Calcio Serie A. Juventus campione di inverno, Inter, Lazio, Napoli damigelle

di Pino Nicotri
Pubblicato il 16 Dicembre 2012 - 23:30| Aggiornato il 17 Dicembre 2012 OLTRE 6 MESI FA

Il campionato di calcio di Serie A, dopo 17 giornate, ha questa faccia.

In appena mezz’ora la Juventus cannibale si libera della Atalanta. Tre gol (Vucinic, Pirlo e Marchisio) liquidano la pratica bergamasca. Ritrovato in panca il ringhiante capataz Antonio Conte, la capolista procede col piglio della prima della classe. Con appena due gare al giro di boa, la Juventus è già campione d’inverno. Chapeau! Giampiero Boniperti, storica icona bianconera, aveva ironizzato sulle rivali, riducendole al ruolo di damigelle. “Se la vedano tra di loro”, aveva annotato beffardo, consegnandole alla dimensione delle predestinate a contendersi il secondo posto.

Game over per lo scudetto prima ancora di virare la boa del girone di andata? A giudicare dalle rispettive cifre di gioco, la risposta è sì. Lo scudetto è lontano nel tempo ma vicino per quanto obiettivamente suggerisce il campo. Se sul mercato di gennaio arrivasse Drogba dalla Cina, il ranking del campionato sarebbe definitivamente stabilito. Conte frena, non vuol sentir parlare di top player in arrivo. Giusta precauzione a tutela del gruppo attuale. Ma non si offenderebbe se alla fine arrivasse il prezioso cadeau.

Personalmente ritengo opinabile la necessità di rafforzare un reparto, l’attacco, che non soffre affatto di anemia, avendo segnato 36 gol in 17 partite. E comunque la Juve resterebbe la favoritissima anche se non muovesse foglia sul mercato. Giuseppe Marotta ha già prenotato Llorente per giugno, il presidente Andrea Agnelli ha preso l’impegno alla Obama: “Il meglio deve ancora venire”. Prosit.

Le contendenti si stanno annullando a vicenda. Battuta dalla Lazio, Inter perde terreno dalla Juve (-7). Il Napoli inciampa addirittura in un sgagliardissimo Bologna che sbanca il San Paolo (3-2 il finale per i rossoblù) con un finale di partita stratosferico. Chwe ammutolisce lo stadio. In due minuti la squadra di Pioli ribalta lo svantaggio con Kone (gol strepitoso, in semirovesciata volante) e subito in sequenza costringe il Napoli alla resa. La rete la segna Portanova che rientra dalla squalifica per il calcio scommesse.

Il passo falso costa al Napoli l’aggancio all’Inter al secondo posto, il Napoli resta terzo a 33 punti appaiato alla Lazio, a sette lunghezze dalla capolista. Partita rocambolesca e nella ripresa appassionante. Vantaggio del Bologna in apertura con Gabbiadini, L’arbitro Valeri – tratto in inganno dall’assistente De Luca – lo grazia annullando per un fuorigioco inesistente il raddoppio di Gilardino.

Gamberini, un ex, riacchiappa il pareggio in avvio di ripresa. Mazzarri nel frattempo ha inserito una punta, Pandev, accanto a Cavani e Insigne e la squadra sale di tono, ma continua a soffrire il Bologna, sfacciato e coraggioso, che non rinuncia ad attaccare in forze e sfiora ancora il gol, ispirato da Diamanti. Tra i pali Agliardi è un muro e le sue prodezze risulteranno decisive. A metà ripresa il Napoli sfonda, il gol che ribalta l’iniziale svantaggio lo segna, che strano…, il Matador Cavani, giunto alla dodicesima rete in campionato. Ma è una crudele illusione. Il finale bolognese non lascia scampo, i gol di Kone, subentrato nel finale, e di Portanova suggellano una partita al limite della perfezione. Vittoria ineccepibile, considerando anche l’errore arbitrale che aveva cancellato il 2-0 rossoblù del primo tempo. I tre punti cambiamo le prospettive della squadra petroniana, che riemerge dalle sabbie mobili della bassa classifica e a 18 punti scavalca il gruppetto delle squadre sofferenti.

La pessima partenza del Napoli si spiega probabilmente col cruccio per l’imminente sentenza della Disciplinare sulla presunta combine di Sampdoria-Napoli del 2010. La società rischia due punti di penalizzazione e lunghe squalifiche per il suo capitano, Cannavaro e per Grava.

Il procuratore Palazzi è stato clementissimo col Napoli, ha chiesto un solo punto, contraddicendo una giurisprudenza consolidata e calpestando i diritti di chi (Sampdoria e Torino) in circostanze analoghe aveva patteggiato, ricevendo un punto di penalizzazione. Eccessivamente severa viceversa la richiesta a carico di Cannavaro e Grava. Nove mesi per omessa denuncia farebbero a pugni con la condanna a quattro mesi inflitta ad Antonio Conte con la stessa motivazione.

