Rischi, sintomi e fattori di rischio del carcinoma prostatico(www.blitzquotidiano.it)
Il carcinoma della prostata continua a rappresentare il tumore più diffuso tra la popolazione maschile in Italia.
Nonostante l’incidenza elevata, la diagnosi precoce e i progressi terapeutici hanno permesso di raggiungere una sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi superiore al 90%. Tuttavia, il riconoscimento tempestivo dei sintomi rimane una sfida cruciale per migliorare ulteriormente gli esiti clinici.
Il tumore della prostata origina dalle cellule della ghiandola prostatica, un organo esclusivamente maschile situato davanti al retto, la cui funzione principale è la produzione di parte del liquido seminale. Normalmente di dimensioni simili a una noce, la prostata può ingrossarsi con l’età o a causa di patologie, causando disturbi prevalentemente urinari.
L’età rappresenta il principale fattore di rischio: raramente prima dei 40 anni, il rischio aumenta sensibilmente dopo i 50 anni, con circa due terzi dei tumori diagnosticati in uomini sopra i 65 anni. La familiarità gioca un ruolo determinante: la presenza di parenti di primo grado affetti da carcinoma prostatico raddoppia il rischio, che può addirittura aumentare fino a 6 volte se sono coinvolti più parenti o in caso di diagnosi precoce in famiglia. Inoltre, mutazioni genetiche nei geni BRCA1, BRCA2 e in sindromi ereditarie come la Sindrome di Lynch sono associate a forme più aggressive e precoci della malattia, rendendo consigliabile una consulenza genetica nei casi a rischio.
Gli stili di vita influenzano anch’essi la probabilità di sviluppare la malattia: fumo, obesità, dieta ricca di grassi saturi e sedentarietà aumentano il rischio e peggiorano la prognosi. La sindrome metabolica è correlata a forme più aggressive e a recidive post-chirurgiche.
Nelle fasi iniziali il tumore spesso è asintomatico e viene scoperto grazie a controlli urologici di routine, che comprendono l’esplorazione rettale e il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico). I sintomi compaiono generalmente in stadi avanzati e includono difficoltà a urinare, dolore o sangue nelle urine o nello sperma, e dolore osseo in caso di metastasi.
Diagnosi e classificazione del tumore della prostata
La diagnosi definitiva richiede la biopsia prostatica, che oggi viene effettuata prevalentemente dopo una risonanza magnetica multiparametrica per identificare lesioni sospette e ridurre biopsie inutili. La procedura è eseguita in anestesia locale, con prelievi transrettali o transperineali guidati da ecografia.
Il tumore viene classificato in base al grado di Gleason, che valuta la somiglianza delle cellule tumorali a quelle normali, e alla classificazione ISUP, che suddivide la malattia in cinque categorie di aggressività. Lo stadio clinico si definisce con il sistema TNM, considerando l’estensione locale, l’interessamento linfonodale e la presenza di metastasi. Questa classificazione consente di individuare la classe di rischio e pianificare il percorso terapeutico più adeguato.
Per la stadiazione vengono utilizzate tecniche tradizionali come la tomografia computerizzata e la scintigrafia ossea, ma anche metodiche avanzate come la risonanza magnetica whole body e la PET-PSMA, quest’ultima raccomandata dalle linee guida europee ma ancora poco diffusa in Italia.

Prevenzione, diagnosi precoce e stili di vita
Non esiste una prevenzione primaria specifica per il carcinoma prostatico, ma l’adozione di uno stile di vita sano, con dieta equilibrata e attività fisica regolare, è raccomandata per ridurre il rischio e migliorare la prognosi. In particolare, si consiglia di privilegiare frutta, verdura e cereali integrali, limitando il consumo di carni rosse e grassi saturi.
La diagnosi precoce si basa su controlli periodici, soprattutto per uomini con familiarità o sintomi urinari. L’esame del PSA, pur essendo uno strumento utile, presenta limiti di specificità e va interpretato nel contesto clinico individuale. L’esplorazione rettale rimane un esame fondamentale da associare al dosaggio del PSA per una valutazione accurata.
Secondo le raccomandazioni attuali, il test PSA è indicato tra i 50 e i 75 anni, o a partire dai 40-45 anni in presenza di familiarità, sempre dopo una valutazione medica personalizzata.
