Guerra, tanti ne parlano, solo Putin la fa: ma ora il nostro generale fa la faccia feroce - BlitzQuotidiano.it (illustrazione da Lecce cronacaj
“El Alamein quota 33” era il titolo che dominava una serie di pagine del Corriere dei piccoli di settant’anni fa.
Era un racconto esaltante e commovente: quei bellissimi disegni illustravano gli eroi della divisione Folgore impegnati in un impossibile confronto: i nostri all’assalto con le bombe molotov contro i carri armati inglesi. i nostri paracadutisti della Folgore affrontarono i carri armati inglesi e americani armati solo di bombe molotov, bottiglie piene di benzina incendiate al momento.
La guerra era finita da appena 10 anni, i reduci erano i nostri fratelli cugini padri. Un mio cugino non tornerò mai dalla spedizione in Russia, un altro mio cugino era tornato dopo mesi di prigionia e di stenti in Germania.
Un sacrario ricorda i morti di El Alamein: si trova in Egitto, al km 120 della strada litoranea che congiunge Alessandria con Marsa Matruh, a circa 14 km a ovest di El Alamein. Il sacrario fu eretto dal governo italiano tra il 1954 e il 1958 nell’area occupata dal cimitero italiano. Il progetto, informa Wikipedia, e la realizzazione dell’opera furono affidate a Paolo Caccia Dominioni, che era stato comandante del 31º Battaglione Guastatori del Genio impiegato sul fronte di El Alamein.
I film sulla battaglia di El Alamein

Due film ricordano i nostri eroi: La battaglia di El Alamein, del 1969, diretto da Giorgio Ferroni; El Alamein – La linea del fuoco, del 2002, diretto da Enzo Monteleone. Quest’ultimo film rappresenta bene le condizioni di inferiorità degli italiani, tragicamente manifestate al momento della ritirata: i tedeschi organizzati con auto e camion, i nostri a piedi.
Stessa approssimazione peraltro si verificò sul fronte russo. Il mio capo all’Ansa di Genova mi raccontò come, giovane ufficiale, riuscì a tornare in Italia: puntò la Pistola a un tedesco e lo costrinse a farlo salire su un camion ritirata. Come ho ricordato sopra un mio cugino non è più tornato.
Un flash di TikTok mi riporta a quei ricordi. Il video è dei primi di agosto ed è stato girato nella caserma
Si erano riuniti giovani anziani della divisione Folgore, tutti in uniforme mimetica e basco bordeaux, per celebrare l’anniversario di quella terribile battaglia anzi di quelle battaglie, infatti ad El Alamein, di battaglia sono state combattute due, fra luglio e dicembre 1942.
La sproporzione delle forze in campo aveva già deciso in partenza l’esito della battaglia. Ecco i numeri, forniti da Wikipedia.
Prima battaglia di El Alamein (1-27 luglio 1942):
Asse: 96.000 uomini di cui 56 mila italiani,
585 carri armati;
meno di 500 aeroplani
Inglesi 150.000 uomini;
1114 carri armati;
più di 1.500 aeroplani
Perdite
Asse 13250 tra morti, dispersi e prigionieri
Inglesi 10000 morti o dispersi
7000 prigionieri
Seconda battaglia di El Alamein (23 ottobre – 5 novembre 1942)
Asse 100 000 uomini
547 carri armati
198 aerei
Inglesi 200 000 uomini
~ 1 000 carri armati
~ 1 000 aerei
Perdite
Asse
10 000 morti
15 000 feriti
34 000 prigionieri
Inglesi
13 560 tra morti, feriti e dispersi
tra i 332
La prima battaglia di El Alamein, ricorda ancora Wikipedia, fu uno scontro combattuto durante la seconda guerra mondiale, nello scacchiere del Nordafrica, che vide contrapposte le forze italo-tedesche, guidate da Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica al comando di Claude Auchinleck.
A partire dal 1º luglio ebbe inizio la prima battaglia di El Alamein, che si protrasse fino al 27 luglio. Rommel, arrivato pericolosamente a corto di uomini e carri (solo 55 carri funzionanti di fronte ad El Alamein prima dell’attacco) e con una linea di rifornimenti pericolosamente lunga, sperava di sorprendere l’Ottava Armata prima che dispiegasse il suo potenziale in uomini e mezzi, tra le nuove truppe arrivate dalla Gran Bretagna e i nuovi carri arrivati dagli Stati Uniti; d’altro canto Auchinleck sperava che l’eccesso di confidenza di Rommel portasse le forze dell’Asse ad uno stato tale che potessero essere non solo fermate ma respinte.
