La pandemia di covid non è esaurita, incombe la variante Arturo: imperversa in India e i medici inglesi ne temono il diffondersi in Europa: “la prossima pandemia sta arrivando e non siamo pronti”.
Qui si parla di Gran Bretagna, ma dalla Manica al Mediterraneo è questione di giorni: pertanto la notizia non è da prendere alla leggera.
Sir John Bell e Sir David King, due eminenti scienziati del Regno Unito, avvertono che potrebbe diffondersi un’altra pandemia da Covid generata da una variante indiana. Bell e King, così come molti altri scienziati del Regno Unito, hanno criticato alcune misure del governo relative alla sanità, tra cui lo smantellamento della struttura pubblica che aveva contrastato la pandemia da Covid 19 e il fatto che la ricerca sia diventata una parola obsoleta nei programmi governativi.
Davanti a questo scenario, avvertono gli esperti, la Gran Bretagna non sarebbe pronta ad affrontare una nuova emergenza sanitaria. E, leggendo una simile notizia, vien da chiedersi: e in Italia?
La nuova variante Arcturus, come hanno dichiarato al The Independent i virologi, già registra 10.000 nuovi casi di Covid al giorno in India e si palesa molto aggressiva.
L’India, di fronte a quella che può diventare presto la nuova emergenza, ha ripreso a produrre i vaccini.
Identificata a gennaio scorso, Arcturus si sta diffondendo in 22 paesi tra cui Regno Unito e gli Stati Uniti e presto potrebbe diventare il ceppo dominante in Gran Bretagna e in Europa.
Bell, che fu membro della task force britannica per il vaccino Covid durante la pandemia, ha dichiarato a The Indipendent che è solo una questione di tempo prima che la variante colpirà il Regno Unito e non di se.
Il paese, afferma, deve continuare ad essere attivo sul piano della previsione attraverso la ricerca e dotarsi di un sistema sanitario sempre pronto perché una nuova crisi sanitaria sarebbe devastante.
Teresa Lambe, tra i ricercatori principali che guidano il programma Oxford-AstraZeneca, ha affermato al The Independent come il Regno Unito abbia imparato poco dal suo recente passato e che smantellare il sistema di monitoraggio dell’infezione, compresa l’indagine “gold standard” Covid, mette a rischio ogni cittadino del paese.
Molti esperti del settore hanno sottolineato come la non utilizzazione dei laboratori di test Covid e la volontà di mettere in vendita, prima ancora della sua apertura, il laboratorio di produzione e ricerca sui vaccini del Regno Unito, il UK Vaccine Manufacturing and Innovation Centre, siano il segnale preciso del rompere le righe. Se poi a queste decisioni si aggiunge l’attuale rischio di collasso delle strutture sanitarie, eredità del recente passato, con liste di attesa di oltre un anno, con i pronto soccorso sotto continua pressione, con un numero insufficiente di ambulanze, si capiscono i timori e gli appelli degli scienziati.
L’ex consulente scientifico capo del governo, Sir David King, che in una sua ricerca del 2006 aveva previsto la pandemia di Covid, dice che è molto probabile una nuova epidemia di virus della stessa portata nei prossimi 15 anni. Afferma, inoltre, che le politiche sanitarie in atto, caratterizzate dal disinvestimento costante, fanno temere che di fronte ad un nuovo scenario pandemico la situazione in Gran Bretagna potrebbe sfuggire al controllo con le conseguenze inevitabili di caos e tensioni.
Il professor Peter Horby, responsabile dell’innovativo studio di recupero Covid e capo del Pandemic Sciences Institute, ha sottolineato come durante il Covid il governo abbia sostenuto la ricerca scientifica e messo in atto buone strategie di contenimento e di lotta al virus. Oggi invece, dice, si vuole voltare pagina come se nulla fosse accaduto.
Si assiste ad una generale riduzione di fondi, quando non l’interruzione completa, per la ricerca sia teorica che pratica, come ad esempio per l’indagine dell’ONS, per il Consorzio Geonomico Covid, per la sperimentazione Recovery. I ricercatori possono richiedere aiuto solo ai fondi filantropici.