Nucleare, scelta “di testa” o “di pancia”? Il dilemma italiano

Pubblicato il 15 Marzo 2011 - 17:23 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Dopo il terremoto e lo tsunami in Giappone ora è il momento della paura.Paura per la centrale che potrebbe esplodere, Fukushima.Paura in tutto il mondo che si arrovella intorno alla questione: il nucleare è sicuro o no? Se neanche l’avanzatissimo Giappone riesce a evitare un disastro, cosa può succedere altrove? Ora tutti i Paesi fanno i conti con problema, aumentando controlli, chiudendo centrali, riproponendo dibattiti. Ma, ricorda Giovanni Valentini su Repubblica, prendere decisioni così a caldo è quello che più si dovrebbe evitare.

“Sotto il contagio dell’incubo nucleare, era del tutto prevedibile che – insieme all’allarme – scattasse una reazione a catena di ripensamenti, sospensioni, verifiche, controlli. Tanto legittima quanto doverosa. Ma non sarebbe onesto speculare emotivamente su un disastro di tale proporzioni per imporre o sollecitare scelte che appartengono alla sfera della scienza, della tecnica, dell’economia e quindi della ragione”.

E l’Italia che fa? “Il timore, invece, è proprio quello che sull’energia nucleare il governo italiano sia intenzionato a scatenare una crociata atomica, una guerra di religione, alimentando nuove tensioni e fratture in un Paese già troppo diviso dai retaggi ideologici del Novecento e dalla più concreta contrapposizione degli interessi in gioco. Nessuna speculazione e nessuno sciacallaggio, d’accordo. Non sarebbe corretto né opportuno. E soprattutto non sarebbe rispettoso nei confronti del dramma che il popolo giapponese sta vivendo sulla sua pelle. Ma, allora, accantoniamo anche i diktat energetici, i “ricatti mediatici” sulla bolletta elettrica, le impostazioni dogmatiche o le alternative a senso unico. Un quarto di secolo dopo il disastro di Chernobyl, dobbiamo constatare purtroppo che il nucleare è ancora capace di seminare paura, panico e terrore a livello planetario, agitando lo spettro della nube radioattiva”.

“Per quanto riguarda più direttamente l’Italia, un fatto è certo: fra tre mesi, quando saremo chiamati alle urne tardive del referendum popolare, ognuno di noi deciderà in coscienza con le terribili immagini di questi giorni ancora negli occhi, nella mente e nel cuore. Non voteremo per il centrodestra o per il centrosinistra né per il “terzo polo”. Voteremo per il nostro futuro, per il nostro sviluppo, per la nostra sicurezza e anche per quella dei nostri figli o nipoti. Da qui ad allora, possiamo solo prendere esempio dalla compostezza e dalla dignità con cui il popolo giapponese sta affrontando questa immane tragedia”.