Cannes: Nanni Moretti presenta “Habemus Papam”. Celestino V e il gran rifiuto

Pubblicato il 14 Aprile 2011 - 19:31 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Nanni Moretti porta a Cannes il suo ultimo lavoro, Habemus Papam. Il film ripercorre la storia di Celestino V, molisano eletto al soglio pontificio il 5 luglio 1294 in tempi bui per la Chiesa, che rassegnò le dimissioni il successivo 13 dicembre non reputando più opportuno prestarsi alle pressioni di Carlo d’Angiò e dei faccendieri intenti ad approfittare della sua buona fede.

E’ uno dei rarissimi casi di papa dimissionario (ma per Benedetto IX, siamo nell’anno Mille, è più corretto parlare di rivendita della dignità pontificia), nella storia della Chiesa, che abdichi al suo ruolo. Catturato a Vieste nel giugno 1295 mentre tentava di raggiungere l’eremo di Sant’Onofrio, fu consegnato al nuovo Papa Bonifacio VIII e imprigionato nel castello di Fumone, dove rimase fino alla morte.

E Dante, nella sua Commedia, lo mise nell’Antinferno tra gli Ignavi. Sui motivi dell’elezione, della sua rinuncia e della sua detenzione gli storici hanno discusso a lungo, additando perlopiù Celestino come un santo e Bonifacio VIII in chiave tutta negativa. Teorie riviste però dagli storici.

In particolare, in occasione della terza visita di Benedetto XVI in Abruzzo nel luglio 2010, con sosta proprio presso la tomba di Celestino per consegnargli il ”pallio”, sull’Osservatore Romano Paolo Vian scrisse: ”Non è né l’ingenuo vegliardo catapultato in scenari troppo grandi per lui né l’intrepido riformatore impedito dall’apparato mondano di una Curia tutta terrena”.

”Celestino e Bonifacio VIII non sono in realtà araldi di Chiese diverse”. E’ quanto sostenne anche Paolo VI, primo papa moderno a rendere omaggio nel 1966 a Celestino V visitando il Castello di Fumone in Ciociaria e ”riabilitando” Bonifacio VIII.

”La lezione che dobbiamo ricavare – scrisse all’epoca l’allora direttore dell’Osservatore Romano in un articolo ripubblicato oggi sulla prima pagina del giornale vaticano – e’ la comprensione dei nostri obblighi di lealtà verso la Gerarchia” ecclesiastica, concepire la Chiesa come ”un solo ovile e un solo pastore”, ”l’invito alla unione laddove aspra visse la disunione”.