La battaglia finì in stallo, ma fu decisiva per fermare l’avanzata dell’Asse verso Alessandria d’Egitto. Un secondo tentativo di sfondare le linee Alleate venne sventato dalle forze del Commonwealthnella Battaglia di Alam Halfain agosto, e in ottobre, l’8ª Armata britannica, con il nuovo comandante Bernard Montgomery, riportò una netta vittoria contro le forze dell’Asse nella Seconda battaglia di El Alamein.
Mussolini torna a Roma
Il 29 giugno Benito Mussolini era partito dall’aeroporto di Guidonia per poter assistere in prima persona alla battaglia: indossava la divisa di Maresciallo d’Italia ed aveva il proposito di sfilare vittorioso in Alessandria d’Egitto (o addirittura al Cairo) sopra un cavallo bianco alla testa delle truppe italiane.
Per timore di un attacco nemico il Duce si tenne a 1,8 km dal fronte e, ignorato da Rommel che non andò a salutarlo, trascorse il tempo andando a caccia nell’attesa della vittoria; il 20 luglio però, quando si rese conto che il successo non arrivava, lasciò l’Africa per tornare in patria.
La seconda battaglia di El Alamein (o terza battaglia di El Alamein per quegli autori che chiamano la battaglia di Alam Halfa seconda battaglia di El Alamein) fu combattuta tra il 23 ottobre e il 5 novembre 1942 durante la campagna del Nordafricadella seconda guerra mondiale. Lo scontro vide fronteggiarsi le forze dell’Assedell’Armata corazzata italo-tedescacomandate dal feldmaresciallo Erwin Rommel, e l’8ª Armata britannica del generale Bernard Law Montgomery.
La battaglia ebbe inizio con l’offensiva generale britannica (nome in codice: Operation Lightfoot) e continuò per alcuni giorni con intensi combattimenti dall’esito alterno e pesanti perdite per entrambe le parti. L’Armata corazzata italo-tedesca del feldmaresciallo Rommel fu infine costretta a ripiegare con i pochissimi mezzi rimasti, di fronte alla netta superiorità numerica e materiale britannica.
Interi reparti dell’Asse, soprattutto italiani, furono costretti alla resa perché sprovvisti di veicoli adeguati. Il ripiegamento venne inoltre ritardato dagli ordini di Adolf Hitler che imponevano una resistenza estrema sul posto, nonostante il parere contrario del feldmaresciallo Rommel. I soldati italiani tennero la posizione e la difesero fino all’ultimo mentre i tedeschi si ritirarono.
La vittoria britannica in questa battaglia segnò il punto di svolta nella campagna del Nordafrica, che si concluse nel maggio 1943 con la resa definitiva delle forze dell’Asse in Tunisia.
El Alamein, scrive Daniele Mont D’Arpizio sul giornale on Line della Università di Padova, fu il punto di svolta della seconda guerra mondiale ma anche crocevia di storie e narrazioni destinate ad influire a lungo – e ancora oggi – sull’identità e la memoria collettive italiane. Se è vero che la sconfitta militare segna il destino delle forze dell’Asse e della stessa presenza italiana in Africa, il mito della sconfitta onorevole servirà in parte a riscattare l’immagine del Regio Esercito agli occhi degli stessi italiani.
“La verità è che nel 1942 l’armata italo-tedesca in Nord Africa non ha più alcuna speranza di riuscire a sfondare – commenta Marco Mondini, storico della guerra presso l’università di Padova e autore e conduttore di un programma Rai sulla battaglia –. Quella che infatti ricordiamo come la seconda battaglia di El Alamein, combattuta tra ottobre e novembre, è in realtà una battaglia difensiva in cui i resti delle forze dell’Asse sono attestati in posizioni molto lontane rispetto alle loro basi di rifornimento in Libia. Quando i britannici attaccano i tedeschi e soprattutto gli italiani, che hanno meno dotazioni di mezzi, non potranno far altro che tentare una disperata ritirata nel deserto oppure sacrificarsi sul posto, come accade alle divisioni corazzate e ai paracadutisti della Folgore”.
La battaglia decreta il definitivo tramonto dell’impero proclamato nel 1936 da Mussolini sul balcone di Piazza Venezia, ma il suo significato va ben oltre la dimensione squisitamente militare o politica: “almeno per gli italiani, El Alamein è soprattutto un luogo della memoria, assieme alla ritirata dalla Russia. Mentre però in quest’ultima, i nostri soldati sono raccontati come vittime e martiri che si sacrificano per espiare le colpe di tutta la nazione, dimenticando che si tratta comunque di un esercito aggressore, El Alamein incarna una narrazione eroica e gloriosa, un grande racconto collettivo che prende il via già nel 1943-44 con l’uscita delle prime memorie dei veterani.
