Decadenza Berlusconi, Enrico Buemi (eletto col Pd): “La sentenza non è una clava”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Agosto 2013 - 12:02 OLTRE 6 MESI FA
Decadenza Berlusconi, Enrico Buemi (eletto col Pd): "La sentenza non è una clava"

Decadenza Berlusconi, Enrico Buemi (eletto col Pd): “La sentenza non è una clava” (LaPresse)

ROMA – Il Fatto quotidiano, nel suo identikit dei 23 componenti della Giunta per le elezioni del Senato, ha incluso Enrico Buemi fra i 9 pro-Berlusconi, ovvero fra quelli che voteranno contro la decadenza del leader del Pdl da senatore.

E fin qui non ci sarebbe nulla di strano, se non fosse che Buemi è senatore eletto nelle file del Pd – anche se in quota Psi -, subentrato al posto di Ignazio Marino quando quest’ultimo si è dimesso per partecipare alle elezioni a sindaco di Roma.

Ma Buemi, primo dei non eletti in Piemonte, una volta arrivato a Palazzo Madama è passato quasi subito nel gruppo misto e ora molti pensano che voterà insieme al centrodestra.

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Il Giornale gli dedica una amichevole intervista, firmata da Mariateresa Conti, dal titolo “Cacciare il Cav? Fretta sospetta. La sentenza non è una clava…”:

«Repubblica– mi ha piazzato da ogni parte, un giorno per il sì alla decadenza, l’altro per il no… […] Non voglio essere catalogato né tra i favorevoli né tra i contrari. La questione è molto complessa. Manca una giurisprudenza consolidata perché è la prima volta che si applica la legge Severino, ed è un tema di particolare rilievo politico a prescindere dal fatto che si tratti di Berlusconi. Per questo credo che sarebbe ragionevole attendere, per fare tutti gli approfondimenti necessari e non dare adito a sospetti di accanimento nei confronti di una persona. Una sentenza non può essere usata come una clava […]

Mi sembra che ci sia una fretta un po’ sospetta. Si vuole arrivare a un risultato politico senza un ragionamento. Non vorrei che l’Italia venisse annoverata tra i paesi, pochissimi, in cui gli avversari politici si eliminano mettendoli in galera. L’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge va mantenuta e l’applicazione deve essere uguale, ma uguale per tutti. Non si possono utilizzare le norme opache secondo necessità […] In questi anni sono state varate tante leggi fatte male. E la legge Severino si inserisce in questo quadro […]  Ma quello della corretta applicazione della Severino non è il solo problema che dobbiamo affrontare […] Ci troviamo di fronte a una sentenza che non è completa. Se la Cassazione avesse confermato in toto la sentenza d’appello il quadro sarebbe stato chiaro. Ma così non è, e non possiamo non tenerne conto, sarebbe opportuno aspettare di avere una situazione processuale definita. E poi c’è il nodo dell’applicazione retroattiva, quello dell’indulto […] C’è un eccesso di presenza di magistrati in Parlamento. Leggo le interviste del collega Casson, lui la fa facile, per lui non ci sono mai dubbi. È un problema di appartenenza, portano con sé l’imprinting del pm. Però poi per loro…»