Orban il sovranista regala al popolo orario di lavoro 10 ore al giorno

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 18 Dicembre 2018 - 08:32 OLTRE 6 MESI FA
Viktor Orban il sovranista regala al popolo orario di lavoro 10 ore al giorno

Orban il sovranista regala al popolo orario di lavoro 10 ore al giorno (foto Ansa)

BUDAPEST – Orban sovranista regala al suo popolo un giorno di lavoro in più, da pagare comodamente in tre anni. E’ la novità varata dal Parlamento ungherese e voluta dal premier padre di tutti i sovranismi. Il trumpiano ‘America First’, o anche il per noi più familiare ‘Prima gli italiani’, si sono tradotti in Ungheria in una legge che obbliga i lavoratori di quel Paese a lavorare di più perché manca la manodopera e, secondo molti, per venire incontro agli interessi delle multinazionali dell’auto.

Sembra un paradosso ma non lo è, a leggere la storia sembra invece la naturale evoluzione di tutti i populismi sin qui visti. Da 250 a 400 ore annuali di straordinario. Tanto con la nuova legge i datori di lavoro potranno chiedere ai propri dipendenti. Ovvero otto ore settimanali in più. O un giorno, così da portare la settimana lavorativa da 5 a 6 giorni. Ore che dovranno essere pagate poi entro tre anni. Ottenendo che, da oggi, un datore di lavoro spregiudicato potrebbe ottenere fino a 1200 ore di lavoro extra da ciascun dipendente prima di iniziare a pagarle, e sarebbe tutelato dalla legge. Norme che consentiranno a chi vuol guadagnare di più di poterlo fare, hanno sostenuto e sostengono i fautori della novità.

Tesi affascinante in un Paese dove il salario minimo è di circa 533 dollari al mese e il salario medio, secondo Trading Economics, è di 1.136 dollari. Tesi però sconfessata e respinta da sindacati e lavoratori, oltre che dalle opposizioni, che in questi giorni sono più volte scesi in piazza, senza però ottenere nulla. Critici perché innanzitutto la nuova normativa esautora di fatto i sindacati, visto che le ore di straordinario potranno essere concordate direttamente tra datore di lavoro e lavoratore, e novità che anche per questo metterebbero di fatto i lavoratori in una posizione di debolezza, rendendo gli straordinari non una scelta ma un obbligo, pena ritorsioni.

Il paradosso è allora doppio pensando che il promotore della novità è il promotore dei sovranisimi e dell’interesse nazionale all’interno dell’Europa: Viktor Orban. La sua Ungheria che non vuole migranti anche perché ‘rubano il lavoro’, si trova è vero con un tasso di disoccupazione bassissimo, il 3.7%, ma è anche a corto di manodopera qualificata e non. Secondo punto le aziende dell’auto, quei colossi come Mercedes o Bmw che nella retorica sovranista somigliano molte alle malefiche multinazionali, agli indicibili poteri forti, che però, a detta dei sindacati e non solo, sono le sponsor prime della riforma. Sono queste infatti aziende che investono, e molto, in Ungheria. Ma per lavorare hanno bisogno di operai e, una volta che non ce ne sono più da assumere, l’unica soluzione è o andare altrove o farli lavorare di più. Nella logica del prima gli ungheresi, per non perdere un bell’investimento, Viktor Orban ha optato per la seconda: facciamoli lavorare di più.