Mondiali, Minà: “America Latina vive un nuovo Rinascimento non solo calcistico, Europa arrogante”

Gianni Minà analizza “politicamente” l’affermazione corale delle cinque squadre latinoamericane ai Mondiali in Sudafrica, Argentina, Brasile, Uruguay, Paraguay e Cile: “L’America Latina vive un nuovo Rinascimento, nutre grandi speranze e ritrova il proprio orgoglio non solo calcistico; l’Europa è invece ripiegata su se stessa, arrogante e chiusa nel suo provincialismo alle prese con una svolta quasi reazionaria”.

Minà, oltre ad aver seguito otto mondiali e sette olimpiadi per la Rai ed ad essere stato direttore di Tuttosport, è un profondo conoscitore dell’America Latina: resta memorabile l’intervista di 16 ore fatta nel 1987 al presidente cubano Fidel Castro in un documentario diventato storico e dal quale è stato tratto un libro pubblicato in tutto il mondo. Dallo stesso incontro è stato tratto il reportage “Fidel racconta il Che”.

Vanta anche un rapporto personale con Diego Maradona e Minà parte proprio dal Pibe per offrire la propria interpretazione del successo delle nazionali latinoamericane nella fase a gironi: “Maradona ancora una volta ha frantumato pregiudizi e preconcetti sulla sua persona. E’ un grande motivatore e trova la strada giusta per arrivare al cuore dei suoi giocatori. E’ vero, sono tutti straordinari ma la qualità di Diego è quella di saper rappresentare ognuno di loro e, come faceva al Napoli, riesce a risolvere grane e problemi”.

Minà naturalmente non vede alcuna sorpresa nel progresso dell’Argentina di Leo Messi e zeppa di fuoriclasse ma sottolinea il carisma di Maradona anche da commissario tecnico. Dunga, allenatore del Brasile – secondo Minà – assomiglia a Diego: “Entrambi sanno come motivare le loro squadra, solo che Maradona è più tenero e romantico, mentre Dunga più autoritario e rigido. Andrebbe bene come insegnante nelle scuole dei nostri figli. Non è stato un grande giocatore. Me lo ricordo nella fase finale della sua carriera nel Pescara di Giovanni Galeone. Mi piace molto di più come tecnico”.

In definitiva, da meticoloso osservatore di queste squadre e di queste nazioni, Minà non è sorpreso dalle prestigiose perfomance mostrate fino a questo momento: “L’Uruguay storicamente è patria di indimenticabili campioni. Vinse due titoli mondiali e nel 1950 scrisse una grande pagina di calcio battendo il Brasile in casa con un’ottima formazione dove spiccavano il capitano Varela, la punta Ghiggia e soprattutto il regista Schiaffino”.

Una forza che potrebbe sprigionarsi ora in Sudafrica: il giornalista cita la stella dell’Atletico Madrid Diego Forlan, esalta la personalità di Luis Alberto Suarez ed elogia i gioielli del Palermo, Abel Hernandez e Edinson Cavani, detto El Matador.

Nessuna meraviglia neanche per il Paraguay. “Ha una difesa fortissima – spiega Minà – e i suoi migliori giocatori militano in squadre europee. Guardiamo ai suoi attaccanti: Roque Santa Cruz che viene dal Manchester United, Barrios dal Borussia Dortmund e Cardozo dal Benfica”.

Il giornalista esulta per la limpida affermazione del Cile che, come nel caso delle sorelle latinoamericane, ha tutti i numeri per imporsi: “E’ una squadra giovane, sbarazzina ma autorevole. Ha calciatori estrosi e di temperamento come Sanchez, Suazo e Hernandez”. E – secondo Minà – l’Italia può imparare qualcosa dalla scuola latinoamericana? “Marcello Lippi è campione del mondo e non ha nulla da invidiare a nessuno. Tuttavia, ha un pregiudizio verso i giocatori di temperamento. E, personalmente, in una squadra senza fantasia, Antonio Cassano e Mario Balotelli avrebbero potuto fare la differenza”.

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