Thailandia, morto il fotografo Polenghi: una carriera tra reportage e moda

Pubblicato il 19 Maggio 2010 - 09:44 OLTRE 6 MESI FA

Ventinove anni di lavoro a raccontare con le immagini gli eventi in almeno 70 Paesi del mondo. Fabio Polenghi, 45 anni, ha scattato la sua ultima foto a Bangkok. E’ stato colpito al cuore e all’addome ed è morto, durante gli scontri tra le camicie rosse e la polizia thailandese.

Secondo quello che racconta un ex collega, “Fabio era uno che trovavi in ogni luogo ci fosse qualcosa da documentare . A Milano “non si vedeva più come prima”. “Io l’ho incontrato in Afghanistan e al G8 – ricorda l’amico – ma non c’era bisogno di chiedersi se Fabio si sarebbe trovato o meno in un certo luogo. Se accadeva qualcosa, lui era di quelli che si sa che si troveranno, prima o poi saltava fuori”.

Viveva a Milano ma si trovava nel sud est asiatico da circa tre mesi. Ultimamente, secondo alcuni conoscenti, faceva spesso base a Delhi. Lavorava dal 2004 come free lance, ed era molto conosciuto tra i suoi colleghi. Ma aveva lavorato per importanti agenzie e testate, prime fra tutte Grazia Neri (dalla quale si era staccato prima del fallimento), Vanity Fair, Vogue, Marie Claire, Elle e altre. Ha esposto alla Cité des Sciences et de l’Industrie ed alla Expo del libro di Parigi.

“Realizzo servizi fotografici nei settori del reportage, ritratto, moda e pubblicitario”, dice di se stesso in un blog, definendosi “occasionalmente Regista, con varie realizzazioni all’attivo, la più significativa tra le quali un documentario di 52′ Linea Cubana che racconta di un padre, campione olimpico di pugilato e di suo figlio, campione nazionale nella stessa disciplina, realizzato a Cuba…”.

“No, non ho parole. Anche Fabio. E’ terribile, un altro che se ne va”. Sono le prime parole di Grazia Neri. “Ognuna di queste notizie mi prende il cuore. Ho in mente il suo viso. Proprio ieri ero a World press photo e commentavo con i colleghi come i fotografi siano sempre più vicino al pericolo, sempre più dentro…”.

Secondo un elenco pubblicato sul sito di Reporters sans frontieres, Polenghi è il dodicesimo professionista dell’informazione morto sul campo in questa prima metà del 2010. L’elenco delle vittime parte da Valentín Valdés Espinosa, morto l’8 gennaio in Messico, che lavorava per Zócalo de Saltillo. Il 9 gennaio è stato ucciso in Afghanistan Rupert Hamer del Sunday Mirror.

Il 13 febbraio è stato colpito in Yemen Mohammed Shùi Al-Rabù del journal Al-Qahira. Il 17 febbraio, in Pakistan, è morto Ashiq Ali Mangi della Mehran TV. Il 19 marzo, in Colombia, è stato ucciso Clodomiro Castilla Ospina, che lavorava per El Pulso del Tiempo e La Voz de Montería. Il 14 Marzo, in Honduras, è stata la volta di Nahúm Palacios, giornalista della tv de Aguán, Canal 5. Il 10 aprile in Thailandia, è toccata al giapponese Hiroyuki Muramoto che lavorava per la Reuters. Il 16 aprile è morto in Pakistan Malik Arif della Samaa TV.

Il giorno successivo, 17 aprile, è toccato, sempre in Pakistan al collega Azmat Ali Bangash ancora della Samaa TV. Il 4 maggio è morto invece in Iraq Sardasht Osman, di Ashtiname, sbeiy.com, awene.com, hawlati.info et lvinpress.com. E sempre lo stesso giorno, in Somalia, è rimasto ucciso Sheik Nur Mohamed Abkey, di Radio Mogadiscio. Sempre secondo Rsf, sono attualmente 163 i giornalisti imprigionati nel mondo, 9 i collaboratori. Nel 2009 i giornalisti uccisi, sono stati 76 – il 26% in più del 2008 – 33 i rapiti, 573 quelli arrestati.