Beppe Grillo contro il Pd, Formula 1, Serie A: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Marzo 2013 - 09:15 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – I veti bloccano la politica. Il Corriere della Sera: “L’elezione al Senato e alla Camera di Pietro Grasso e Laura Boldrini è già un ricordo: torna la politica dei veti. Comincia Grillo, che dopo aver minacciato di espellere i dissidenti del suo movimento che hanno detto sì a Grasso, definisce i neoeletti «foglie di fico del Pd» e boccia un’ipotesi D’Alema al Quirinale come «sette anni di inciucio». Alfano apre a un governo Bersani purché il Pd voti un moderato per il Colle. Ma il Pd lo gela: «No a scambi indecenti».”

Presidenze, Grillo contro il Pd: foglie di fico, ma durerà poco. L’articolo a firma di Dino Martirano:

“Alle 13.10, dopo l’Angelus, arriva anche il post di Beppe Grillo che sul suo sito se la prende con «l’impresentabile» Pier Luigi Bersani e con i suoi candidati «foglia di fico» eletti ai vertici di Camera e Senato. Le presidenze dell’ex portavoce Onu, Laura Boldrini, e dell’ex procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, non sono gradite in casa del leader del M5S che le archivia e pronostica: «Dureranno lo spazio di una legislatura che si annuncia breve». Tuttavia, nel Movimento 5 Stelle rimane aperta, e sanguinante, la ferita del voto in dissenso di una decina di senatori che, contro la decisione assunta a maggioranza dal gruppo, hanno scritto Grasso sulla scheda: «Il voto segreto non ha senso — tuona Grillo dal suo blog —, l’eletto deve rispondere ai cittadini con il voto palese. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarassero il loro voto…». Dunque, la soluzione può essere una sola: «Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo, di votare secondo le decisioni prese a maggioranza dal gruppo, ha mentito agli elettori e spero ne tragga le dovute conseguenze».”

Sul blog va in diretta la spaccatura. Scoppia il caso del commento «sparito». L’articolo a firma di Fabrizio Roncone:

“La notizia è questa: da qualche ora, nel Web gira, rimbalza, divampa il forte sospetto che, sul blog di Beppe Grillo, un cospicuo numero di commenti critici rivolti al comico dai militanti del Movimento 5 Stelle sia stato censurato. Tecnicamente, censurato. Li hanno proprio fatti sparire, certi commenti. Ci sono le prove. Ma andiamo con ordine, perché la Rete, Web, Internet, è ancora per molti un mondo pieno di ombre, di mistero. Ricostruiamo allora fatti, circostanze, cronologie. E partiamo dalle 23.02 di sabato. Da quando Grillo pubblica sul suo blog, e in automatico anche su Twitter e su Facebook, il commento a quanto è accaduto poche ore prima al Senato, dove una dozzina di suoi parlamentari ha votato a favore di Pietro Grasso, consentendone l’elezione a presidente. L’ordine di Grillo e Casaleggio, fatto pervenire al capogruppo Vito Crimi, era stato esplicito: «Votate scheda bianca». Crimi però non riesce a convincere i suoi, che decidono secondo coscienza. Un atto sorprendente, inatteso, con dentro un mucchio di cose: ribellione, libertà di pensiero, autonomia di voto, appoggio esplicito al Pd. Grillo si prende giusto il tempo di riordinare le idee, poi va giù durissimo. Il succo del suo messaggio è questo: il voto segreto non ha senso, non permette trasparenza, e per questo voglio che ciascun senatore dichiari per chi ha votato; nel codice di «comportamento» del M5S è scritto che le votazioni in aula si decidono a maggioranza, è un obbligo, e chi si è sottratto a quest’obbligo, spero ne tragga le dovute conseguenze, e si dimetta. È più di un commento: è un colpo di frusta.”

Dissidenti alla resa dei conti dopo la scomunica. E un senatore «confessa». L’articolo a firma di Emanuele Buzzi:

” Subbuglio e timori. Il giorno dopo la divisione in Aula e il post di Beppe Grillo che invita i dissidenti a trarre «le dovute conseguenze», i senatori cinquestelle sono in fermento. Il diktat del leader agli eletti — con possibili espulsioni ipotizzate da militanti e media — a dichiarare quale sia stato il loro voto per la scelta della presidenza del Senato lascia degli strascichi nel gruppo. C’è chi, come Francesco Campanella, ha già manifestato il suo sostegno a Pietro Grasso (e su Twitter ha specificato: «Per il mio voto? Non mi hanno promesso nulla. Io ragiono gratis»), e chi, come Giuseppe Vacciano, ammette: «Se si cercano i colpevoli di “alto tradimento ai principi del M5S”, ecco, uno l’avete trovato». Il senatore laziale — in un lungo intervento su Facebook — si dice pronto a «discutere l’opportunità» delle dimissioni. Una scelta di coscienza, che ha spaccato il movimento (fonti vicine ai cinquestelle riferiscono di votazioni in cui i grillini si sono «divisi»: 70% per l’astensione, 30% per una presa di posizione). Alcuni dei possibili dissidenti indicati dalla stampa preferiscono trincerarsi dietro al silenzio. È il caso del catanese Mario Michele Giarrusso, che si blinda dietro a un: «Non ho dichiarazioni da rilasciare, grazie». O di Francesco Molinari, che prima sui social media replica al post di Grillo con un «meno reazioni isteriche e più fiducia», invitando il leader a «stare sereno» perché «non c’è nessun traditore», poi al telefono preferisce non commentare il suo voto e spiega laconico: «La democrazia è fatta di discussioni». «Il nostro voto? In assoluta coerenza con l’articolo 67 della Costituzione. Siamo persone libere», afferma Bartolomeo Pepe.”

