Obama e il Vaticano/ Angelo? Demone? Un po’ dell’uno, un po’ dell’altro, nella analisi di Sandro Magister per Chiesa.it

Pubblicato il 9 Maggio 2009 - 11:26 OLTRE 6 MESI FA

A fine aprile “L’Osservatore Romano” ha stupito un po’ tutti, per come ha espresso apprezzamento a Barack Obama dopo i suoi primi cento giorni da presidente degli Stati Uniti. Un apprezzamento a largo raggio: non solo sullo scacchiere della politica internazionale, ma anche sulle questioni etiche “su cui forti sono le preoccupazioni dell’episcopato cattolico”.Lo stupore è sorto dal contrasto tra la calma olimpica del giornale vaticano – secondo il quale i primi cento giorni di Obama non solo “non hanno sconvolto il mondo” ma hanno dato segnali incoraggianti persino “a sostegno della maternità” – e le vivaci critiche ad Obama di un numero crescente di fedeli e di vescovi americani, con alla testa il cardinale Francis E. George, arcivescovo di Chicago e presidente della conferenza episcopale degli Stati Uniti.

Le critiche riguardano sia i provvedimenti presi e annunciati dal nuovo presidente in materia di vita nascente, sia la decisione dell’università cattolica di Notre Dame di conferire il 17 maggio una laurea “honoris causa” a Obama: una onorificenza ritenuta da molti ingiustificabile, date le posizioni abortiste del neopresidente.

In quest’ultima polemica ha svolto una parte importante Mary Ann Glendon, una studiosa cattolica molto nota, docente di legge all’università di Harvard – dove ebbe tra i suoi alunni proprio Obama – ed ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede nell’ultima fase della presidenza Bush. La Glendon, fervente “pro life”, ha rifiutato di ricevere un premio dall’università di Notre Dame nello stesso giorno dell’onorificenza data ad Obama. E ha motivato il suo rifiuto in una lettera al rettore di Notre Dame, padre John I. Jenkins, nella quale si dichiara “sgomenta” per la scelta di onorare da parte di un’istituzione cattolica chi agisce “sfidando i nostri principi morali fondamentali”.

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Subito dopo l’articolo pro Obama de “L’Osservatore Romano”, però, in Vaticano è accaduto qualcosa di diametralmente opposto: di critica radicale al nuovo presidente americano.

Dal 1 al 5 maggio si è riunita nella Casina di Pio IV, nei giardini vaticani, la plenaria della pontificia accademia delle scienze sociali, sul tema: “La dottrina sociale cattolica e i diritti umani”.

Dell’accademia fanno parte tre dozzine di studiosi di molti paesi e di diverso orientamento. Il premio Nobel Joseph Stiglitz, economista della Columbia University, è uno di questi e ha tenuto una relazione. Al termine dei lavori, i membri dell’accademia sono stati ricevuti da Benedetto XVI, che ha rivolto loro un discorso.

Ma chi è presidente dell’accademia? Mary Ann Glendon. Lo era già prima di essere ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede e lo è ridiventata dopo il termine di questo suo mandato.

La mattina del 1 maggio è toccato quindi alla Glendon aprire i lavori. È stata sua anche una delle relazioni introduttive.

Ma per primi hanno parlato altri due relatori: l’arcivescovo francese Roland Minnerath e il sacerdote belga Michel Schooyans.

I due hanno concordato i loro discorsi. Minnerath ha affrontato la questione dei “diritti soggettivi” della persona, evidenziando il contrasto fra le tradizioni della Chiesa e quelle dell’Illuminismo laicista. Mentre Schooyans ha inteso “mostrare la fecondità delle tesi esposte da Minnerath una volta applicate a un’analisi dei problemi contemporanei”. In concreto le ha applicate alla presidenza Obama e al leader europeo che più gli somiglia, Tony Blair.

Schooyans ha dedicato l’intera seconda metà della sua relazione ad analizzare e a demolire il “messianismo” di Obama e Blair. A suo giudizio, devastante non solo nel campo dei diritti umani, ma anche nel campo religioso.

Non c’è che da leggere il suo testo, per coglierne la radicalità critica. La seconda parte della sua relazione è riprodotta integralmente più sotto.

Ma prima, è utile richiamare qualche dato sulle personalità dei due relatori.

