
Marco Guida: "Io napoletano a Napoli non arbitrerò più. Temo per la mia famiglia". Ma perché, si poteva? (foto Ansa-Blitzquotidiano)
Vanno ascoltate con attenzione e rispetto le parole di Marco Guida, arbitro di statura internazionale, posato e intelligente. Dai microfoni di Radio Crc ha commentato, sconsolato, l’ennessimo vigliacco agguato a un giovanissimo arbitro, Diego, 19 anni, aggredito in un campetto di provincia in Sicilia a calci e pugni dai tifosi di casa inferociti.
La vigliacca aggressione al giovane arbitro Diego
Gli hanno spaccato la bandierina del calcio d’angolo in testa. Barbarie pura. Quello di Guida è un grido di dolore che non può lasciare indifferente anche chi – per pigrizia emotiva, per conformismo – è abituato ad insultare l’arbitro anche dalla poltrona di casa sua.
L’intervista, tuttavia, ha invaso le agenzie e fatto rumore non solo sui social, perché lo stesso Guida ha dichiarato, a proposito dell’eliminazione dei limiti territoriali per gli arbitri, che insieme al suo collega Maresca, ha deciso comunque che loro, napoletani, a Napoli non arbitreranno mai più. Troppo rischioso, troppa la paura che un fischio non all’altezza della sua reputazione metta in pericolo lui e la sua famiglia.

“Ho tre figli e mia moglie ha un’attività”
“Tengo ad essere trasparente sulla questione. Non c’è nessun retropensiero, il nostro designatore arbitrale Gianluca Rocchi può scegliere il miglior arbitro per la miglior partita – dice il direttore di gar della sezione di Torre Annunziata -. Noi siamo persone per bene. Io e Fabio Maresca possiamo arbitrare tranquillamente a Napoli, ma abbiamo deciso di non farlo poiché il calcio viene vissuto in maniera diversa da altre città come Milano. Non ci sono linee territoriali, ma abbiamo fatto solo quello che riteniamo fosse più opportuno”.
“Io vivo la città di Napoli e abito in provincia. Ho tre figli e mia moglie ha un’attività – spiega -. È una scelta personale. La mattina devo andare a prendere i miei figli e voglio stare tranquillo. Il calcio da noi viene vissuto come molta emotività”.
Aboliti i limiti territoriali per gli arbitri
Ineccepibile, non si può che condividere, questa è la nostra società, queste le assurde regole di ingaggio in un clima più adatto a un teatro di guerra che a una partita di pallone. Solo, sia lecito un appunto: ma perché l’associazione degli arbitri ha tolto quel vincolo territoriale? Un arbitro non arbitra la squadra della sua città, sembrava pacifico e sensato.
È vero che in Italia gli sportivi che seguono il calcio esibiscono la mancanza di sportività come vessillo di appartenenza e mettiamoci pure (sostiene Guida) che “media e i giornali rappresentano l’arbitro come la figura del nemico da insultare a prescindere”. Ma allora perché fornire a questi pseudo tifosi ulteriori pretesti alla loro violenza?