Bersani ai suoi: governo anche solo di due anni. L’articolo a firma di Maria Teresa Meli:

“«Ragazzi, si può andare avanti: c’è la concreta possibilità di fare un governo». Pier Luigi Bersani è convinto che dall’altro ieri si sia aperto uno spiraglio e cerca di galvanizzare i suoi. Con questa spiegazione: «Ieri tutti quelli che volevano il governissimo sono stati sconfitti: l’elezione di Grasso al Senato dimostra che non c’è una maggioranza alternativa alla nostra. Insomma, ora siamo più forti e legittimati per chiedere un mandato». Bersani è fiducioso: «Sono pochi quelli che vogliono veramente andare a votare. La Lega, per esempio, ha bisogno di tempo». Già, il Carroccio. Raccontano che l’elezione di Laura Boldrini sia stata interpretata da Roberto Maroni come una chiusura. Ma così non è. Tant’è vero che Stefano Fassina, intervistato dall’Avvenire, dichiara: «La Lega sa che Bersani ha una cultura autonomista non improvvisata ed è un interlocutore affidabile, ci può essere attenzione reciproca».”

La proposta di Alfano: sostegno ai Democratici e un moderato al Colle. L’articolo a firma di Mariolina Iossa:

“Un presidente della Repubblica «moderato» in cambio del sì alla nascita di un governo Bersani. Angelino Alfano fa la sua proposta davanti alle telecamere di Lucia Annunziata, durante il programma In 1/2 Ora su Raitre. E, prima ancora di ricevere dal Pd un no secco, deve incassare un «siete impresentabili» dalla stessa giornalista che lo sta intervistando. Così scoppia la lite tra il segretario del Pdl e la Annunziata. «Perché il centrodestra non può avere il capo dello Stato?», si era chiesto Alfano, dopo aver detto che se «al Colle andasse un moderato, indicato dal centrodestra, questo faciliterebbe la nascita di un governo Bersani». Una proposta che il Pd ha subito respinto: «Per scambi indecenti qui non c’è recapito». Ma la domanda retorica di Alfano nello studio di Raitre aveva già ricevuto una prima risposta. Dalla stessa Annunziata, che non riesce a trattenersi e dice: «Perché siete impresentabili!». E sono scintille. Alfano si offende, ribatte: «Con quale autorità si permette di dire questo a chi ha ottenuto così tanti voti dagli italiani? Questo è disprezzo, lei ha detto una cosa ingiusta». Fa marcia indietro la Annunziata, ma solo a metà, e replica: «Mi scuso per il mio giudizio molto franco ma ognuno deve prendersi le proprie responsabilità».”

Monti: “L’amarezza per il no”. La Stampa: “Monti confessa la sua amarezza dopo il no del Quirinale per la sua candidatura alla presidenza del Senato: «Ho obbedito». Alfano apre a un governo Pd, purché al Colle salga un moderato. Bersani replica: niente proposte indecenti. E dice: avanti con il modello Grasso.”

“Volevo solo la governabilità. Ecco la verità sulle trattative con Pd, Pdl e Quirinale”. L’articolo a firma di Marcello Sorgi:

“La trattativa per le presidenze delle Camere, che lo ha visto potenziale candidato al Senato in una candidatura mai decollata, è stata più lunga e tortuosa del previsto. Monti accetta di ripercorrerla. Presidente, in questa occasione lei è apparso a molti come uno che voleva a tutti i costi aggiudicarsi una poltrona. Un’immagine ben diversa da quella alla quale lei ci aveva abituati. «Vediamo un po’. Nel gennaio 1995, quando il presidente Scalfaro, spinto dal centrosinistra, mi propose di guidare il governo dopo le dimissioni di Berlusconi abbandonato da Bossi, dissi che avrei accettato solo con l’accordo dello stesso Berlusconi, che mi aveva da poco nominato Commissario europeo. Il Cavaliere disse no e nacque il governo Dini. In seguito declinai l’offerta, questa volta di Berlusconi, del ministero degli Esteri nel 2001 e di quello dell’Economia nel 2004. Non mi pare di aver rincorso poltrone. Nel novembre 2011 ho accettato la presidenza del Consiglio ma solo perché me lo ha chiesto il presidente Napolitano, con l’accordo delle tre principali forze politiche, in condizioni di emergenza». E stavolta cosa è successo? Non sarà che l’essere diventato un politico ha complicato tutto? Standosene tranquillo a Palazzo Chigi – è opinione generale – lei sarebbe stato in pole position per il Quirinale o per un nuovo governo. Come mai, di colpo, questa voglia di presidenza del Senato? «Me lo chiedo anch’io! Non ho mai espresso, né avuto, questo particolare desiderio. Ma, dato che la proposta a Scelta Civica e a me era stata prospettata, abbiamo voluto approfondire in quale contesto politico avrebbe avuto senso accettarla e in quale no».”