Roland Minnerath, 62 anni, è arcivescovo di Digione dal 2004. In precedenza ha insegnato storia della Chiesa e relazioni fra Chiesa e Stato alla facoltà teologica di Strasburgo. E prima ancora ha fatto parte del corpo diplomatico vaticano, con un periodo trascorso nella nunziatura in Germania. Lavora tuttora come consulente della sezione esteri della segreteria di stato. Joseph Ratzinger lo conosce bene. L’ha chiamato a far parte della commissione teologica internazionale e l’ha nominato segretario speciale del sinodo dei vescovi del 2005. Nella pontificia accademia delle scienze sociali Minnerath fa parte del consiglio di coordinamento e ha avuto l’incarico di preparare l’ultima plenaria.

Michel Schooyans, sacerdote belga, è professore emerito dell’Università Cattolica di Lovanio. È grande specialista in antropologia, in filosofia politica, in bioetica, in demografia. È membro di tre accademie pontificie: quella delle scienze sociali, quella per la vita e quella intitolata a san Tommaso d’Aquino. Un suo libro del 2006 ha per titolo: “Le terrorisme à visage humaine”, e ha molti punti di contatto col suo intervento in Vaticano del 1 maggio scorso. In Italia l’ultima sua pubblicazione, edita da Cantagalli nel 2008, ha per titolo: “La profezia di Paolo VI” ed è una vigorosa difesa dell’enciclica “Humanae Vitae”.

Ecco dunque qui di seguito la seconda parte della sua relazione alla plenaria della pontificia accademia delle scienze sociali, letta in Vaticano, in lingua francese, la mattina di venerdì 1 maggio 2009:

 

Obama e Blair. Il messianismo reinterpretato

di Michel Schooyans
L’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti ha suscitato numerose aspettative in tutto il mondo. Negli Stati Uniti, gli elettori hanno votato per un presidente giovane, meticcio e brillante, Si aspetta da lui che, secondo le sue promesse, corregga gli errori del presidente che l’ha preceduto. Sono state utilizzate delle formule fin eccessive, affermando, ad esempio, che l’ora era venuta di “riedificare” gli Stati Uniti o di riorganizzare l’ordine internazionale. Si noterà qui l’influenza di Saul D. Alinsky (1909-1972), uno dei maestri del pensiero del nuovo presidente e di Hillary Clinton. Non hanno mancato di zelo gli ammiratori del vivace neoeletto, che hanno demonizzato lo sventurato presidente George W. Bush, invocando che sia distrutta il più presto possibile la politica che aveva sviluppato. Ora, l’amministrazione Bush, che pure non manca di meriti, si caratterizza per dei fallimenti riconosciuti, anche nella cerchia più stretta di questo presidente. Tuttavia, su un punto essenziale e fondamentale, il presidente Bush ha promosso una politica meritevole di rispetto e di continuità: ha offerto all’essere umano non nato, così come al personale medico, una protezione giuridica, senza dubbio insufficiente, ma efficace.

Gli elettori che hanno portato Barack Obama alla presidenza non hanno percepito la debolezza e l’ambiguità delle dichiarazioni fatte dal loro candidato a proposito di questo punto decisivo. Più ancora, una volta eletto, una delle prime misure del presidente Obama è stata quella di revocare le disposizioni prese dal presidente Bush per proteggere il diritto alla vita dell’essere umano non nato.

Il presidente Obama reintroduce così il diritto a discriminare, a “mettere da parte” taluni essere umani. Con lui, il diritto di ogni individuo umano alla vita e alla libertà non è più riconosciuto né tanto meno protetto. Il presidente Obama contesta, di conseguenza, l’argomentazione che è stata invocata dai suoi stessi fratelli di razza nel momento in cui rivendicavano, a giusto titolo, che fosse riconosciuto il diritto di tutti alla stessa dignità, all’uguaglianza e alla libertà. Nella sua variante prenatale, il razzismo è stato restaurato negli Stati Uniti.

Il nuovo presidente trascina così il diritto in un processo di regressione che altera la qualità democratica della società che l’ha eletto. Di fatto, una società che si dice democratica, nella quale i governanti, invocando “nuovi diritti” soggettivi, permettono l’eliminazione di talune categorie di esseri umani, è una società che è già avviata sulla strada del totalitarismo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, 46 milioni di aborti sono effettuati ogni anno nel mondo. Revocando delle disposizioni giuridiche che proteggono la vita, Obama va ad allungare la lista funebre delle vittime di leggi criminali. Il cammino è aperto perché l’aborto diventi legalmente esigibile. Lo stesso diritto potrà essere affondato nell’indegnità qualora fosse strumentalizzato e sospinto a legalizzare qualsiasi cosa e messo, per esempio, al servizio di un programma di eliminazione di innocenti. A partire da qui, la realtà dell’essere umano non ha più in sé alcuna importanza.

