Cesare Lanza, giornalista, autore tv e regista, analizza le prospettive del Festival di Sanremo e della Rai dopo il terremoto dell’edizione 2012, terremoto causato dalla presenza di Adriano Celentano e non solo:
Lo sconquasso provocato da Celentano al Festival di Sanremo ha un merito: attirare l’attenzione dell’opinione pubblica più sensibile ai grandi problemi del nostro Paese che le cose alla Rai non possono continuare così.
Ma cambierà qualcosa? Succederà qualcosa? Di fronte a queste aspettative torna in mente, sempre, il Gattopardo. Cambiare qualcosa affinché nulla cambi. Azzardiamo un’analisi e qualche previsione.
MONTI. Era partito in quarta, sembrava che volesse prendere decisioni drastiche. Non gli è stato possibile. La politica dei partiti, Gasparri in primis, e altri addetti ai lavori gli hanno ricordato che la Rai è una faccenda del Parlamento, non del Governo. E Monti ha rallentato. Avrebbe potuto andare avanti, questo era anche – tra i tanti – il nostro auspicio. Monti avrebbe potuto invitare il rappresentante nel cda Rai del governo, designato dal Tesoro, ad aprire la crisi. Avrebbe potuto emettere un decreto e procedere, quanto meno, a una mezza rivoluzione. Ma…
DOPPIO STALLO. Come succede spesso in Italia – che ha un dna forse irrimediabilmente machiavellico e doroteo, incline al compromesso – nel caso Rai si è delineata un palude. Da una parte, si intravede il ragionevole timore del premier che il decreto potesse essere bocciato in Parlamento (sicuramente più attento alla Rai che non alle liberalizzazioni e a qualsiasi altro problema…), con ripercussioni pesanti o micidiali sul suo governo. Dall’altra, anche i partiti, messi ai margini dal governo “tecnico” e obbligati a starsene a cuccia nel nome della salvezza dell’Italia, preferirebbero evitare uno scontro totale con Monti, di fronte a una opinione pubblica scandalizzata da ciò che è avvenuto a Sanremo.
COME FINIRÀ? Probabilmente, in un compromesso. Per fortuna di tutti, il cda è in scadenza, a marzo. E al momento della scadenza – non ci giureremmo, in un Paese schizofrenico come il nostro, ma è assai probabile – si troverà un accordo tra tecnici e partiti: colloqui ufficiali e riservati sono in corso. Si ridurrà il numero dei consiglieri, si troveranno “tecnici” graditi o accettati anche dai partiti, si cercherà di allentare la pressione della politica su chi governa la Rai. Può darsi che al direttore generale, o un amministratore delegato, vengano affidati poteri più ampi; può darsi che tutto finisca in un nuovo pastrocchio: stile Gattopardo, salsa dorotea.
E AL TIMONE? Come sempre a noi italiani, gossipari inguaribili, piace più parlare di “chi” ci sarà anzichè di “cosa” si dovrebbe fare. E prima di parlare di “cosa” fare parliamo anche noi di chi sarà incaricato di prendere il timone di viale Mazzini.