La pensione? La paga l’inquilino. L’articolo a firma di Sandra Riccio:

“L’affitto di un abitazione al posto della pensione. La paura dei soldi che, una volta arrivata la vecchiaia, non basteranno neanche a coprire le spese minime, agita i sonni di molti italiani. Che una pensione da sola non sarà sufficiente, è ormai cosa certa. Le riforme, che si sono succedute tra il ‘95 e il 2012, hanno abbassato la copertura che è scesa intorno al 50-60% dello stipendio. Significa che una paga di 1.500 euro di oggi darà diritto, in un futuro lontano, a circa 750 euro di assegno mensile. Poca roba insomma, e vuol dire che di soldi in tasca non ne rimarranno abbastanza per poter vivere in serenità. Allora meglio organizzarsi per tempo e iniziare a pensare, con largo anticipo, a una forma di integrazione che possa coprire la differenza per arrivare a un assegno mensile più sostanzioso. Che fare? Qualcuno inizia a crearsi la pensione fai-da-te puntando sull’investimento nell’abitazione da mettere in affitto. L’immobiliare, pur penalizzata dalla forte discesa delle quotazioni e da una tassazione in salita, continua a mantenere il suo fascino. Tanto più che in questo momento, proprio per i prezzi a sconto, si possono trovare immobili di valore con quotazioni ragionevoli.”

Fior di Lotus. F1, in Australia vince Raikkonen. Alonso secondo. L’articolo a firma di Stefano Mancini:

“Non parla, non esulta, non sorride. Sul podio, lo champagne preferisce berlo piuttosto che sprecarlo addosso ai colleghi come impone il cerimoniale. Il Kimi Raikkonen che vince è sempre uno spettacolo nello spettacolo. Stavolta è anche un sollievo, perché dopo prove libere e qualifica ci eravamo preparati a vedere il dito alzato di Sebastian Vettel e le espressioni depresse di tutti gli altri. E invece no: il primo Gran premio del 2013 è stato equilibrato e incerto. L’ha vinto la Lotus, una rivelazione, davanti alla Ferrari di Alonso, che centra così l’obiettivo di salire sul podio all’esordio. Poi la Red Bull di Vettel, veloce ma imperfetta. La Mercedes esce ridimensionata, la McLaren distrutta al punto da ipotizzare un ritorno all’usato: la monoposto del 2012. «Vettura ottima, spero tante altre volte così», ha esultato (si fa per dire) Kimi via radio appena tagliato il traguardo. «A volte parla anche meno», è stato il commento di un meccanico della Lotus. Ventesimo successo in Formula 1, il secondo dal rientro avvenuto nel 2012 dopo l’esperienza fallimentare nei rally. Il primo era stato ad Abu Dhabi, quando via radio zittì l’ingegnere che continuava a dargli consigli: «Lasciatemi solo, so cosa fare». «Ne ho dette tante di cose così – ha spiegato ieri a fine gara – solo che non sono finite in tv».”

Oltre lo sfogo Conte e la voglia di andarsene. L’articolo a firma di Massimiliano Nerozzi:

“Non è qui la festa, riflette da un po’ Antonio Conte, se ogni volta che arrivi allo stadio ti lanciano «bastoni, pietre, sputi», se dietro la panchina c’è sempre qualcuno che «ti augura la morte», se quando vinci «non puoi neppure esultare con i tuoi tifosi». Tanto vale emigrare: «Davanti a queste cose uno pensa di andare via dall’Italia – si sfoga l’allenatore bianconero dopo la vittoria di Bologna – perché mica siamo in guerra, questo è uno sport». Invece: «A Firenze non puoi andare, a Napoli non puoi andare, ora anche a Bologna. Allora dico: uno prende e se ne va, e fa prima». Conte se ne andrà all’estero, territorio che già aveva voglia di esplorare se da tempo sta studiando con passione l’inglese, anche perché «lo spagnolo è facile», sorrise una volta. Per cercare nuove sfide, altri avversari e, per come sta andando il pallone italiano, pure altri budget. Ma non sarà a fine stagione, perché prima vuol fare la storia della Juve, avendo già iniziato. Poi, Chelsea e dintorni, perché se vinci con la Juve, dopo anni di supplizi, sei iscritto di diritto tra i migliori d’Europa.”