Potenza delle parole: quando lingam si può usare senza oscenità per descrivere l’asse (sessuale) su cui ruota il sistema Berlusconi

Pubblicato il 25 Novembre 2010 - 11:41 OLTRE 6 MESI FA

Berlusconi, la Carfagna e le altre al telefono: tutto girerebbe attorno al “sacro lingam” del sultano.

Il lingam, il sacro fallo degli induisti, venerato come simbolo del dio Shiva nelle regioni dell’Indo, presso il Tevere o sul Po diventa il venerato attributo del semi-dio berlusconiano per le sue adepte.

Wikipedia scrive che “presso la religione induista, il limgam, talvolta chiamato linga (dal sanscrito IAST, letteralmente “marchio” o “segno”), consiste in un oggetto dalla forma ovale, simbolo fallico considerato una forma di Śiva. L’utilizzo di questo simbolo come oggetto di adorazione è una tradizione senza tempo in India”.

Roba seria: “In termini metafisici, rappresenta la forma dell’Assoluto trascendente senza principio né fine, oppure la forma del relativo formale che si fonde con l’Assoluto senza forma, o Brahman”.

Di più: “Il grande guerriero Arjuna dell’epica Mahābhārata venerava il lingam per ottenere il Gandhiva, il potente arco di Śiva”. E i rishi, mitici poeti mezzi santi cantori di inni vedici, “erano soliti abbandonare ogni materialismo per ottenere la spiritualità, e un pugno di terra nella foresta era tutto ciò di cui necessitavano per meditare e venerare la divinità”.

Berlusconi ama cantare anche lui e quando è ispirato può anche sembrare un piccolo santone moderno. Ma il paragone si ferma lì; il piccolo pezzo di terra in cui i suoi avversari vorrebbero spedirlo a meditare sulle debolezze umane è costituito da un complesso di ville sparso tra le brume lombarde, le procellose acque sarde e il caldo tropicale dei Caraibi, un insieme di proprietà che lo fa somigliare a Carlo V, sul cui regno non tramontava mai il sole.

Una aggiornata ricostruzione delle intercettazioni è su Ladyblitz.