“Genitori, non dovete pagare”. Il Ministero contro le scuole che ci “marciano” coi “contributi”

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 25 Gennaio 2011 - 13:29 OLTRE 6 MESI FA

Se il preside, i professori, il consiglio di istituto, se insomma la scuola vi chiede soldi per vostro figlio a scuola, voi non siete tenuti a pagare. Se vi dicono che i contributi sono obbligatori, vi stanno truffando. A fin di bene, ma vi stanno truffando perché i “contributi” obbligatori non sono. Potete dire di no, potete non pagare: la ragione e la legge sono dalla vostra parte. Lo dice il governo e potete farvi forti di questo pronunciamento ufficiale. Resterete soggetti ad una sorta di ricatto in quanto genitori. Se non pagate, sentirete di negare qualcosa al vostro figlio-alunno. Ma chi vi inchioda con questo argomento è dalla parte del torto, parola di ministero.

La “querelle” sui cosiddetti contributi volontari che troppo spesso le scuole richiedono è una vicenda che va avanti da almeno cinque anni ma, finalmente, quest’anno il Ministero dell’Istruzione ha preso posizione: “Chiedere un contributo limitato è legittimo. Ma le scuole non hanno alcun diritto di chiedere denaro in forma obbligatoria alle famiglie. Chi lo farà verrà segnalato dal ministero agli Uffici Scolastici Regionali perché si prendano i provvedimenti necessari per eliminare la richiesta”. Queste le parole con cui Giovanni Biondi, Capo Dipartimento del Ministero dell’Istruzione per le risorse umane e finanziarie, spera di mettere fine a una pratica tanto illegittima quanto, appunto, “ricattatoria”. Contributi per le attrezzature scolastiche, per la carta igienica, per la pulizia delle aule, per i certificati e le domande di esame: ormai è abitudine e consuetudine. Ma, se lo fanno diventare “regola”, allora vuol dire che le scuole “ci marciano”.

Scuole che, si sa, non navigano nell’oro, e di conseguenza da qualche anno a questa parte hanno cominciato a chiedere alle famiglie degli studenti dei contributi per pagare la carta igienica piuttosto che la possibilità di controllare le assenze on line e quant’altro. Comprensibile, ma soprattutto e assolutamente volontario, questo è il carattere fondamentale di questi contributi. Al contrario di quanto sostengono alcuni dirigenti scolastici, anche se ad approvare questi finanziamenti è il consiglio d’istituto, il carattere volontario rimane. In altre parole si è liberi di decidere se pagare o meno e nessuno può obbligare i genitori a versare questi contributi. Nonostante l’aggettivo “volontario” sia di abbastanza semplice interpretazione, spesso gli istituti scolastici cercano di rendere questi contributi obbligatori, alcune volte giocando sull’ignoranza delle famiglie che non sanno di non essere obbligate a pagare, altre volte invece ricorrendo a vere e proprie intimazioni.

All’Istituto Ambrosoli di Roma, ad esempio, lo scorso novembre, non sono stati consegnati i pagellini trimestrali a una settantina di studenti che si sono rifiutati di pagare l’oneroso contributo scolastico di 200 euro. Al secondo trimestre lo studente che ha segnalato l’accaduto ha ottenuto la pagella, ma solo dopo essere andato in segreteria a chiedere una dichiarazione scritta della scuola su quello che stava accadendo. Al Professionale Verri di Busto Arstizio non hanno nessun timore e inviano una lettera ufficiale a uno studente che si è rifiutato di pagare il contributo scolastico, a suo giudizio volontario e quindi non necessario. Nella comunicazione ufficiale si chiede di pagare entro 20 giorni. In caso di mancato saldo, la scuola non rilascerà più allo studente documenti come “il diploma, certificati di iscrizione e frequenza, di voti”. Documenti ufficiali che la scuola è tenuta a produrre se richiesti. Al Liceo Cassini una mamma lo scorso anno decide di non pagare più il contributo volontario. Il risultato: sequestro della pagella. Dopo segnalazione all’Ufficio Scolastico Provinciale con con minaccia di fare denuncia è comparso un documento ufficioso coi voti. Quest’anno stessa musica, perché pretendono ancora ben due anni di contributi. Così la mamma va in caserma e sporge denuncia per omissione di atti d’ufficio e concussione. Il giorno dopo arriva una lettera del Dirigente Scolastico che invita la famiglia a ritirare la pagella. E ancora, l’istituto tecnico commerciale Bachelet di Roma che chiede 200 euro a uno studente per l’iscrizione all’esame di Maturità, oppure l’istituto Vespucci di Gallipoli dove ne chiedono 60 scrivendo nero su bianco che “la richiesta di partecipazione alla maturità è incompleta in attesa del versamento”. All’istituto professionale di Stato Milani di Meda si paga tutto, anche l’uso del Bancomat. E di nuovo all’istituto Verri di Busto Arsizio dove si paga tutto, dal servizio di sms per essere avvertito dell’assenza del figlio all’accesso on line alle informazioni con la dirigente scolastica Eugenia Bolis che arriva a sostenere “Bisogna finirla di credere che lo studio debba essere completamente gratis”, peccato che la legge e il ministero le diano torto.