CASO MILLS, BERLUSCONI RICUSA IL GIUDICE : LE TOGHE INSORGONO, VELTRONI, ”SI CHIUDE DIALOGO”

Pubblicato il 17 Giugno 2008 - 23:04 OLTRE 6 MESI FA

Gandus_nicoletta È stata depositata nella cancelleria della quinta sezione della Corte d’Appello di Milano l’istanza con la quale Silvio Berlusconi ha ricusato il presidente della decima sezione del Tribunale di Milano, Nicoletta Gandus. La ricusazione riguarda il processo in cui il premier è imputato per corruzione in atti giudiziari con l’avvocato inglese David Mills. Per Berlusconi il processo deve essere spostato perché – si legge nell’istanza di ricusazione – la Gandus avrebbe in passato rilasciato dichiarazioni che attesterebbero una «inimicizia grave» nei confronti dell’imputato.

"Le conclusioni le ha tratte Berlusconi che ha strappato la tela del dialogo possibile". Così il leader del Pd Walter Veltroni, in un’intervista al Tg3, ha spiegato che il dialogo tra maggioranza ed opposizione si è interrotto dopo l’iniziativa del premier Silvio Berlusconi in materia giudiziaria

LA LETTERA – Berlusconi aveva annunciato questa decisione in una lettera al presidente del Senato, Renato Schifani: «Ho preso visione della situazione processuale e ho potuto constatare che si tratta dell’ennesimo stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici, in ciò supportato da un Tribunale anch’esso politicizzato e supinamente adagiato sulla tesi accusatoria», ha scritto il premier nella lettera (leggi il testo integrale). Secondo il presidente del Consiglio, in particolare, il giudice Gandus ha «assunto posizioni pubbliche di netto e violento contrasto» contro il precedente governo Berlusconi.

«CHI GOVERNA NON DENIGRI» – Sulla vicenda è intervenuta anche l’Anm, l’Associazione nazionale dei magistrati. «Chi governa il paese non può denigrare e delegittimare i giudici e l’istituzione giudiziaria quando è in discussione la sua posizione personale» afferma il sindacato delle toghe. «Questi comportamenti – evidenzia ancora l’Anm – rischiano infatti di minare alla radice la credibilità delle istituzioni e di compromettere il delicato equilibrio tra funzioni e poteri dello Stato democratico di diritto».

«GRAVE INIMICIZIA» – Nell’istanza di ricusazione presentata, come detto, si sostiene che Nicoletta Gandus avrebbe fatto «reiterate manifestazioni di pensiero» che «appalesano» una «inimicizia grave nei confronti dell’imputato Berlusconi». «Il concetto di grave inimicizia che legittima sia la richiesta di astensione sia la dichiarazione di ricusazione», proseguono gli avvocati del premier, «deve essere valutato secondo interpretazione teleologica». In particolare si fa riferimento a un documento intitolato «Appello per la giustizia – un impegno per la giustizia» pubblicato sul sitoMegachip.info che ha tra i firmatari la giudice e che si scaglia contro una serie di leggi approvate dal governo Berlusconi. Le leggi a cui si riferisce il documento, tra le quali compaiono la legge di depenalizzazione per falso il bilancio, la legge cosiddetta ex Cirielli, e la cosiddetta legge Pecorella, sono, a parere dei firmatari, «causa di impunità per i potenti e sono state adottate frasi esclusivamente al fine di perseguire gli interessi personali di pochi, ignorando quelli della collettività e quindi con ogni evidenza riferibili al presidente Berlusconi, devono trovare abrogazione immediata». Secondo i difensori del premier, per la dottoressa Gandus sarebbe «l’avversario politico in tutti i campi. Nella giustizia, negli aspetti costituzionali del Paese, nelle questioni morali, nella politica estera». L’istanza di ricusazione cita anche altri documenti sottoscritti dalla dottoressa Gandus sempre critica nei confronti dell’operato del governo dell’ex premier e pertanto secondo la difesa «la dottoressa Gandus avrebbe dovuto astenersi dal processo per ragione di convenienza».

«RESPINGIAMO ILLAZIONI» – Il procuratore della Repubblica di Milano, Manlio Minale, «deve con forza respingere» le «illazioni» dopo aver letto «così come riportato sulla stampa» il testo della lettera di Berlusconi al presidente del Senato in cui si parla di «stupefacente tentativo di un sostituto procuratore milanese di utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici» nel processo Mills-Berlusconi. Lo si legge in una nota del capo della procura.

IL CSM SI MOBILITA – Una pratica a tutela dei magistrati del processo Mills, accusati da Silvio Berlusconi di «utilizzare la giustizia a fini mediatici e politici» nella lettera inviata al presidente del Senato Renato Schifani, potrebbe essere aperta al Csm. A questa ipotesi stanno lavorando i principali gruppi dei togati, i cui rappresentanti hanno avuto anche un colloquio con il vice presidente Nicola Mancino. Come sempre in queste occasioni il tentativo in atto è di arrivare a una iniziativa unitaria, o che comunque coinvolga la maggioranza dei consiglieri, anche se allo stato sembra difficile ipotizzare il consenso dei laici del centro-destra. «Prima di domani non maturerà nulla» prevedono alcuni consiglieri; come pure è possibile che si arrivi a una decisione solo la prossima settimana, quando il Csm riprenderà a pieno regime la sua attività, che in questa settimana è a scartamento ridotto.

IL PROCESSO – Al centro del procedimento sui presunti fondi neri, iniziato nel marzo 2007, c’è l’accusa secondo cui Berlusconi nel 1997 fece inviare 600 mila dollari a Mills come ricompensa per non aver rivelato in due processi, in qualità di testimone (e quindi con l’obbligo di legge di dire il vero e non tacere nulla), le informazioni su due società off-shore usate da Mediaset, secondo la procura, per creare fondi neri. Sia Berlusconi sia Mills hanno sempre respinto le accuse, e Mediaset ha ribadito in più occasioni in diverse note la propria correttezza e trasparenza.

IL PREMIER DA NAPOLITANO – Nessun commento, dopo il deposito della ricusazione, da parte di Berlusconi, rientrato a Roma intorno alle 11. Il premier ha trascorso circa un’ora tra i negozi del centro vicino alla sua residenza di Palazzo Grazioli. Ai cronisti che lo hanno avvicinato per chiedergli un commento, il Cavaliere si è limitato a dire: «Sto bene, sto bene». Poi, dopo la foto con una turista e qualche stretta di mano con i passanti, Berlusconi è rientrato a Palazzo Grazioli. Nel pomeriggio il premier si è recato al Quirinale per un incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Berlusconi, che era accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, ha lasciato il Colle dopo quasi due ore di colloquio.

BAGARRE IN AULA – Ma la lettera di Berlusconi a Schifani ha provocato un pandemonio in Parlamento. Dopo che il Presidente del Senato l’ha letta in aula, dai banchi dell’ opposizione si sono levate proteste (soprattutto dopo il passaggio in cui il premier parla di «aggressione» da parte delle «toghe di sinistra»). Schifani ha tirato dritto e al termine della lettura dai banchi della maggioranza sono arrivati applausi mentre tra quelli dell’opposizione sono continuate le contestazioni. Poi è scattato l’ostruzionismo: numerosissime le richieste giunte dai senatori dei partiti di minoranza che chiedono di intervenire per «il non passaggio al voto degli articoli» del decreto sicurezza. Nel mirino i due emendamenti «salva-premier» presentati dai relatori del provvedimento Filippo Berselli e Carlo Vizzini.