Musica per il solstizio d’inverno: Blackmore’s Night, Jethro Tull, Grateful Dead... Blitz Quotidiano. Foto ANSA
Inesorabile, anche quest’anno è arrivato il periodo di Natale: ve ne sarete accorti, visto che tutti sono più buoni, no? Questa volta, ho pensato di proporvi un tema musicale festivo partendo da una prospettiva differente: la musica per il solstizio d’inverno. E ci saranno nomi poco noti, ma anche alcuni molto famosi, sempre nello spirito che guida tutti questi articoli: la ricerca e il riascolto di buona musica!
Sappiamo tutti che il Natale è una festa che si è sovrapposta a tradizioni preesistenti, celebrate un po’ in tutto il mondo e in tutte le epoche, anche se con connotazioni diverse. In particolare, la ricorrenza più vicina al nostro Natale è quella del solstizio d’inverno. La notte più lunga dell’anno è anche il culmine delle tenebre e la rinascita della luce: da quel momento in poi le giornate ricominceranno ad allungarsi e le notti ad accorciarsi. Si tratta di un evento astronomico ciclico ben noto fin da tempi immemori, che cade in genere fra il 20 e il 23 dicembre. Quest’anno, guarda caso, il solstizio d’inverno cade esattamente oggi!
Sebbene coincida con l’inizio dell’inverno, la stagione fredda e oscura per eccellenza, il solstizio d’inverno è stato da sempre celebrato come il momento di rinascita, in particolare del sole, che a volte veniva anche divinizzato. Rinascita che in alcuni casi ricorda anche la resurrezione di una fenice dalle sue ceneri e che da sempre è simbolo di speranza, di sopravvivenza, di luce. Tanto che antichissimi templi e circoli di pietre sono stati eretti in tutto il mondo per celebrare la resurrezione del sole in questo giorno, spesso con fori posizionati in maniera perfettamente calcolata per creare effetti di luce al sorgere del sole in questo esatto giorno. Il più famoso di questi monumenti è probabilmente Stonehenge, luogo che ancora oggi ospita un festival del solstizio d’inverno. Ma ce ne solo di analoghi davvero in ogni luogo conosciuto del pianeta.
E una tradizione così diffusa, millenaria e potente è sempre necessariamente accompagnata da una o più tradizioni musicali. In molti casi, farò riferimento in questo articolo alle tradizioni celtiche, quelle a noi più vicine, per le quali questa è la festa di Yule. Ricordate però che “celtico” non significa solo britannico: ci sono le tradizioni musicali irlandesi e scozzesi, certo, quelle gallesi, ma anche quelle del nord della Francia, della Normandia, e di gran parte del mondo germanico. Celebrazioni del solstizio d’inverno le troviamo anche nei paesi baltici, nell’Europa dell’Est, in Spagna, addirittura in Italia. Per non parlare dell’Oriente, dell’Australia, delle Americhe e dell’Africa. Infatti, temi collegati al solstizio d’inverno sono spesso presenti praticamente in tutte le tradizioni popolari. Moltissimi musicisti folk, quindi, hanno portato avanti questa tradizione: dagli Stati Uniti al Canada all’Australia, la celebrazione della rinascita del sole e della vittoria della luce sulle tenebre riecheggia acquisendo di volta in volta significati diversi, ma pur sempre analoghi.
Nell’ambito folk, poi, si è fatta strada una corrente particolare, che si rifà a un generico “paganesimo” contrapposto alla tradizione cristiana. Be’, “contrapposto” forse è una parola grossa, sarebbe meglio dire giustapposto, dal momento che in molta produzione di “pagan folk” si inneggia alla comunione di persone con credi diversi, inclusa la religione cristiana, che si ritrovano insieme a festeggiare il solstizio d’inverno, o comunque lo vogliano chiamare. Da un punto di vista musicale, bisogna ammettere che gran parte della scena del pagan folk sembra rifarsi apertamente alle sperimentazioni già fatte dai Dead Can Dance, unendo un’anima dark a ritmi e sonorità popolari e medievali. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi, a parte ovviamente i temi presentati nei testi. Esistono però alcuni artisti che più genuinamente si inseriscono in una tradizione popolare di lunghissima data, rifacendosi alle tradizioni della musica celtica e più in generale alla musica popolare che si è tramandata nei secoli parallelamente a quella cosiddetta “colta”, che è l’unica di cui la nostra narrazione storica ci rende conto.
Ovviamente questo sarebbe un discorso troppo ampio e complicato per poterlo affrontare qui. Ma, come vedete, un semplice cambio di prospettiva in ambito musicale su un periodo che tutti consideriamo scontato può portarci molto lontano, se solo lo vogliamo.