La conseguenza evidente del cambiamento deciso dal Obama è che il numero di aborti va ad aumentare nel mondo. Il presidente Bush aveva tagliato le sovvenzioni destinate a programmi comportanti l’aborto, in particolare al di fuori degli Stati Uniti. La revoca di questa misura dalla nuova amministrazione limita il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza e permette ad Obama di aumentare i sussidi erogati a organizzazioni pubbliche e private, nazionali e internazionali, che sviluppano dei programmi di controllo della natalità, di “maternità senza rischio”, di “sanità riproduttiva” che includono l’aborto tra i metodi contraccettivi e lo promuovono.

Il presidente Obama apparirà dunque inevitabilmente come uno dei principali responsabili dell’invecchiamento della popolazione degli Stati Uniti e delle nazioni “beneficiarie” di programmi di controllo della natalità presentati come condizione previa allo sviluppo. Come un leader politico bene informato può ignorare che una società che abortisce i suoi figli è una società che abortisce il suo avvenire?

La misura presa da Barack Obama è destinata ad avere ripercussioni sul piano mondiale. Il “messianismo” nordamericano tradizionale si vantava di offrire al mondo il migliore modello di democrazia. Con il permesso di uccidere legalmente degli innocenti, questa pretesa è sulla via di oscurarsi. Al suo posto emerge un “messianismo” che annuncia l’estinzione dei principi morali scritti nella Dichiarazione d’indipendenza (1776) e nella Costituzione degli Stati Uniti (1787). D’ora in avanti il riferimento al Creatore è rigettato. Nessuna realtà umana si impone più in virtù della sua dignità intrinseca. Prevale ormai la volontà presidenziale. Stando alle sue stesse parole, il presidente non dovrà più riferirsi a delle tradizioni morali e religiose dell’umanità. La sua volontà è fonte di legge. A proposito, che ne pensa il congresso americano?

Ora, dato che il peso degli Stati Uniti è quello che pesa di più nelle relazioni internazionali, bilaterali e multilaterali, e specialmente nel quadro dell’ONU, si può prevedere che presto o tardi l’aborto sarà presentato all’ONU come un “nuovo diritto umano”, un diritto che permette di esigere l’aborto. Ne conseguirà che non vi sarà più posto, nel diritto, per l’obiezione di coscienza. Questo stesso processo permetterà al presidente di manifestare la sua volontà di includere nella lista altri “nuovi diritti” soggettivi, come l’eutanasia, l’omosessualità, il ripudio, la droga, ecc.
Rifare le religioni? Rifare il cristianesimo?
In questi programmi, il presidente Obama potrà contare sull’appoggio della coppia Tony Blair e Cherie Booth. Il think tank fondato dall’ex primo ministro britannico sotto il nome di Tony Blair Faith Foundation avrà, tra le sue attribuzioni, quella di riedificare le grandi religioni, come il suo collega Barack Obama riedificherà la società mondiale. Con questo scopo, la fondazione in oggetto dovrà espandere i “nuovi diritti”, utilizzando a questo fine le religioni del mondo e adattando queste ai loro nuovi compiti. Le religioni dovranno essere ridotte allo stesso comune denominatore, vale a dire svuotare della loro identità. Ciò non potrà farsi se non grazie all’instaurazione di un diritto internazionale ispirato a Hans Kelsen (1881-1973) e chiamato a convalidare tutti i diritti propri delle nazioni sovrane. Questo diritto dovrà anche imporsi alle religioni del mondo in modo che la nuova “fede” sia il principio unificatore della società mondiale. Questa nuova “fede”, questo principio unificatore, dovrà permettere di fare avanzare i Millennium Development Goals. Tra questi obiettivi figurano al numero 3: “Promote gender equality and empower women”; e al numero 5: “Improve maternal health”. Sappiamo bene ciò che coprono ed implicano queste espressioni. Per far decollare il programma della Foundation, è stata annunciata una campagna contro la malaria. Essa fa parte dell’obiettivo nunero 6: “Combat HIV/AIDS, malaria and other diseases”. Questo annuncio è fatto in modo che, sottoscrivendo questa campagna, si sottoscrive l’insieme degli obiettivi del Millenario.

