Iraq. Neonati malformati per armi chimiche a Fallujah

Pubblicato il 5 Marzo 2010 - 18:29 OLTRE 6 MESI FA

Un bimbo ferito da una bomba in ospedale a Fallujah

Sei anni dopo i combattimenti infuocati tra l’esercito statunitense e i sunniti insorti nella zona, a Fallujah continuano ad aumentare i casi di neonati venuti alla luce con tumori e malformazioni. A denunciarlo è l’emittente radiotelevisiva inglese Bbc, in un articolo pubblicato sul sito dal reporter John Simpson.

Nonostante il governo iracheno cerchi di minimizzare, parlando di uno o due casi in più all’anno rispetto alla media nazionale, il pediatra Samira al-Ani del Fallujah General Hospital (costruito, ironia della sorte, grazie agli aiuti americani) parla di almeno due o tre casi al giorno. Bambini nati con gravi malformazioni, soprattutto cardiache, a quanto riferisce il medico, che si rifiuta spaventato di ipotizzarne le cause.

Ufficialmente, infatti, non esiste alcun rapporto che documenti l’incremento del fenomeno, anche perché – come alcune fonti anonime rivelano al giornalista – le autorità irachene stanno facendo di tutto per evitare di imbarazzare gli americani richiamando l’attenzione sul tema.

Ma è impossibile come visitatori – afferma il cronista – non rimanere impressionati dallo spaventoso numero di malformazioni nei neonati della zona. Bambini venuti alla luce con tre teste, con un solo braccio oppure completamente paralizzati.

La ricercatrice irachena Malik Hamdan, che vive in Gran Bretagna, ha confermato alla Bbc il «numero senza precedenti» di difetti cardiaci e al sistema nervoso con cui i dottori di Fallujah stanno avendo a che fare. Secondo la Hamdan, nel gennaio scorso il tasso di malformazioni congenite al cuore sarebbe stato di 95 ogni mille nascite: ben tredici volte quello europeo. «Ho visto personalmente immagini di bambini nati con un occhio solo nel mezzo della nuca o con il naso dietro» ha aggiunto la ricercatrice.

L’area più colpita dalle malformazioni è quella del quartiere di al-Julan, vicino al fiume: il cuore della resistenza del 2004, che in occasione di due pesanti attacchi nell’aprile e nel settembre di quell’anno venne costantemente bombardata. A scatenare la feroce offensiva americana fu l’uccisione da parte dei sunniti di quattro contractor, che furono poi appesi come un macabro trofeo a un ponte di Fallujah.

La battaglia andò avanti per diverse settimane e gli americani furono più volte accusati di aver utilizzato gas velenosi e armi chimiche, sia al fosforo bianco che proiettili perforanti all’uranio impoverito. Il Pentagono smentì le notizie, ammettendo tuttavia di aver utilizzato delle bombe incendiarie simili al napalm e dei proiettili al fosforo bianco, ma solo a scopo di illuminazione.

Gli Stati Uniti, inoltre, negarono (e negano tutt’oggi), dati alla mano, qualsiasi nesso causa-effetto tra l’uso di quelle armi e gli effetti documentati sulla popolazione. «Nessuno studio finora ha dimostrato che quei bombardamenti abbiano avuto conseguenze sull’ambiente e sulla salute» ha detto Michael Kilpatrick, direttore del Usmhsc (US Military Health System Communications).

Il fosforo bianco, insomma, non avrebbe prodotto, secondo loro, concentrazioni o livelli di radiazione superiori a quelli naturali o ai limiti previsti dalle normative sanitarie.

Ma il giornalista della Bbc ha invece rilevato come il tasso di inquinamento del fiume che alimenta l’acquedotto di Fallujah sia estremamente elevato. Inquinamento da fosforo, si intende, con tassi almeno cinque volte più elevati della media.

Allo stesso tempo, Simpson ha ricordato come la bonifica dei proiettili inesplosi non sia stata completata in tutta la zona. E i bossoli, esposti alle intemperie e ai fattori atmosferici, avrebbero rilasciato nell’aria particelle estremamente inquinanti. Nella stessa area, inoltre, il tasso di radioattività sarebbe più alto della norma, segno evidente dell’uso di proiettili all’uranio impoverito nei combattimenti.

Nel frattempo, un gruppo di funzionari governativi ed attivisti per i diritti umani iracheni e britannici, che include tra gli altri l’ex ministro per gli affari femminili iracheno Nawal Majeed al-Sammarai, ha firmato una petizione indirizzata all’Assemblea generale dell’Onu, per chiedere che una commissione indipendente faccia luce sulla vicenda di Falluja ed individui, in tempi rapidi, eventuali misure da prendere.