In Gran Bretagna, la tradizione celtica e druidica è rimasta sempre molto forte, abbracciata e sostenuta anche da musicisti importanti, oltre che da grandi festival organizzati in luoghi simbolo come Stonehenge. Tra i grandi druidi della musica, c’è indubbiamente il gallese Julian Cope, che a Liverpool, nel negozio di dischi dove ha lavorato all’inizio della sua carriera musicale, viene ancora chiamato “Saint Julian”. Ci si aspetterebbe di trovare facilmente canzoni dedicate al solstizio d’inverno nel repertorio di Julian Cope, come di altri artisti similmente legati al folk celtico. Invece, si fa fatica a collegare esplicitamente anche solo uno dei suoi brani ai temi di questa celebrazione: By the Light of the Silbury Moon, incluso nell’album 20 Mothers del 1995, è forse l’unico che mi sento di dire che possa essere in tema. Ma tra i nomi importanti che, in maniera poco esplicita, hanno scritto canzoni con temi riconducibili alla cosmogonia del solstizio d’inverno, troviamo anche Tori Amos: in particolare, la sua Snow Angel, inclusa in Midwinter Graces del 2009, contiene ovvi riferimenti all’inverno, accostato alla speranza e alla rinascita. Anche White Night Fantasy dei Nightwish, tratta dall’album Once del 2004, può essere considerata un grande classico per il periodo.
Menzioni speciali
Cominciamo allora a dare una sbirciatina a qualche esempio di pagan folk, cogliendo l’occasione magari per andare a scoprire qualcosa di nuovo. Tra le musiche legate al solstizio d’inverno in ambito “pagan”, spicca l’adattamento degli americani Ravens di una vecchia ballata festiva scritta negli anni Sessanta intitolata A Soalin’. Nella versione pagana della band guidata dalla scrittrice Catt Kingsgrave il titolo è diventato Solstice Carol. La band non è più in attività da anni, ma questo brano rimane uno dei migliori esempi di pagan folk legato al solstizio d’inverno. Ancora dagli Stati Uniti vengono gli Emerald Rose, che nel loro album del 2014 Unearthed hanno incluso la loro versione di Santa Claus is Pagan Too, un grande classico per tutti coloro che preferiscono festeggiare Yule piuttosto che il Natale. In Gran Bretagna, il cantautore Dave Smith, noto con lo pseudonimo di Damh the Bard, ha pubblicato On Midwinter’s Day nel suo album del 2008 The Cauldron Born: un brano pagan folk su temi legati alla stagione invernale e per estensione a Yule.
Ma abbiamo detto che il fenomeno va ben oltre i confini del mondo anglosassone. Ed eccoci allora in Lettonia, con i Tautumeitas e la loro Spodre manu auguminu, pubblicata nel 2022 nell’album Skrejcels. Si tratta di un canto sul solstizio d’inverno realizzato in stile folk, ma anche con un arrangiamento moderno. La band lettone è composta da sei donne, cantanti e musiciste, che tra le altre cose hanno rappresentato la Lettonia all’Eurovision di quest’anno. In Spagna, invece, troviamo i Trobar de Morte, che nella loro Natural Dance, inclusa in Fairydust del 2004, dimostrano tutto il loro attaccamento alla tradizione folk celtica, in un brano che si sposa perfettamente con le atmosfere del solstizio. Allontanandoci un po’, arriviamo al folk pagano australiano degli Spiral Dance e alla loro Solstice Evergreen, contenuta in The Quickening del 2006.
Uscendo dall’ambito strettamente folk pagano, esistono però moltissimi brani incentrati sui temi cari alla stagione del solstizio d’inverno, un po’ in ogni genere musicale conosciuto. Nel 1978, Brian Bennett incide Solstice per il suo album Voyage: un brano strumentale in stile funky disco, con una spruzzata di elettronica spaziale. Altro brano strumentale di qualità esplicitamente dedicato al solstizio d’inverno è, appunto, Winter Solstice, ad opera di Ralph Towner, Jan Garbarek, Eberhard Weber e Jon Christensen, pubblicato nell’album Solstice del 1975.
Meno esplicita, ma non meno adatta, è If We Make it Through December di Phoebe Bridgers, tratta dall’album omonimo del 2020. Qui la cantautrice fa incontrare le atmosfere invernali con la crudeltà della povertà.
Infine, i Tea Party, gruppo rock canadese che mette insieme influenze blues e progressive accanto a sonorità di derivazione indiana e mediorientale, hanno pubblicato nel 1993 la loro Winter Solstice, inclusa nell’album Splendor Solis.
Tutti questi brani sono ottimi esempi di cosa potremmo includere in una ipotetica playlist natalizia con una prospettiva diversa. Ma quelli che seguono sono i dieci brani che da questa playlist non dovrebbero assolutamente mancare!
Blackmore’s Night, Once Upon December
Chi l’ha detto che questo elenco deve essere pieno di nomi sconosciuti? I Blackmore’s Night sono il progetto messo su da Ritchie Blackmore, già chitarrista e fondatore dei Deep Purple, insieme alla moglie Candice Night. Definiti a volte come una band di folk rock neo-medievale, i Blackmore’s Night hanno sempre navigato in quelle acque in cui il folk britannico, con le sue influenze celtiche, incontra il rock. Once Upon December è un brano sulla resilienza della luce nell’oscurità, sulla magia che si nasconde nelle foreste innevate e ghiacciate del mese di dicembre: perfettamente in tema con il solstizio d’inverno. È contenuto in Nature’s Light del 2021.