Di fatto, il progetto di Tony Blair prolunga e amplifica la United Religions Initiative, apparsa diversi anni fa. Prolunga inoltre la Dichiarazione per un’etica planetaria di cui Hans Küng è uno dei principali ispiratori. Questo piano non potrà realizzarsi che a prezzo del sacrificio della libertà religiosa, dell’imposizione di una lettura “politicamente corretta” delle Sacre Scritture e del sabotaggio dei fondamenti naturali del diritto. Già Machiavelli raccomandava l’utilizzo della religione a fini politici…

La “conversione” molto propagandata dell’ex primo ministro britannico al cattolicesimo, così come la sua intervista alla rivista gay “Attitude” dell’aprile del 2009 permettono di capire ancor meglio le intenzioni di Tony Blair riguardanti le religioni, a cominciare dalla religione cattolica. I discorsi del Santo Padre, in particolare sul preservativo, appartengono a un’altra generazione. Il fresco “convertito” non esita a spiegare al papa non solo ciò che deve dire, ma anche quello che deve credere! È cattolico? Blair non crede all’autorità del papa.

Eccoci così ritornati ai tempi di Hobbes, per non dire di Cromwell: è il potere civile che definisce ciò che si deve credere. La religione è svuotata del suo contenuto proprio, della sua dottrina; non rimane che un residuo di morale, definito dal Leviatano. Non si dice che occorra negare Dio, ma d’ora in avanti Dio non ha più nulla a che fare con la storia degli uomini e dei loro diritti: si ritorna al deismo. Dio è sostituito dal Leviatano. Spetta a questo di definire, se lo vuole, una religione civile. A lui di interpretare, se e come lo vuole, i testi religiosi. La questione della verità della religione non ha più alcuna pertinenza. i testi religiosi, e in particolare biblici, devono essere compresi nel loro senso puramente “metaforico”; è ciò che raccomanda Hobbes (III, XXXVI). Al limite, solo il Leviatano può interpretare le Scritture. Occorre inoltre riformare le istituzioni religiose per adattarle al cambiamento. Occorre prendere in ostaggio alcune personalità religiose, chiamate a convalidare la nuova “fede” secolarizzata, quella della “civil partnership”.

I diritti dell’uomo così come sono concepiti nella tradizione realista sono qui passati a fil di spada. Tutto è relativo. Dei diritti non restano che quelli definiti dal Leviatano. Come scrive Hobbes, “la legge di natura e la legge civile si contengono l’una nell’altra e sono di uguale estensione” (I, XXVI, 4). Della verità non resta che quella enunciata dallo stesso Leviatano. Solo lui decide come il cambiamento dev’essere compiuto.
Il ritorno dell’aquila a due teste
Il progetto Blair non può realizzarsi senza rimettere in questione la distinzione e i rapporti tra la Chiesa e lo Stato. Questo progetto rischia di farci regredire a un’epoca in cui il potere politico si attribuiva la missione di promuovere una confessione religiosa o di cambiarla. Nel caso della Tony Blair Faith Foundation, si tratterebbe anche di promuovere una e una sola confessione religiosa, che un potere politico universale, globale, imporrebbe all’insieme del mondo. Ricordiamo che il progetto Blair, imprgnato di New Age, è stato preparato ideologicamente sia dalla United Religions Initiative sia dalla Dichiarazione per un’etica planetaria prima citate, ed è appoggiata da numerose fondazioni similari.

Questo progetto ricorda evidentemente la storia dell’anglicanesimo e della sua fondazione da parte del “difensore della fede” Enrico VIII. Il progetto delle religioni unite e ridotte a un comune denominatore è tuttavia ancor più criticabile di quanto fosse il progetto di Enrico VIII. In effetti, la realizzazione di questo progetto postula la mess in oopera di un governo mondiale e di una polizia globale delle idee. Come si è visto a proposito di Barack Obama, gli architetti del governo mondiale si dedicano a imporre un sistema di positivismo giuridico che fa procedere il diritto da una volontà suprema, dalla quale dipende la convalida dei diritti particolari. Insomma, se mai dovesse realizzarsi il progetto di Blair, gli agenti del governo mondiale imporrebbero, con un nuovo Atto di Supremazia, una religione unica, convalidata dagli interpreti della volontà suprema, il cui Vicario generale è forse già stato scovato (Hobbes, III, XXXVI).

