Tito Boeri su Repubblica: “L’aiutino europeo svanirà senza governo della spesa”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Luglio 2013 - 05:00 OLTRE 6 MESI FA
Tito Boeri su Repubblica: "L'aiutino europeo svanirà senza governo della spesa"

Tito Boeri (a sinistra) con Enrico Letta e Ferruccio De Bortoli (LaPresse)

ROMA – La ripresa, in Italia come in Europa, non può essere inseguita allentando completamente il controllo sulla spesa pubblica: questo il senso di una riflessione di Tito Boeri pubblicata su Repubblica il 6 luglio, dal titolo “L’aiutino europeo svanirà senza governo della spesa”.

“IL GOVERNO ha, da mercoledì, qualche piccolo margine in più nella politica di bilancio e, da ieri, una cabina di regia. La Commissione europea ci ha concesso nella gestione dei nostri conti pubblici una flessibilità… molto rigida. La lettera del Commissario agli Affari economici era troppo lunga per trovare spazio nel tweet mattutino di mercoledì del nostro presidente del Consiglio. Bene rileggerla insieme.

CI DICE che potremo temporaneamente deviare dal vincolo del bilancio in pareggio strutturale, ma che non dovremo in nessuna circostanza sforare il 3 per cento di disavanzo. Stando alle ultime previsioni (del Fondo Monetario Internazionale) sull’andamento del Prodotto interno lordo e sui conti pubblici, questo significa nessuno spazio nel 2013, dove dovremo già lottare per stare sotto al 3 per cento, e circa 5 miliardi nel 2014. Ma a quel punto varrà il vincolo di bilancio in pareggio inserito nella nostra Costituzione, un vincolo che stranamente tutti sembrano ignorare in un Governo sostenuto in prima persona dal primo garante della Costituzione.

Nel 2014 dovremmo finalmente rivedere il segno più nell’andamento del Pil e, in casi come questi, il nuovo articolo 81 della Costituzione ci impone il pareggio di entrate ed uscite. Del resto una politica fiscale espansiva servirebbe subito e non fra un anno. Dovrebbe farci uscire il più rapidamente possibile dalla recessione e migliorare le condizioni del nostro mercato del lavoro, oggi appesantito da una pressione fiscale insostenibile, come rilevato anche ieri da Banca d’Italia. Quindi i margini per condurre politiche antirecessive ci vengono concessi dalla Commissione troppo tardi perché possano essere veramente efficaci.

Inoltre, ci vengono accordati solo nell’ambito di programmi cofinanziati a livello europeo (Rehn ne menziona solo alcuni, ma la vera condizione è il cofinanziamento). La scelta è comprensibile perché la Commissione vuole in qualche modo controllare cosa fanno i governi con questi margini aggiuntivi di manovra (è anche un modo anche per ampliare di fatto le dimensioni del bilancio europeo), ma il problema è che i programmi dell’Unione non sono stati definiti con finalità anticliche, di sostegno alla domanda in condizioni recessive. Hanno altri obiettivi, il cui perseguimento in una condizione come quella attuale potrebbe non rappresentare una priorità. Per fare un esempio quel miliardo e mezzo che dovrebbe venirci destinato (anche qui solo a partire dal 2014-15) per i giovani, dovrebbe finanziare interventi che incentivino questi ultimi a cercare un impiego invece di rimanere inattivi.

In un contesto in cui manca la domanda di lavoro delle imprese e di persone che cercano impiego ce ne sono fin troppe, interventi di questo tipo sono di ben scarsa utilità. Addirittura possono rivelarsi controproducenti, aumentando la congestione in entrata nel mercato del lavoro. Affinché il cofinanziamento europeo non diventi un vincolo a spendere per cose inutili, bisognerà perciò sfruttare con sapienza ogni margine possibile nella normativa europea. Ad esempio, i programmi del Fondo Europeo di Aggiustamento alla Globalizzazione (EGF) possono essere più vicini alle nostre necessità. E bisognerà anche provare a utilizzare il finanziamento comunitario per ridurre spese già programmate, a livello tanto centrale che decentrato, liberando così risorse per un taglio delle tasse. In altre parole, per beneficiare davvero del piccolo aiuto che riceviamo dall’Europa dobbiamo saper governare la spesa. Oggi paradossalmente la Commissione Europea può condizionare molto di più la spesa pubblica di un Paese Membro, di quanto non possa il nostro Governo condizionare la spesa di Regioni ed Enti Locali.

[…] Oggi più che di commissariare un governo, già piuttosto debole di par suo, c’è, come si ricordava, bisogno di riprendere controllo della spesa pubblica. E di farlo sul serio, non limitandosi a nominare un commissario, per quanto prestigioso, cui affidare l’incarico e mettersi il cuore in pace. Non è un’impresa da Mr.Bond, ma un’operazione che richiede un forte supporto politico-parlamentare, come quello che può essere messo sul campo, almeno sulla carta, da una grande coalizione”. […]