LORENZA LEI. È riuscita a non farsi coinvolgere nel caos provocato da Celentano, si è mossa con abilità e scaltrezza. Ha importanti carte da giocare. La più importante, sul piano “tecnico” (parola troppo abusata, prima o poi diventerà una parolaccia, adesso è già una gag) e sul piano economico e finanziario, potrebbe essere decisiva: ha riportato i bilanci della Rai in pareggio. Per Monti, e anche per il Parlamento, non è un risultato da sottovalutare. Quando ha assunto la direzione generale, nove mesi fa, la Rai era in condizioni disastrose, in pre-coma. C’erano difficoltà perfino per pagare gli stipendi! Lorenza non ha pensato ad altro che a normalizzare la gestione, a tagliare, a potare le situazioni scomode, a raddrizzare i conti. Non solo. Il caso Santoro è stato polverizzato, il caso Dandini è stato ridicolizzato, altri spigoli sono stati limati. E lei – Lei – non si è neanche esposta più di tanto. Si è infischiata di tutto il resto, della cosiddetta “immagine” (un’altra parolaccia?), perfino delle chiacchiere sulla sua vita, degli insulti e delle ironie e degli attacchi pesanti. A Sanremo ha rischiato parecchio, perchè era nel mirino di tutti: si è beccata qualche uppercut anche lei. Però è riuscita a mettere la museruola a Celentano, senza censurarlo, ha assistito festosamente che Sanremo inghiottisse Mazzi e Mazza, nonché gli agenti e i faccendieri, senza far loro in prima persona il mazzo; è riuscita a salvare il tessuto d’acciaio che la sostiene, dal governo a vari politici e, di certo, last but not least, al Vaticano. Infine, conosce perfettamente l’azienda e tutti coloro che la occupano, con merito o senza meriti: dai piani alti alle cantine, dai corridoi agli sgabuzzini. In ogni caso, per qualità e ambizioni e capacità di rotta, la Lei avrà incarichi importanti: alla Rai o altrove.
GIANCARLO LEONE. Vicedirettore generale, esce rafforzato dalla tempesta di Sanremo: ha detto poche cose, equilibrate, secondo la lunga esperienza e il dna. Sia se la Lei resta, sia se dovesse uscire, avrà un ruolo cruciale.
Dall’anno prossimo l’organizzazione del Festival passerà sotto le sue competenze. E Leone ha già fatto capire che cambierà aria. Non sarà semplice rinnovare gli ascolti degli ultimi anni, ma la dignità dell’Istituzione Rai sarà certamente recuperata.
FRANCO BERNABÈ. È molto verosimile che Bernabè abbia voglia di lasciare Telecom o che il premier Monti pensi anche a lui come possibile manager forte di una Rai ristrutturata secondo nuove regole. Difficile però che – se questo progetto è vero oltre che verosimile – Bernabè possa avere i sostegni necessari. Per ora, un nome di cui tener conto. Nei prossimi giorni, se ne vedranno di tutti i colori. Mezza Roma, la Roma che conta nella politica e nei palazzi del potere, ogni mattina si sveglia con un sentimento prioritario: cosa posso fare, oggi, per entrare nelle trame che investono il destino della Rai, cosa posso fare per avere una parte o una particina in commedia?
CLAUDIO CAPPON. Si dice che goda della stima di Corrado Passera, uomo forte del governo attuale e – secondo previsioni diffuse – del futuro politico italiano. Ma l’equazione “stimato=designato” non è semplice. Non è mai successo che un ex direttore generale della Rai venga ri-nominato. Per di più bilanci e gestione del Cappon che fu direttore in viale Mazzini non sono stati esaltanti e i suoi vari nemici se lo ricorderanno, per ostacolargli il cammino. Cappon è tuttora dipendente Rai.
ANTONIO VERRO. Amico (non solo) di Berlusconi, autorevole, determinato, pronto a mettere faccia e firma quando si tratta di esporre critiche anche scabrose, è un nome citato per ora a fior di labbra come un consigliere rinnovabile, ma anche come candidabile alla presidenza o a un ruolo operativo. Da ricordare che Verro, dovendo scegliere tra Parlamento e Rai, pochi giorni fa ha scelto la Rai: qualcosa vuol dire. È molto attaccato all’identità di una Rai da tutelare e salvare: come azienda pubblica e come istituzione culturale del Paese. È stato il primo a indignarsi per i misfatti di Sanremo.
Conclusione. Se Cossiga fosse in vita, forse avrebbe invidia per Celentano. Che dovrebbe essere assolto per non aver compreso il fatto. Infatti, senza capire nulla di ciò che stava dicendo e facendo, Celentano è stato un Picconatore straordinario: è riuscito perfino a portare con sè, nei flutti di Sanremo, personaggi che sembravano intoccabili: Giancarlo Mazzi e Mauro Mazza. Ora si tratta di vedere come cambiare la Rai e il Festival, che ne è il simbolo.
I commenti sono chiusi.