Ciò che rivela l’analisi delle decisioni di Barack Obama e del progetto di Tony Blair è che si profila un’alleanza di due volontà convergenti, miranti l’una a soggiogare il diritto e l’altra a soggiogare la religione. Questa è la nuova versione dell’aquila a due teste. Diritto e religione sono strumentalizzati per “legittimare” qualunque cosa.

Questa doppia strumentalizzazione è mortale per la comunità umana. È ciò che risulta da diverse esperienze realizzate nel quadro dello Stato-Provvidenza. Questo, a forza di voler piacere agli individui, ha moltiplicato i “diritti” soggettivi di condiscendenza, per esempio in materia di divorzio, di sessualità, di famiglie, di popolazione, ecc. Ma così facendo, questo Stato-Provvidenza ha creato innumerevoli problemi che è incapace di risolvere. Con l’estensione di questi “diritti” di condiscendenza su scala mondiale, i problemi di precarizzazione e marginalizzazione si moltiplicano a tal punto che nessun governo mondiale potrà risolverli.

Lo stesso per la religione. Da quando è acquisita la separazione tra la Chiesa e lo Stato, è inammissibile che lo Stato si serva della religione per rafforzare il suo dominio sui cuori, i corpi e le coscienze. Come dice l’arcivescovo Roland Minnerath, lo Stato non può incatenare la verità religiosa e deve anche garantirne la libera ricerca.
Verso un terrorismo politico-giuridico
Per questi canali, e con l’appoggio della coppia Blair, il presidente-giurista Obama si appresta a lanciare un nuovo messianismo nordamericano, totalmente secolarizzato. Egli beneficia in ciò dell’appoggio del suo fedele sodale, candidato presunto alla presidenza dell’Unione Europea. La volontà suprema del presidente degli Stati Uniti convaliderà il diritto delle nazioni e il diritto delle relazioni tra le nazioni. Sulle sue orme, i “Trentanove Articoli” della nuova religione saranno promulgati dal suo collega britannico.

A partire dalla sommità di questa piramide, la volontà del Principe è destinata a circolare per i canali internazionali dell’ONU e a raggiungere i canali nazionali particolari. In prospettiva questo processo, come si può intuire, spegne l’autorità dei parlamenti nazionali, abolisce l’autorità degli esecutivi e rovina l’indipendenza del potere giudiziario. È per queste ragioni che, nella logica di Obama, il ruolo di un tribunale penale internazionale è chiamato ad estendersi, e che esso deve essere armato per reprimere i recalcitranti – ad esempio i cattolici – che rifiutano questa visione del potere e del diritto, di un diritto reso vassallo del potere. Come non vedere questa verità abbagliante: che noi assistiamo all’emergere di un terrorismo politico-giuridico senza precedenti nella storia?

Per finire, facciamo lo sforzo di ricordare che la Chiesa non ha il monopolio del rispetto del diritto umano alla vita. Questo rispetto è proclamato dalle più grandi tradizione morali e religiose dell’umanità, spesso anteriori al cristianesimo. La Chiesa riconosce pienamente il valore degli argomenti forniti dalla ragione a favore della vita umana. Come l’arcivescovo Minnerath ha mirabilmente mostrato, la Chiesa completa e consolida questa argomentazione avvalendosi dell’apporto della teologia: rispetto della creazione; l’uomo immagine di Dio; amore del prossimo; nuovo comandamento, ecc. Questi argomenti sono frequentemente esposti nelle dichiarazioni della Chiesa e nei numerosi documenti cristiani sulla questione.

Ma quando le più alte autorità delle nazioni, e persino della prima potenza mondiale, vacillano di fronte al rispetto del diritto umano fondamentale, è un dovere per la Chiesa fare appello a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà perché si uniscano al fine di costituire un fronte unico per difendere la vita di ogni essere umano. La prima attitudine che si impone a tutti, secondo le responsabilità di ciascuno, è l’obiezione di coscienza, che d’altra parte Obama vuol circoscrivere. Ma questa obiezione deve essere completata da un impgno ad agire nella sfera politica, nei media e nelle università. La mobilitazione deve essere generale e darsi come scopo l’obiettivo centrale di tutta la morale, e specialmente di tutta la morale cattolica: riconoscere e amare il prossimo, a cominciare dal prossimo più piccolo e più vulnerabile.