Gli allarmi di golpe del ministro Brunetta e la repubblica delle banane. Controcanto di Giuseppe Giulietti

Pubblicato il 21 Settembre 2009 - 00:28 OLTRE 6 MESI FA

RO160909POL_0090Qualche giorno fa il direttore di questo giornale, Marco Benedetto, ha titolato con grande efficacia una mia nota così: «E dopo Fini a chi toccherà?».

Nel pezzo provavamo a indicare tra i possibili obiettivi la Corte Costituzionale, che dovrà pronunciarsi sul lodo Alfano, e il presidente Napolitano. Avevamo qualche dubbio solo sulla tempistica non certo sulla sostanza.

La destra berlusconiana, sotto questo aspetto, non ci delude mai e segue sempre lo stesso copione. Chiunque abbia mancato di rispetto al capo o minacci di farlo viene sottoposto ad una massaggio mediatico preventivo e, se non dovesse bastare, ci sono sempre modi più energici per farsi ascoltare.

Basterebbe rivolgersi per informazioni alla signora Ariosto, o al presidente della Camera Fini, o all’ex direttore dell’Avvenire Boffo, oppure alla signora Veronica che dopo aver espresso il suo disgusto e aver anticipato quanto poi ha trovato conferma nella cronaca, si è ritrovata a seno nudo sulla copertina di un giornale di famiglia, quasi a dire «…potrete mica credere ad una cosi?…»

Non riuscendo a difendere nel merito il capo, i picciotti cercano di colpire la credibilità di chiunque tenti di metterlo in discussione.

Persino loro, forse senza saperlo, rinunciano a provare la sua trasparenza e la sua innocenza, intesa nel senso più ampio.

L’unica tattica possibile, come si usa dire nel gergo calcistico, è quello di buttare la palla in tribuna.

Da qui la campagna contro la Corte Costituzionale, da qui l’aggressione di Libero contro Napolitano accusato di essere uno senza cuore che fa ritardare il rientro delle salme dei soldati perché perde il suo tempo in Corea.

Da qui il delirio del ministro Brunetta che denuncia il prossimo colpo di stato ordito dai padroni, dalla sinistra per male e da qualche tonaca ribelle.

Le sue parole sono state respinte quasi alla unanimità, ma la voce di Berlusconi non si è sentita.

Brunetta in realtà, come capita spesso ai figliolo, ha ripetuto solo le cose che ha sentito dire in casa, forse dallo stesso papà. Quelle parole, quasi le stesse, le aveva urlate Berlusconi contro Murdoch, contro l’Unione Europea e ai suoi portavoce, contro quasi tutti gli editori italiani e i giornalisti, contro i giudici, contro la Corte Costituzionale, contro il CSM e persino contro le procure di Milano e di Palermo che dovrebbero smetterla di occuparsi di vecchi fascicoli sulla corruzione e sulle mafie, comprese le stragi che videro ammazzati i giudici Falcone, Borsellino, agenti, collaboratori, servitori di uno Stato che qualcuno vorrebbe trasformare in una bisca clandestina.

Quanto a Brunetta dispiace solo dover constatare che, nel merito, nessuno lo ha preso sul serio, eppure dovrebbe esserci qualcuno interessato a raccogliere la testimonianza di un ministro che straparla di colpo di Stato.

Saremo pure una repubblica delle banane, e non delle migliori, ma continuiamo a ritenere che se un cittadino e in particolare un ministro denuncia un golpe in arrivo, debba immediatamente essere convocato dalle competenti autorità.

Se ha detto la verità bisogna sventare il colpo di Stato, se invece ha solo gridato «al lupo, al lupo…», va gentilmente accompagnato alla porta di Palazzo Chigi.