Coronavirus. Stazioni, aeroporti, strade: controlli di polizia. Messe e funerali non si fanno

di redazione Blitz
Pubblicato il 9 Marzo 2020 - 10:11 OLTRE 6 MESI FA
Coronavirus. Stazioni, aeroporti, strade: controlli di polizia. Messe e funerali non si fanno

Coronavirus. Stazioni, aeroporti, strade: controlli di polizia. Messe e funerali non si fanno (Foto Ansa)

ROMA   –  Non solo scuole e università chiuse, ma anche cinema, teatri, musei, discoteche, pub, palestre, piscine e anche semplici bar e ristoranti dopo le 18. Vietate le messe, i funerali e i matrimoni. E per chi si muove oltre il confine tracciato dal decreto del premier Conte intorno alla Lombardia e a 14 province di Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna ci sono controlli di polizia, come anche in stazioni e aeroporti, onde evitare la grande e folle fuga che si è avuta sabato sera. 

All’interno della zona di sicurezza e da e verso l’esterno potranno muoversi le merci, ma non le persone, se non per motivi improrogabili. Il governo “raccomanda” poi agli anziani di restare a casa, ai datori di lavoro di promuovere lo smart working oppure congedi e ferie, e a tutti i cittadini di limitare gli spostamenti. Chi è in quarantena ha il divieto “assoluto” di uscire: chi lo viola rischia il carcere.

Nella zona arancione, ovvero la Lombardia e le province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia, non si blocca tutto, ma quasi: restano aperti gli uffici pubblici e continuano a circolare le merci, ma si crea distanza tra le persone per limitare la diffusione del virus. E’ questa la logica dietro le norme del nuovo decreto del presidente del Consiglio.

I cittadini delle aree “arancioni” possono far rientro nelle loro case, ma per il resto possono muoversi solo per “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità o spostamenti per motivi di salute”: se sottoposti a controllo, devono autocertificare l’esigenza di uno di questi criteri.

Gli abitanti di quelle province che sono in vacanza possono tornare a casa e sono invitati a farlo. Possono continuare a muoversi i lavoratori trasnfrontalieri. Mentre fioccano le ordinanze delle altre regioni per ampliare la stretta, il governo annuncia una ordinanza di protezione civile per uniformare le norme. E per ora non c’è un obbligo di comunicare se si viene dall’area “arancione” ma solo se si viene da un’area di contagio all’estero: in quel caso si può essere posti in quarantena e sorvegliati dall’Asl che è tenuta a verificare se il viaggiatore sviluppa il virus.

Nell’area “arancione” sono chiusi gli impianti sciistici e sospesi tutti gli eventi pubblici o privati: chiusi cinema, teatri, pub, scuole da ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche, balere. Bar e ristoranti possono aprire solo dalle 6 alle 18 e in tutto il Paese bar e negozi devono comunque garantire, pena sospensione dell’attività, la distanza tra i clienti di almeno un metro.

Nelle province del contagio serrande abbassate nel weekend anche per i centri commerciali: uniche eccezioni per farmacie, parafarmacie e alimentari. Chiuse nelle regioni del contagio anche le palestre, i centri sportivi, le piscine, i centri termali, le spa, i centri ricreativi. E’ permesso lo sport a livello professionistico ma solo a porte chiuse.

Chiuse fino al 3 aprile tutte le scuole e le università, che nel resto d’Italia per ora sono ferme fino al 15 marzo (ma non sono escluse proroghe): stop alle gite di istruzione. In tutto il Paese si fermano, oltre ai cinema, musei e siti archeologici. Nell’area “arancione” sospesi gli esami per la patente e tutti i concorsi, tranne quelli per medici e infermieri, da svolgere preferibilmente a distanza. Per il personale sanitario sono anche sospesi i congedi e i congressi.

Niente cerimonie civili e religiose: stop a matrimoni e funerali, si può andare in chiesa solo se è garantita la distanza di un metro tra le persone.

Sono i prefetti a vigilare sull’attuazione del dpcm, avvalendosi anche di forze di polizia ed esercito: chi trasgredisce può essere punito con l’arresto fino a 3 mesi e fino a 206 euro di ammenda. Chi viola la quarantena rischia il carcere per delitto contro la salute pubblica. 

Ma è sulla “auto responsabilità” che il governo intende far leva. Perciò in tutta Italia chiunque abbia sintomi da infezione respiratoria e febbre maggiore di 37,5 gradi centigradi, è “fortemente raccomandato” di restare a casa e contattare il proprio medico. Il divieto di muoversi è “assoluto” per chi sia stato messo in quarantena o sia positivo al virus. Limiti vengono confermati per l’accesso di parenti e visitatori alle strutture ospedaliere. Nelle carceri i colloqui vengono limitati i colloqui di persona e viene posto in isolamento chi presenti sintomi di coronavirus. (Fonte: Ansa)