Loreena McKennitt, God Rest Ye Merry, Gentlemen
God Rest Ye Merry, Gentlemen è un tipico canto natalizio britannico, risalente al XV-XVI secolo. Ne esistono molte versioni, tra le quali sicuramente spicca quella di Annie Lennox. Ma quando a interpretarlo è una delle musiciste più importanti della scena legata alla musica irlandese e celtica, tutto acquista un sapore diverso. E sì che Loreena McKennitt, nonostante i suoi capelli rossi, non è neanche irlandese, ma canadese! Questa sua interpretazione è inclusa nell’album A Midwinter Night’s Dream del 2008.
Jethro Tull, Ring Out, Solstice Bells
In questo caso, il riferimento al solstizio d’inverno, piuttosto che al Natale, è esplicito e dichiarato nel titolo. Ring Out, Solstice Bells è un brano registrato dai Jethro Tull nel 1976 e incluso l’anno successivo nell’album Songs from the Wood. Nel video, il brano è presentato da Ian Anderson e compagni a Top of the Pops, nel 1976.
The Beatles, Here Comes the Sun
A proposito di nomi famosi, be’, i Beatles battono tutti a mani basse! Here Comes the Sun è un brano scritto da George Harrison e pubblicato in Abbey Road nel 1969. È una celebrazione, letterale ma anche metaforica, del ritorno del sole, del calore, della luce, della gioia. E l’alba del giorno del solstizio d’inverno è forse l’alba per eccellenza: il primo sole che risorge dalle ceneri, portando la speranza di rinascita e di luce.
Grateful Dead, Here Comes Sunshine
Stesso tema, ma questa volta per una band molto diversa. Here Comes Sunshine è un brano strumentale del 1973 dei Grateful Dead, una delle più grandi jam band mai esistite. Il termine “jam band” indica in particolare il fatto che il gruppo era solito includere vastissimi spazi di improvvisazione nelle esecuzioni dei propri brani. Esistono quindi diversissime versioni di Here Comes Sunshine, come di qualsiasi brano dei Grateful Dead. Originariamente era incluso nell’album Wake of the Flood. Io ho scelto però di proporvi una versione registrata in un live sempre del 1973, ma pubblicata in un album uscito solo nel 2023, con il titolo emblematico di Winter Solstice.
Waterboys, December
I Waterboys sono un gruppo britannico da sempre fortemente legato all’ambito folk e alla musica celtica e irlandese. Guidati da Mike Scott, hanno pubblicato sedici album dal 1983 a oggi. Nel loro album di esordio, appunto Waterboys del 1983, compariva December: uno dei brani che più si collega alle atmosfere e ai temi del solstizio d’inverno.
Wings, Mull of Kintyre
Nel 1977, Paul McCartney incide Mull of Kintyre con i suoi Wings: un brano su una remota regione della Scozia, la punta più vicina all’Irlanda, un brano che è stato responsabile di un notevole aumento dell’afflusso turistico in quella zona per diversi anni. Uscito come singolo proprio nel periodo natalizio, rimase in cima alle classifiche di Natale per molti anni a venire, fino all’avvento di Do They Know it’s Christmas a metà degli anni Ottanta. Mull of Kintyre venne incluso nell’album London Town, pubblicato dai Wings nel 1978.
Comus, Winter is a Coloured Bird
Nell’ambito folk britannico, i Comus sono probabilmente la band dalle sonorità più cupe e sinistre. Ma non per questo meno interessanti, anzi! La loro musica sprizza magia da ogni strumento: e come sappiamo, la magia ha sempre un lato inquietante. Winter is a Coloured Bird, pubblicato nell’album First Utterance del 1971, è un brano che parla dell’inverno, dei colori, della luce e del risveglio, ma anche della magia sottintesa in tutto questo.
Dar Williams, The Christians and the Pagans
Cantautrice folk statunitense, Dar Williams si inserisce fin dagli anni Novanta nel solco della tradizione di Joan Baez, con la quale ha duettato nel 1995. The Christians and the Pagans è un brano tratto da Mortal City, album del 1996. Ma più che un semplice brano folk, è una visione utopistica: perché cosa sono le utopie se non le cose più ovvie e semplici del mondo? E allora eccoli, cristiani e pagani seduti alla stessa tavola nel giorno di Natale, Yule o solstizio d’inverno che dir si voglia. Ognuno con le sue convinzioni e ognuno vicino all’altro come a un fratello.
Norah Jones, Wintertime
Per concludere, un altro grande nome della musica internazionale. Norah Jones ha pubblicato la sua Wintertime nell’album Begin Again del 2019: un altro brano sull’inverno, sulla resilienza della luce di una candela nell’oscurità, una metafora allo stesso tempo personale ed esistenziale, che si sposa perfettamente con le celebrazioni per il solstizio d’inverno.
Clicca qui per leggere gli altri articoli della rubrica musicale di Blitzquotidiano!
