La sinistra, il Polo che non c’è

di Giuseppe Giulietti
Pubblicato il 20 Dicembre 2010 - 23:39 OLTRE 6 MESI FA

In natura i poli sono due, in Italia invece sono tre o meglio dovrebbero essere tre, perché di uno si sono perse le tracce. Il primo polo, che piaccia o no, è da tempo raccolto attorno a Berlusconi, ha appena vinto una difficile sfida parlamentare ed ora si appresta ad imbarcare un po’ di ex di tutto, ma alla fine si ripresenterà alle elezioni con il solito simbolo e con un solo capo, sempre più solo, ma comunque ancora in grado di dare battaglia.

Il terzo polo, anche se ammaccato, si è riunito con Rutelli, Casini, Fini, e ha deciso di rivolgersi all’Italia dei moderati e dei responsabili, la stessa alla quale si è rivolto il Cavaliere. Appaiono ricchi di buone intenzioni, ma presto, molto presto dovranno cominciare a confrontarsi e a scegliere su questioni assai delicate quali la laicità dello Stato, il rapporto con le gerarchie vaticane, l’immigrazione, la riforma elettorale. In quel momento cominceranno le difficoltà, forse perderanno qualcosa alla loro destra, ma prenderanno qualche pezzetto dal pd.

Resta il mistero, invece, del polo che non c’è e che forse non ci sarà mai: quello del centro sinistra e della sinistra politica e sociale, quella che esiste e si presenta alle elezioni in tutti gli altri i paese europei , sia pure con alterne fortune

A sinistra, tanto per cambiare, regna il caos. Qualcuno vorrebbe l’immediata alleanza con Di Pietro e Vendola, altri vorrebbero aspettare le mosse di Casini, altri ancora non vedono l’ora di celebrare il funerale delle primarie. Eppure non sarà possibile rinviare nel tempo la costruzione di una alleanza politica e sociale che metta assieme quanti ritengono indispensabile coniugare il tema dei diritti e delle libertà con la questione sociale, con la povertà crescente, con il futuro di quello che resta dello Stato sociale.

Non si tratta, sarebbe una colossale sciocchezza, di rimettere insieme un vecchio album di famiglia, ma di definire un metodo e un progetto che sappia coinvolgere quella maggioranza di esclusi  e di escludendi che stanno caratterizzando l’attuale fase storica in Europa e in Italia.

Non si tratta più e solo delle vecchie figure sociali di riferimento, ma di una moltitudine che si sente messa ai margini dai processi di concentrazione e di esclusione sociale, una moltitudine che in assenza di proposte “da sinistra”, si sente più attratta e protetta dagli slogan sulla sicurezza, sullo Stato di polizia, sulla caccia al barbaro che insidia la nostra ricchezza; in questo schema la domanda di protezione individuale prevale sulla richiesta di sicurezza collettiva e di solidarietà sociale. I processi democratici, in questo contesto, diventano quasi un lusso che gli stati occidentali non dovrebbero più permettersi, pena la decadenza e la perdita di identità.

Le risposte a queste domande possono essere di segno diverso, di tipo moderato o radicale, ma la sinistra non può delegarle ad altri soggetti, non può rinunciare ad interpretare una domanda che altrimenti rischia di essere intercettata alla demagogia, da populismo autoritario, dai movimenti che tentano di sostituire il bisogno di tutela sociale con la xenofobia, il razzismo, le piccole patrie padane.

Il polo che non c’è, oltre a litigare su Casini e sulle primarie, farebbe bene a ripartire da qui, dai numeri della crisi sociale, dalle cifre dell’impoverimento, dall’allargamento della forbice delle opportunità, dalla crescente disuguaglianza, dallo svuotamento della carta costituzionale nei principi relativi alla divisione dei poteri, alla legalità, alla dignità delle persone.

Non si tratta di mettere attorno al tavolo Bersani, Di Pietro e Vendola, ma anche di riconvocare tutte quelle professionalità, quelle competenze, quei movimenti, quelle associazioni, quelle persone che non si sono mai arrese allo spirito dei tempi.

Solo con loro non si vinceranno mai le elezioni, mi ricorda spesso un vecchio amico, ed ha un milione di ragioni per farlo, ma è vero anche il contrario e cioè che senza di loro la sconfitta sarà certissima.

Se e quando nascerà il secondo polo, sarà possibile persino allearsi con il terzo polo, proprio perché saranno soggetti politici distinti, ma uniti dalla comune convinzione che si possa e si debba andare oltre il berlusconismo e voltare pagina, possibilmente nella chiarezza dei progetti e delle carte di identità e di valori di ciascuno dei contraenti il patto.

Per raggiungere questo obiettivo, forse saranno necessari altri passaggi traumatici, e non è escluso, anche se tutti lo negano, che nei prossimi giorni i cosiddetti poli subiranno altre scissioni, altri passaggi interni, altri tradimenti individuali e di gruppo.

Non sarà un grande ed edificante spettacolo, ma sarà un passaggio inevitabile sulla strada della scomposizione e ricomposizione degli schieramenti e delle singole forze politiche.

Prima accadrà e meglio sarà!