La Lazio rinviene sicura e a 33 punti aggancia la quarta posizione, grazie alla vittoria pesantissima sui nerazzurri, firmata da Klose con un gol di imperio. E’solida e quadrata forse non ha ancora la statura per lottare per il vertice. Al momento tuttavia è la squadra più in salute fra le pretendenti al secondo posto.

L’Inter a Roma perde la quarta partita stagionale (la terza consecutiva in trasferta dopo Bergamo e Parma), domata da un gol del fantastico Klose, che alla Lazio è rifiorito e a 34 anni regala pezzi di bravura veramente pregevoli. La squadra nerazzurra scivola a sette punti dalla Juventus capolista.

Stramaccioni lamenta giustamente la mancata concessione di un calcio di rigore (plateale cintura in area di Ciani su Ranocchia). Dovrebbe anche riflettere sui limiti di gioco della sua squadra. La Beneamata, come la chiamava affettuosamente Gianni Brera (a proposito, lodevole la proposta di intitolargli una strada a Pavia), schiera un centrocampo molto muscolare ma scarsamente mobile (Zanetti e Cambiasso scontano l’età e l’usura).

Il furibondo Guerin e il maratoneta Nagatomo sono costretti a reggere da soli la baracca. Salta agli occhi che l’Inter patisce l’assenza di un uomo di fantasia e di ordine che sappia sparigliare le carte dalla tre quarti in su, compito che grava interamente sulle spalle, geniali ma non robustissime, di Antonio Cassano. In assenza di sbocchi di mercato (la pista parigina si è raffreddata) logica vorrebbe che si valutasse il reintegro di Sneijder, l’unico che potrebbe offrire al tecnico un’alternativa praticabile di gioco.

Disporre di quattro uomini come Milito, Cassano, Palacio e Sneijder non sarebbe un’eresia per un’Inter impegnata, secondo i desideri di Moratti, a sgomitare per i primissimi posti. Il presidente nerazzurro è troppo signore, lascia ai collaboratori guinzagli lunghissimi, dimenticandosi di chiedere conto delle loro strampalate strategie di mercato.

Vero Branca? La gestione del caso-Sneijder è stata pessima e inutilmente provocatoria nei riguardi del calciatore. E’legittimo che Stramaccioni operi le scelte che ritiene opportune, ma ghettizzare apertamente un campione come Wes, oltretutto vertiginosamente costoso (sei milioni a stagione più i bonus), non si è rivelato un calcolo azzeccato.

A Roma Stramaccioni s’è arrangiato al meglio, variando in corso d’opera l’assetto tattico della squadra e tornando al tridente, troppo rischioso in partenza contro avversarie attrezzate com’era la Lazio. L’espediente è stato reintrodotto nel corso della ripresa, con l’ingresso di Palacio per l’acciaccato Cambiasso e i risultati si sono tradotti nelle quattro palle gol prodotte non casualmente a metà della ripresa. I pali hanno respinto le bombe di Guarin e Cassano.

Non è il caso di invocare la sfortuna, personalmente la penso come il sommo Fulvio Bernardini che definiva i palloni scagliati contro i legni come gol sbagliati. Semmai si può eccepire che l?Inter ha sprecato un intero tempo, il primo, a giochicchiare, dedicandosi a chiudere gli spazi ad una Lazio molto bloccata e a propria volta incapace di trovare il filo del gioco. Un episodio ha rotto l’equilibrio di una gara fin troppo tattica.

Non si può far colpa alla squadra biancazzurra di disporre di un goleador come Klose (già dieci gol in campionato), uno che da solo fa la differenza. Petkovic ha impostato la squadra su un elastico e redditizio 4-1-4-1 con Ledesma perno basso davanti alla difesa e il genialoide ma umorale Hernanes ad alternarsi con Mauri alle spalle di Klose.

Lotito sarà un personaggio folkloristico con il suo latinorum de noantri, ma alla prova dei fatti si è dimostrato un eccellente conoscitore di calcio, cinico quanto basta per sottrarsi a facili lusinghe (colpevole di non essersi integrato col resto della squadra negli schemi di Petkovic, Zarate è finito dritto sul mercato) e custodire un bilancio societario impeccabile.

Arruolato fra lo scetticismo dilagante, e con qualche ragione (la sua è stata finora una carriera minore consumata in Svizzera e neppure nei club maggiori) il tecnico bosniaco ha rapidamente convinto i tifosi e la critica delle sue qualità. La vittoria nel derby ha messo il sigillo alla sua fresca gestione. La Lazio in punta di piedi risale la classifica (è al quarto posto) e giustamente si candida per un posto nella prossima Champions League.

