Quel che Fini dovrebbe dire a Berlusconi: Dimissioni sì, ma per tutti

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 10 Agosto 2010 - 12:16| Aggiornato il 21 Ottobre 2010 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi vs Fini

Il presidente Fini deve rispondere alle domande del Giornale? Si esattamente come Berlusconi avrebbe dovuto rispondere alle domande di Repubblica, chiunque occupi una carica istituzionale non può rifiutarsi di dare spiegazioni alla pubblica opinione su questioni simili.

Ha fatto bene il Giornale a pubblicare il dossier contro Fini? Un giornale non ha solo il diritto, ma anche il dovere di pubblicare tutte le notizie che rivestano il requisito dell’interesse pubblico e quelle pubblicate avevano ed hanno tale requisito. Dunque sbagliano Fini e i suoi avvocati difensori a manifestare indignazione per quanto sta accadendo?

Non del tutto, vediamo perchè.

Le notizie vanno date tutte, sempre e comunque, ma come mai il dossier Montecarlo è uscito esattamente quando si è consumato il divorzio politico dall’editore del Giornale? Sensazionale colpo giornalistico o materiale messo in frigorifero in altri tempi e scongelato al momento buono? Nel primo caso saremmo in presenza di uno scoop, per usare una espressione gergale, nel secondo caso saremmo invece più vicini alle attività dei servizi, intesi in senso lato.

Del resto come dimenticare i precedenti. Non ci riferiamo solo e soltanto al caso Boffo, esploso mentre infuriava la polemicatra il governo e la chiesa sulla questione immigrazione, ma anche alla misteriosa vicenda Marrazzo.

Come mai i nastri finirono nelle mani del presidente Berlusconi? Perché gli furono recapitati da un direttore di un suo settimanale? Perchè mai non li consegnò agli inquirenti?

Allo stesso modo chi mise le mani sui nastri delle telefonate tra Fassino e Consorte? Come arrivarono nelle mani dei soliti noti? Da quelle scrivanie chi li passò ai giornali di famiglia?

Per quale ragione, dopo ogni dossier, il presidente Berlusconi finge indignazione, dolore e arriva persino a dichiarare: “Il giornale sta diventando un bel problema per me.., quasi a volere scansare l’ovvio sospetto che il problema non sia il direttore Feltri, ma Berlusconi medesimo.

Sarà appena il caso di notare che, nel caso di Fini, il presidente del Consiglio ha avuto almeno il buon gusto di tacere e di non fingere né sorpresa,né indignazione.

Potremmo continuare con un lungo elenco, magari rammentando il massaggio mediatico riservato al giudice Mesiano, colpevole di aver scritto la sentenza sullo scippo della Mondadori ai danni del gruppo Repubblica Espresso.

Tutti questi precedenti indicano che siamo in presenza di qualcosa di anormale, di gravemente malato, che ha poco a che vedere con il diritto di cronaca.

La sistematica aggressione degli oppositori attraverso la tenaglia potere politico, affari, conflitti di interesse, servizi deviati, rappresenta una alterazione del sistema democratico, una moderna forma di intimidazione che sostituisce alla violenza fisica il pestaggio mediatico e la promessa di riservare una bella lezione a chiunque non accetti di sottomettersi al comando. Tale lezione diventa ancora più spietata nei confronti di Fini, perché ha assunto le sembianze del traditore, ha osato alzare la voce e puntare il dito contro “colui che non deve chiedere mai..”, mettendone in discussione la virilità politica. Oltraggio peggiore non poteva essere consumato nei confronti del corpo del Capo.

Non vi è dubbio alcuno, dunque, che le notizie vadano sempre date e che quelle relative a Fini siano notizie rilevanti, ma modi, tempo, intensità, non hanno nulla a che vedere con la notizia.

Del resto l’onorevole Stracquadanio, un fedelissmo di Berlusconi, nei giorni precedenti aveva annunciato che a Fini sarebbe stato riservato lo stesso trattamento riservato a Boffo, con ciò stesso rivendicando quei dossier contro il direttore dell’Avvenire che tanto finto orrore avevano suscitato nel medesimo Berlusconi.

Fa bene, dunque, Fini a difendesi con le unghie e con i denti, anche perchè se dovesse regalare loro le sue dimissioni la campagna finirebbe, magari gli farebbero le scuse, ma lui sarebbe finito prima come uomo e poi come politico.

Volendo potrebbe avanzare una controproposta che ci permettiamo di suggerire: metta sul tavolo le sue dimissioni e proponga una sorta di scambio tra questo suo gesto, non dovuto, e le dimissioni di tutti quei componenti del governo e della maggioranza che sono stati condannati in primo, secondo e persino terzo grado, e magari pure quelli che si sono salvati solo grazie alla prescrizione, per non parlare di chi, a differenza di Fini, è già indagato per reati gravissimi quali l’associazione mafiosa, la partecipazione alla cricca, la divisione degli appalti, concussione e corruzione.

Nei loro confronti non servono neppure i dossier, hanno fatto tutto da soli, se li sono auto preparati con le loro azioni, proprio loro chiedono conto a Fini dei suoi comportamenti, anzi lo fanno con la rabbia di chi sente l’occasione buona per regolare i conti con chiunque voglia ancora impugnare la bandiera della legalità e della giustizia. “Tutti corrotti, dunque nessun corrotto”, secondo una antica massima che è sempre piaciuta au briganti di ogni epoca e di ogni colore.

Per queste ragioni, oltre “a rispettare il lavoro dei giudici e a non gridare al complotto delle toghe rosse..”, il presidente Fini farebbe bene a meditare il colpo a sorpresa e a tentare un contropiede politico che potrebbe stendere i suoi aggressori, quelli noti e quelli semi ignoti,ma facilmente riconoscibili.

La campagna di agosto non si è ancora conclusa e chi oggi si lecca i baffi e affila i coltelli, convinto di aver ritrovato la potenza degli anni giovanili, potrebbe presto, molto presto scoprire di aver sbagliato mossa e di aver scoperto una pentola che travolgerà gli apprendisti stregoni.