Rifiuti, nell’emergenza del 2008 smaltite fuori dalla Campania 140mila tonnellate

Pubblicato il 25 Ottobre 2010 - 17:44 OLTRE 6 MESI FA

Nella scorsa emergenza rifiuti della Campania – quella della prima metà del 2008 – oltre 140.000 tonnellate vennero smaltite fuori regione: in totale finirono nelle altre regioni italiane oltre 20.000 tonnellate di rifiuti (in due tranche di circa 15.000 e quasi 6.200), e quasi 120.000 tonnellate andarono a finire nei termovalorizzatori della Germania.

L’emergenza rifiuti esplosa in Campania all’inizio 2008, che si è conclusa formalmente nel dicembre del 2009, portò allo smaltimento complessivo di 2.350.000 tonnellate di rifiuti urbani. Questo regime di super-raccolta consentì di superare la fase ‘critica’ della spazzatura per le strade di Napoli, dei siti di stoccaggio pieni, di parte del pregresso per rimettere in funzione gli impianti di trito vagliatura, e della chiusura della discarica di Serre, in provincia di Salerno. E naturalmente dare il tempo di ultimare le operazioni per l’avvio del termovalorizzatore di Acerra che oggi brucia circa 1.200 tonnellate al giorno (600 tonnellate per linea, 2 in funzione e a turno una ferma per manutenzione ordinaria) con una resa del 92%.

Ma in piena emergenza, per far fronte all’avvio di un corretto ciclo, una fetta di rifiuti venne inviata fuori regione: il tetto massimo di ‘esportazioni’ consentite verso la Germania era stato fissato in 160.000 tonnellate mentre la soglia minima era di circa 105.000. Il tutto a un costo di circa 180-200 euro a tonnellata, pari a un massimo di circa 200.000 euro al giorno (con 1.000 tonnellate quotidiane, un settimo delle 7.200 tonnellate prodotte in regione) e intorno ai 30.000.000 per l’intera operazione.

In Italia la spazzatura napoletana della prima ora venne accolta, tra le polemiche dei sindaci, dalla Sardegna (intorno alle 4.000 in due tranche). Anche la Puglia offrì la propria disponibilità a patto che venisse distribuita lungo tutto il territorio e il conferimento avvenisse per una durata non superiore ai 120 giorni. I tavoli tecnici messi in piedi con il supporto di Palazzo Chigi e la struttura del commissariato, tra comuni, province e regioni stentavano a raggiungere un accordo.

Il Lazio, per esempio, si rese disponibile ad accogliere soltanto cdr (combustibile da rifiuti) da bruciare negli impianti di Colleferro e San Vittore. L’Emilia-Romagna chiese garanzie sulla qualità dei rifiuti in arrivo, come la provincia di Modena (circa 2.000 tonnellate) che ha previsto controlli preventivi sui materiali. Anche la Calabria, in emergenza con un proprio commissario ai rifiuti, diede il proprio contributo ‘simbolico’. Dalla Lombardia arrivò la disponibilità ad accogliere circa 5.000 tonnellate di rifiuti. Le altre regioni avanzarono tra dinieghi netti, polemiche incrociate interne (si’ a livello regionale e poi no a livello locale con opposizione di province e sindaci), e altre che pur esprimendo solidarietà non potevano fare di più per motivazione ‘tecniche’.