“Petko” mi ricorda il santone Boskov, suo quasi conterraneo, per la levità e il disincanto con cui affronta le strettoie del nostro calcio, perennemente in bilico fra estasi e depressione. Se ha un limite, la Lazio, è nella unicità del suo alfiere, un altro Klose in organico non c’è ed è impensabile che il bomber tedesco non marchi visita, di tanto in tanto. Dalla resistenza all’usura di Klose dipenderà, salvo correttivi in sede di mercato invernale, la consistenza delle ambizioni di vertice della Lazio.

La Fiorentina è salita al quinto posto. Facile il 4-1 al Siena – terza sconfitta di fila – sempre più in agonia. Cosmi è saltato, arriva Iachini.  La Viola profumatissima di Montella ha ritrovato Jovetic e scavalcato in classifica la solita Roma dissipatrice, battuta di misura a Verona dal Chievo (tre vittorie filate, Corini gli ha restituito gioco e fiducia). Forte il sospetto di fuorigioco sul gol-partita di Pellissier, segnato nella nebbia allo scadere.

La Roma lamenta anche un probabile fallo da rigore sul suo capitano, sfuggito, nella nebbia incombente all’arbitro, il genovese Bergonzi. Totti ha riassunto gli umori della squadra: “Se parlo (sottinteso, dell’arbitro ndr), stavolta mi squalificano”. Resta il fatto che Zeman non riesce a dare equilibrio alla sua squadra, devastante dalla cintola su, ma in difesa irrimediabilmente votata all’autodistruzione.

De Rossi è subentrato dalla panchina in corso di gara, segno evidente che l’azzurro ha perso definitivamente ruolo e rango nei confronti del suo tecnico. Alla luce delle ultime scelte di Zeman, l’avventura romanista del fu Capitan futuro giallorosso sembra arrivata al capolinea. La cessione a gennaio è una eventualità concreta. PSG, Manchester City o Chelsea, pochissimi club possono permettersi di migliorare un ingaggio già sontuoso: sei milioni di euro netti a stagione.

Sabato sera Roma-Milan chiuderà la penultima giornata. Il Diavolo potrebbe sovvertire ulteriormente la classifica espugnando l’Olimpico, scavalcando in classifica i giallorossi e accorciando ancora la distanza dal sesto posto. Per la Roma specularmente sarà la partita da vincere ad ogni costo, pena l’esplosione di un caso che cova da mesi nella pancia della società. E la resa dei conti che non tornano, a dispetto degli investimenti estivi e del ricchissimo bouquet tecnico messo a disposizione del tecnico boemo. La proprietà americana non si accontenterebbe più di promesse,buoni propositi e chiacchiere. .

Il Milan prosegue la lunga rincorsa alle posizioni di testa, il 4-1 casalingo rifilato al Pescara ha ribadito ancora una volta la buona salute della squadra, i fantasmi di inizio stagione si sono dissipati e Allegri non avverte più sinistri scricchiolii alla sua panchina.

I conti Berlusconi e Galliani li faranno alla fine, realisticamente il terzo posto che vale i preliminari di Champions è il massimo traguardo ottenibile. Di scudetto non è il caso di parlarne,m neppure per scherzo, la magna Juve veleggia 14 punti al di sopra e in mezzo corrono altre cinque squadre.

Congelata la grana Pato – di nuovo ai box, fermato dall’ennesimo guaio fisico – Galliani sta gestendo da par suo la grana Robinho, afflitto dalla canonica saudade che coglie i brasiliani quando l’esilio dorato si rivela avaro di gloria. Respinta al mittente l’offerta del Santos (sei milioni di euro), giudicata irrisoria, si attendono altre più corpose avances.

Il procuratore dell’attaccante, l’astutissimo Mino Raiola, tiene aperte tutte le porte. “Venghino venghino signori”, se l’offerta sarà congrua se ne potrà parlare. Allegri prega che nessuno si presenti con il carnet degli assegni e la biro caldi. Entrato in campgna elettorale, Berlusconi ha inaugurato le sue epifanie a Milanello, intestandosi il merito del filotto di successi della sua squadra. E ha promesso tre o quattro acquisti. Nulla di nuovo sotto il sole.

La sinergia tra Berlusconi e il calcio era data per morta ma risorge come la Fenice dalle sue stesse ceneri in vista del voto delle Politiche. De Rossi sarebbe un grande colpo, ma non succederà. Nelle attuali ristrettezze della gente comune persino Berlusconi è costretto a valutare la congruità delle sue elargizioni pallonare.

