Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: ” #picciottostaisereno”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Maggio 2014 - 08:55 OLTRE 6 MESI FA

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: " #picciottostaisereno"ROMA – Marco Travaglio, nel suo consueto editoriale sul Fatto Quotidiano, scrive, sotto il titolo “#picciottostaisereno“:

Massima solidarietà agli elettori del Pd, dal Piemonte alla Sicilia. In Piemonte, che oltre a mandare alla Regione l’ex sindaco ed ex banchiere Sergio Chiamparino e in Europa Alessia Mosca (tecnicamente: effetti collaterali), essi dovranno avallare un’opera pubblica faraonica, mostruosa, inutile, inquinante da 20-25 miliardi: il Tav Torino-Lione (per sole merci, già oggi insufficienti a coprire la capienza della ferrovia esistente). Nelle isole, gli elettori del Pd sono ancora più sfortunati, soprattutto a quelli dotati di buona memoria storica e dunque legati all’eredità berlingueriana. Il 6 giugno 1984, cinque giorni prima di morire e 11 giorni prima delle elezioni europee, Enrico Berlinguer sintetizzò così la missione del suo Pci: “Dobbiamo portare in Europa l’immagine e la realtà di un Paese che non sia caratterizzato dalla P2, dalle tangenti, dall’evasione fiscale e dall’iniquità sociale qual è quella che si è vista col decreto che taglia i salari, per portare invece nella Comunità europea il volto di un Paese più pulito, più democratico, più giusto”.

Quanto alla P2, Cicchitto sostiene ufficialmente il governo Renzi e B. è coautore della riforma costituzionale. Quanto alle tangenti, basta la parola: Greganti. Quanto all’evasione, l’unico candidato sardo è Renato Soru, che ha già dovuto ammettere (e restituire all’Agenzia delle Entrate) 7 milioni sottratti al fisco (la stessa somma per cui è stato condannato B.) e mercoledì comparirà in tribunale – fresco eurodeputato – per rispondere delle ricadute penali. Poi c’è la trattativa Stato-mafia, che Berlinguer non citò solo perché non era ancora cominciata e forse non poteva neppure immaginarla: lui che, durante il sequestro Moro, s’era battuto contro la trattativa Stato-Br (caldeggiata da Craxi e mezza Dc).

Ora il Pd candida, proprio in Sicilia, il professor Giovanni Fiandaca, e proprio perché ha appena scritto un libro che giustifica la trattativa Stato-mafia. Il veterano dei corazzieri Emanuele Macaluso, sul Foglio, chiede a Renzi “la sua adesione esplicita alle tesi e al garantismo di Fiandaca” (voluto dai cuperliani siculi e sostenuto dal capataz renziano, l’inquisito Faraone) per dare “al governo e al partito il primo importante segnale di svolta in materia di giustizia”. E cioè che “la lotta alla mafia dev’essere condotta con le leggi e con le regole previste dallo stato di diritto”. Finora infatti è stata condotta violando le leggi e le regole dello stato di diritto, a colpi di tortura e forse di garrota. Urge “il ritorno a Sciascia e alla sua lungimiranza”: quella lungimiranza che portò il grande scrittore a prendere una ciclopica cantonata, attaccando Borsellino e la sua promozione a procuratore di Marsala, che pareva preludere a quella di Falcone alla Procura di Palermo, nel famigerato articolo sul Corriere contro i “professionisti dell’antimafia”. Macaluso, non contento dell’incredibile candidatura di Fiandaca, vorrebbe che Renzi alzasse la voce (peraltro all’unisono con quella di Riina) contro Nino Di Matteo e gli altri pm del processo Trattativa.

Poi, se resta tempo, il premier dovrebbe sposare anche la “tesi di Fiandaca”: e cioè che, quando la mafia comincia a mettere le bombe, lo Stato anziché combatterla deve genuflettersi e trattare, “in stato di necessità” e naturalmente “a fin di bene”. Si spera che il Lodo Macaluso-Fiandaca valga, per coerenza, anche nella lotta ai terroristi e ai sequestratori: se compiono o minacciano stragi, o rapiscono qualcuno, per combatterli meglio bisogna trattare con loro. Ora, si dà il caso che una legge italiana proibisca ai familiari dei sequestrati di pagare il riscatto e preveda addirittura il sequestro dei loro beni. Una legge che inspiegabilmente (almeno per i Macaluso e i Fiandaca) stroncò dopo decenni la piaga endemica dei sequestri di persona. Ecco dunque la svolta garantista tanto attesa per la riforma della giustizia: trattare con i terroristi e con la criminalità organizzata, pagare i riscatti, insomma calarsi le brache. Il tutto, si capisce, nel nome di Berlinguer. Le mafie stanno già tremando.