori hanno notato che chi consumava quantità più elevate di formaggi grassi, come cheddar, Brie o Gouda, presentava un rischio inferiore di demenza rispetto a chi non ne consumava affatto. Lo stesso valeva per la panna ad alto contenuto di grassi.
È importante chiarire subito un punto fondamentale: lo studio non dimostra che il formaggio prevenga la demenza. Mostra solo un’associazione statistica, non un rapporto di causa-effetto.
Quanto formaggio è stato associato a un rischio minore
Entrando nel dettaglio, i risultati sono piuttosto precisi. Le persone che consumavano almeno 20 grammi al giorno di formaggio grasso mostravano un rischio di demenza inferiore del 13% rispetto a chi non ne mangiava. Venti grammi corrispondono grosso modo a due fette sottili di formaggio.
Per quanto riguarda la panna, chi ne consumava circa 50 grammi al giorno – poco più di un cucchiaio abbondante – aveva un rischio ridotto del 16% rispetto a chi non la includeva nella dieta.
Dopo aver corretto i dati tenendo conto di età, sesso, livello di istruzione e qualità generale della dieta, l’associazione restava significativa, in particolare per alcune forme di demenza.
Un effetto più forte sulla demenza vascolare
Uno degli aspetti più interessanti riguarda la demenza vascolare, una condizione legata a problemi nei piccoli vasi sanguigni del cervello. Tra chi consumava più formaggi grassi, il rischio di sviluppare questo tipo di demenza risultava inferiore di quasi il 30%.
Questo dato rafforza l’ipotesi che il possibile beneficio del formaggio non sia legato solo al cervello in sé, ma anche alla salute cardiovascolare. Cuore e cervello, infatti, sono strettamente collegati: vasi sanguigni sani favoriscono un migliore afflusso di ossigeno e nutrienti al tessuto cerebrale.
Perché il tipo di formaggio conta davvero

Quando si parla di formaggi, non si tratta di un unico alimento. I formaggi grassi sono spesso anche fermentati, un processo che li arricchisce di composti bioattivi. Secondo gli autori dello studio, il formaggio non è solo una fonte di grassi saturi, ma un alimento complesso che contiene proteine, calcio, vitamine e, in alcuni casi, vitamina K2.
La fermentazione può produrre peptidi bioattivi che influenzano positivamente il metabolismo e la salute dei vasi sanguigni. È questo mix di elementi, e non il grasso in sé, che potrebbe spiegare l’associazione osservata.
Al contrario, lo studio non ha trovato alcun legame tra riduzione del rischio di demenza e consumo di formaggi magri, latte (sia intero che scremato), burro o bevande fermentate come kefir e latticello.
Il ruolo delle abitudini alimentari complessive
Un altro punto cruciale riguarda il contesto alimentare. Le persone che mangiavano più formaggio grasso tendevano ad avere, in generale, uno stile di vita più sano: migliore qualità della dieta, maggiore attenzione alla salute e, spesso, minore consumo di alimenti ultra-processati.
Anche se i ricercatori hanno corretto i dati per questi fattori, resta impossibile separare completamente un singolo alimento dal modello alimentare complessivo. In altre parole, il formaggio potrebbe essere parte di uno schema nutrizionale equilibrato, non il fattore protettivo principale.
Dieta e salute del cervello: cosa dicono le prove più solide
La maggior parte delle ricerche sulla prevenzione della demenza si concentra su modelli alimentari, non su singoli cibi. Le diete più studiate e supportate da evidenze scientifiche sono la dieta mediterranea, la DASH e la MIND.
Questi approcci privilegiano alimenti di origine vegetale, come verdure a foglia verde, frutta, legumi, cereali integrali, frutta secca e olio extravergine di oliva, con un consumo moderato di pesce e una limitazione di carni rosse e prodotti industriali.
In questo contesto, il formaggio non è un alimento “miracoloso”, ma può trovare spazio come alternativa a fonti proteiche meno salutari, come le carni lavorate.
Formaggio sì o no? Cosa fare nella pratica
Alla luce di questi risultati, non è corretto consigliare di aumentare il consumo di formaggi grassi con l’obiettivo di prevenire la demenza. Gli stessi ricercatori sottolineano che sono necessari altri studi, in popolazioni diverse e con abitudini alimentari differenti.
Va anche considerato che lo studio è stato condotto in Svezia, dove il formaggio viene spesso consumato da solo e non abbinato a cibi meno salutari. In altri Paesi, come gli Stati Uniti o l’Italia, il formaggio è frequentemente associato a salumi, pizze industriali o piatti molto calorici, fattori che possono cambiare completamente l’impatto sulla salute.
Il messaggio più equilibrato è questo: il formaggio grasso, consumato con moderazione e all’interno di una dieta varia ed equilibrata, non sembra danneggiare la salute del cervello e potrebbe essere una scelta migliore rispetto ad altri alimenti ricchi di grassi e sale.