Resterà un miraggio anche Balotelli che Mancini ha punito escludendolo assieme a Maicon dalla panchina nella gara di Newcastle. Segno che Supermario ha definitivamente rotto gli zebedei all’allenatore, con le sue bizze e i suoi comportamenti controcorrente e contro il buonsenso. Raiola giura che Balo non si muoverà dall’Inghilterra e dunque va valutata la possibilità che se ne vada. Il Milan vorrebbe ma probabilmente non potrà. L’accoppiata El Shaarawy-Balotelli (a proposito, gol numero 14 per il Faraone) sarebbe troppo bella per essere vera.

Con le vittorie su Sampdoria, Roma e Cagliari, il Catania, il Chievo e il Parma guadagnano la tranquillità della terra di mezzo. Maran, Corini e Donadoni stanno facendo un ottimo lavoro, come Colantuono che sta traghettando al sicuro l’Atalanta attardata dalla penalizzazione di 2 punti.

Le rispettive squadre non dovrebbero avere problemi per guadagnare la salvezza. Che riguarda e riguarderà altre otto formazioni: Bologna, Sampdoria, Cagliari, Torino, Palermo, Pescara, Genoa e Siena. Dai bassifondi è riemerso il Chievo (terza vittoria di fila), è momentaneamente quasi fuori dalla mischia, nella quale annaspano il Bologna a 18 punti (che però lucra la vittoria di Napoli), la Sampdoria a 17 punti, il Cagliari e il Torino (pari prezioso a Genova contro il Grifone) a 16, il Palermo a 15.

Chiudono la poco lusinghiera pattuglia dei derelitti il Pescara a quota 14, il Genoa a 13 e il Siena a 11.

L’ennesima scoppola subìta a Firenze ha scosso la panchina di Serse Cosmi, la società lo ha sollevato dall’incarico e ha chiamato a sostituirlo Beppe Iachini, specialista in promozioni, ma non altrettanto titolato nelle ricorse alla salvezza.

Il pari di Marassi contro il Torino di Ventura ha mosso la classifica del Genoa e tuttavia lo score personale di Delneri resta disastroso: sette sconfitte, una sola vittoria e un pareggio in nove partite. Media da retrocessione sparata. E la prossima mossa prevede la visita a San Sito dove il Genoa troverà un’Inter avvelenata. Decisiva sarà la gara casalinga dell’Epifania contro il Bologna, una concorrente diretta.

Anche il Torino di Ventura non ha motivi per esultare. E’ vero che è arrivato più vicino alla vittoria dei rivali (quattro palle-gol costruite nella ripresa) ma la cifra tecnica della squadra granata è estremamente modesta e non si vede come possa essere migliorata nettamente in sede di mercato invernale.

Identico discorso vale per il Genoa che pure Preziosi medita di rivoltare come un calzino. Sicuri gli arrivi di Floro Flores e Matuzalem, l’incognita riguarda le partenze. Immobile, Granqvist e Kucka fanno gola a molte squadre e non resta che confidare nel buonsenso del presidente, che stavolta dovrebbe davvero censurare i suoi smodati appetiti di mercato alla voce uscite. Sta appena un po’ meglio l’altar genovese, la Sampdoria, per via della posizione di classifica (17 punti, quattro più del Genoa), ma le due sberle ricevute contro l’Udinese a Marassi e a Catania fanno suonare l’allarme. Cinque gol subìti, appena uno segnato.

Quel che ancor più allarma è emersa una fragilità evidente nel corpo della squadra, che si smarrisce di fronte alle prime difficoltà e perde il passo dell’avversario. Anziché adombrare persecuzioni arbitrali e assolvere la squadra come ha fatto negli spogliatoi di Catania, Ferrara farebbe meglio a decidere un assetto tattico più congruo, evitando per quanto le circostanze (infortuni e squalifiche) glielo consentono, di schierare giocatori fuori ruolo.

La Sampdoria è priva di esterni competitivi e allora tanto vale sposare il modulo 4-3-1-2, in attesa che tornino a disposizione il centravanti titolare, Maxi Lopez, (la morìa di attaccanti ha certamente giocato un ruolo pesante nella flessione di rendimento accusata con le celebri sette sconfitte filate) e sul mercato di gennaio la società corregga le evidenti lacune che affliggono la squadra. Servono d’urgenza un terzino sinistro di ruolo, un difensore centrale (Costa e Rossini sono troppo acerbi per fare i titolari a tempo pieno accanto a Gastaldello) e un attaccante che dia il cambio al brasiliano Eder, punta razzente ma cagionevole di salute.

Il ritorno di Maxi Lopez non avverrà prima della fine di gennaio e dunque sarà bene tenersi stretti, anche perché la Sampdoria chiuderà l’andata ricevendo la Lazio e facendo visita la Juventus. Roba da fare tremare i polsi. Il rischio di chiudere l’andata a bocca asciutta è reale.