Decadenza Berlusconi: ecco chi fuori dal Pdl è per il rinvio o l’amnistia

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Agosto 2013 - 14:52 OLTRE 6 MESI FA
Decadenza Berlusconi: ecco chi fuori dal Pdl è per il rinvio o l'amnistia

Luciano Violante insieme ad Angelino Alfano (LaPresse)

ROMA – Luciano Violante, Umberto Ranieri, Carlo Galli, Sandro Gozi, Anna Maria Cancellieri, Michele Vietti, Pier Ferdinando Casini, Piero Capotosti, Valerio Onida: è un elenco parziale di politici, tecnici e costituzionalisti che, fuori dal recinto dei parlamentari del Pdl, vedono nel rinvio o nell’amnistia la soluzione al problema della decadenza di Silvio Berlusconi da Senatore.

Li passa in rassegna un caustico articolo di Marco Palombi sul Fatto Quotidiano, dal titolo “Gli scudi umani di B. si moltiplicano (e il Colle benedice”. Secondo Palombi, dietro al numero crescente di quelli che hanno scoperto “il fascino di perdere tempo con un ricorso costituzionale”, c’è un “Quirinale benedicente”, ovvero il placet di Giorgio Napolitano. All’ombra del Colle, gruppi che vengono etichettati sarcasticamente. Nell’elenco di “Quelli del nuovo lodo”, Palombi inserisce giuristi e parlamentari del Pd:

“È la via non cruenta alla salvezza del già Cavaliere e consiste nello spostare la decisione un po’ più in là per mantenere Enrico Letta a Palazzo Chigi ancora qualche mese. Dopo? Si vedrà, mai mettere limiti alla Provvidenza. La via è quella di affidarsi alla proverbiale riflessività della Corte costituzionale, già indicata come via d’uscita da due insigni professionisti dell’assennatezza come Piero Capotosti e Valerio Onida, entrambi ex presidenti della Corte assai ascoltati da Giorgio Napolitano. I suoi sponsor politici sono i piddini “più ragionevoli”, coadiuvati dalle cosiddette colombe del Pdl. Umberto Ranieri, ex parlamentare democratico e pupillo del capo dello Stato, l’ha spiegato al Mattino: “La Giunta potrebbe sollevare questione di costituzionalità sulla legge Severino sospendendo nel frattempo il giudizio”. Pure Luciano Violante s’è convertito allo religione dello scorrere del tempo sul Corriere della Sera : “Non sarebbe dilazione, ma applicazione della Costituzione”. Essendo però uomo dal respiro continentale, l’ex giudice non disdegna nemmeno un ricorso alla Corte Ue: “Potrebbe essere interpellata perché dica se in base alla normativa europea la legge Severino dà luogo a pena, non retroattiva, o a un semplice effetto sulla condanna”. Anche il politologo Carlo Galli, oggi deputato Pd, ha voluto portare la sua variante al nuovo lodo: “Una evoluzione possibile è che la Giunta non tanto si rivolga alla Consulta, ma che valuti con ponderatezza la questione”, ha spiegato a Italia Oggi”.

Il secondo gruppo è costituito da “Quelli della moglie di Cesare”:

“Sono gli estremisti della moderazione, quelli che vogliono sempre rifletterci ancora un po’. Gli editoriali dei grandi giornali del Nord sono la loro casa, politicamente vivacchiano in soggetti di risulta. Vi abbiamo raccontato nei giorni scorsi le acrobazie verbali dei senatori del Psi, Enrico Buemi e Riccardo Nencini, non si sono fatti attendere gli amici dell’Udc. “Non è il momento degli aut aut, ma degli et et”, ha spiegato a La Stampa, pervaso di democristianità, Michele Vietti, vice di Napolitano al Csm: bisogna cercare “il giusto equilibrio tra l’imperativo della giustizia e le esigenze del paese”, “affrontare il tema della incandidabilità in modo ‘spassionato’, senza criminalizzare chi solleva dubbi giuridici sulla retroattività o la costituzionalità della legge Severino”. Pure Pier Ferdinando Casini è della partita: d’altronde, ha spiegato al Nuovo Quotidiano di Lecce, il saggio Francesco D’Onofrio – con cui fondò a suo tempo il Ccd – gli ha detto che va bene così. Tanto più che, pare, “il Senato deve essere come la moglie di Cesare: non solo essere imparziale, ma anche sembrarlo””.

Poi ci sono “Quelli che lo dice Platone”

“Si tratta di quanti, studiosi o parlamentari Pdl, hanno scoperto che la legge Severino è incostituzionale solo dopo che è stata applicata una quarantina di volte. Ci sono i giuristi in quota Pdl – anche se non fa fine ricordarlo quando li si intervista – tipo Giovanni Guzzetta, Nicolò Zanon, Paolo Armaroli, i parlamentari berlusconiani d’ogni ordine e grado e, da domenica, anche colui che riporta al volgo “l’opinione di quella Magistratura silenziosa, impegnata in modo esclusivo ed assorbente nel lavoro della  jurisdictio”. Così parlò il consigliere di Cassazione Enzo Jannelli in una lettera al Corriere della Sera dell’8 agosto, in cui spiegava in quattromila agili battute che è meglio aspettare le motivazioni delle sentenze prima di discuterle. Domenica, si diceva, ha prestato la sua penna e tutto quel che rappresenta al Giornale. Pezzo memorabile, che parte da una citazione del Fedone di Platone : “Liberàti dalla follia del corpo, conosceremo (…) tutto ciò che è puro”. Segue una paginata altissima piena di Leviatani, Principi, Parlamenti, Autorità e, come si vede, maiuscole. Perché? Per dire che la retroattività della Severino “costituirebbe una deviazione talmente macroscopica dei principi – concluderebbe Platone – da cagionare una ferita mortale all’anima che è la verità, compiacendo solo il corpo che è follia”. E fu così che l’allievo di Aristotele, a sua volta involontario maestro di Jannelli, divenne scudo umano”.

Ultimo gruppo sono “Quelli che parlano d’altro”:

“Di questa categoria non fa parte il ministro Mario Mauro, che ha proposto l’amnistia proprio per salvare Berlusconi, ma quelli che sembrano non sapere che di un provvedimento generale di clemenza si parla solo per un motivo. È il caso del ministro Annamaria Cancellieri o del deputato Pd Sandro Gozi, fan dell’amnistia da tempi non sospetti e che ora vengono rispolverati alla bisogna con apposite interviste: curioso però che mentre si ragiona sulla clemenza col Pdl, non una parola venga spesa sulla riforma o l’abolizione delle leggi Fini-Giovanardi e Bossi-Fini, entrambe di questo centrodestra, che hanno riempito quelle carceri che ora si vogliono svuotare”.